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Michael quasi correva per raggiungere la strada e uscire da quel portone, che improvvisamente gli sembrava alquanto claustrofobico. Federico lo seguì con una corsetta e non appena arrivarono in strada gli fu davanti. Lo bloccò tendendogli le mani davanti al petto, ma solo dopo notò che il viso del riccio era un mix di guance rosse e lacrime che le rigavano. Si asciugò rapidamente con la manica del cappotto e si svincolò da Federico passandogli accanto e dirigendosi chissà dove.

Federico era stanco di seguirlo. Fisicamente e moralmente.

«Non puoi fare sempre così» si limitò a gridare, il giusto per non sembrare pazzo e allo stesso tempo per farsi udire da Michael.

Il riccio si bloccò in mezzo al marciapiede e abbassò lo sguardo. Un paio di persone gli finirono addosso maledicendolo in inglese per essersi fermato all'improvviso, ma lui non se ne curò affatto.

Sapeva che Federico aveva ragione, ma lui cosa poteva farci se ogni volta che guardava suo padre rimpiangeva i momenti belli passati assieme?

Il tatuato lo raggiunse avvicinandosi cautamente, come se volesse evitare di far spaventare e fuggire un cucciolo impaurito. Con un sorriso accennato gli accarezzò una guancia e Michael lo guardò con i suoi occhioni di cui Federico non riusciva più a fare a meno da troppo tempo.

Il riccio non disse niente, solo attirò a sé Federico in un abbraccio e lo strinse forte, per fargli capire che si stava grappando a lui con tutte le sue forze e lui doveva esserci, in quel momento. Glielo stava chiedendo per favore, ma Federico voleva esserci con tutto sé stesso, per lui. Per il suo ragazzo, per la persona che amava.


Nell'ultima notte a Londra Michael si addormentò subito. Erano entrambi stanchi per le passeggiate in giro per la città, ma il riccio era visibilmente provato dal peso dei ricordi, specialmente quelli che riguardavano suo padre. Perciò Federico, quando uscì dal bagno, lo trovò già addormentato. Si sdraiò al suo fianco e lo guardò per un numero imprecisato di minuti; poi gli venne da sorridere nel vederlo dormire in una maniera così dolce e gli accarezzò i ricci un paio di volte. Quando finì si diede dello stupido per le strane sensazioni che il riccio gli provocava, ma semplicemente, in risposta, rise sommessamente per non svegliare l'altro e si coricò, spegnendo poi la lampada sul comodino.


Berlino era bella e caotica, ma di un caos diverso che Federico non seppe spiegarsi: bello a modo suo, concluse. Michael invece era già stato una volta nella capitale tedesca, ma l'aveva visitata da piccolo e non ricordava molto. Perciò quel giorno si era munito di una semplice cartina da turisti e un sito internet che li avrebbe aiutati a visitare i principali monumenti di Berlino in una sola giornata.

Il riccio volteggiò a braccia aperte sul marciapiede, girando su sé stesso un paio di volte e guardando il cielo.

«Uffaaaa, questo è il ultimo giorno della nostra vacanza! Fedeee» si lamentò il più grande, che fu prontamente afferrato dal tatuato prima di finire addosso a una persona.

«La smetti di fare le pirouette? Così caschi addosso alla gente come un deficiente.»

Michael era strano. Federico a volte non lo capiva davvero.

«Ok» guaì ricomponendosi al fianco di Federico e procedendo con lui verso la Porta di Brandeburgo. «Ma questo è ultimo giorno.»

«Lo so, dispiace anche a me» sospirò il tatuato nel constatare che presto sarebbe tornato anche lui al suo noioso lavoro di sempre.

Presero al volo un gelato dai gusti semplici e lo consumarono mentre passavano a visitare il Parlamento Tedesco.

«Sei stranamente silenzioso» constatò Federico alzando un sopracciglio.

Potremmo respirare sott'acqua {Midez, AU}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora