- 2 -

509 29 7
                                    

Il mattino seguente non si poteva certo dire che Michael avesse un bell'aspetto. Il riccio si guardò allo specchio e vide un riflesso pallido con delle terribili occhiaie. Non se ne meravigliò: ci aveva messo davvero troppo tempo ad eccitarsi, la notte precedente, contro l'impazienza del biondo. Era stato il peggior sesso della sua vita. Non sapeva perché gli era capitato quello, di solito gli bastava un niente per eccitarsi con Danny: un succhiotto sul collo, la sua mano nei pantaloni, una frase sconcia pronunciata dal biondo con una voce troppo roca. Forse era stata la loro discussione di poco prima a renderlo così pensieroso e poco concentrato su ciò che invece stavano facendo.

In un appartamento non molto lontano anche Federico si guardava allo specchio: il suo riflesso era invece tonico come sempre. D'altronde, quello della sera precedente era stato il miglior sesso della sua vita. Stava osservando i suoi tatuaggi riflessi quando Giulia fece felicemente irruzione nel bagno e schioccò al ragazzo un bacio a stampo sulle labbra. Finalmente la sua situazione con la fidanzata, da tre mesi a quella parte, era diventata stazionaria. Era tutto merito di Michael, ovviamente, ma non l'avrebbe mai detto a Giulia. Anzi, in realtà si rese conto di non averle neanche mai parlato di lui.

«Giulia, ti ho già detto di Michael?»

La ragazza si voltò stranita verso Federico, smettendo per un attimo di frugare nel cassetto dei pantaloni.

«No, chi è?»

Giulia tornò a rovistare tra i jeans.

«È un ragazzo inglese. Lavora al Cafè Milan, quel bar non troppo lontano da un vicolo del Duomo. Hai presente?»

«Sì, ho capito. Io ci andavo spesso con le amiche. Antonella e Luisa, ricordi?»

«Sì, mi ricordo. Comunque qualche mese fa, quando litigammo, andai lì a prendere una birra. No, ti giuro non mi sono ubriacato» ridacchiò Federico quando la ragazza gli lanciò uno sguardo truce. «Dicevo che ho passato lì una serata. L'ho praticamente salvato da un ciccione enorme che voleva aggredirlo perché voleva sfinirsi di birre.»

La ragazza si voltò di nuovo verso il suo fidanzato smettendo la ricerca, che stavolta era passata all'armadio delle maglie.

«Tu sei intervenuto a salvare qualcuno più grosso di te?»

Giulia era divertita e per questo Federico fece il finto offeso.

«Ehi» ribatté mettendo un broncio fasullo. «In ogni caso abbiamo parlato un po' e poi da lì abbiamo fatto amicizia. Quando litigavamo o quando tu non potevi uscire in questi mesi sono andato lì a parlare con lui, oppure ci siamo sentiti per cellulare quando sapevo che non stava lavorando al bar. È un ragazzo simpatico. È anche dolce. Sai quella cosa che si dice dei ragazzi gay, che sono carini e sensibili? È la verità.»

Giulia lo guardò seccata.

«È un luogo comune Fede, non è sempre vero. Conosco un sacco che non sono carini e sensibili per niente.»

Federico alzò le spalle.

«Hai ragione tu. Comunque lui lo è.»

«Com'è che me ne parli solo adesso?» gli domandò mentre cominciava finalmente a vestirsi, dopo aver trovato il jeans e il maglioncino da indossare.

«Non so perché non mi è mai venuto di dirtelo prima» cominciò pensieroso il tatuato. «Forse perché sono stato troppo impegnato a non perderti.»

Giulia si addolcì visibilmente e gli sorrise, dopodiché si fiondò sulle sue labbra.

Se c'era un giorno che Michael odiava particolarmente - e c'era - quello era senza dubbi il sabato sera. Al locale l'aria diventava irrespirabile e tutto cominciava a puzzare inevitabilmente di alcool e fumo, perfino i ricci morbidi di Michael. C'era troppa gente ed era sempre un casino, specialmente per un locale così piccolo e stracolmo in cui l'unico dipendente era proprio Michael - il titolare aveva insistito per non assumere un altro ragazzo ad aiutarlo, "tanto il locale è piccolo". La verità era che il titolare era uno spilorcio inaudito, ma il riccio non poteva di certo dirglielo.

Potremmo respirare sott'acqua {Midez, AU}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora