Una panchina nel sole

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Ogni volta che andavano al parco si sentivano liberi, liberi da quelle quattro mura, sporche da anni di classi e da poca attenzione, liberi dagli insegnanti ormai troppo sazi per sentire ancora la passione e la voglia di costruire delle generazioni.

Oggi erano in tanti, li avevano raggiunti anche gli amici di altre scuole, il sole scaldava l'aria e in lontananza le mamme passeggiavano trainate dai loro bimbi.

Lara iniziò ad aprire le Ceres, con l'accendino.

Alessio odiava questo suo gesto, ogni volta provava delusione, ai suoi occhi perdeva dignità, senza un valido motivo, senza una ragione. Tratteneva a fatica le parole, non aveva nessun diritto e nessun buon motivo per parlare.

Ma non riusciva a trattenere il suo sguardo.

<Stefano continui tu per favore?> Lara aveva incrociato il suo sguardo, e senza dire nulla aveva capito, per lei era importante avere la sua approvazione, il suo rispetto.

Non provava nulla per Alessio, nessuna attrazione, nessuna gelosia, ma sentiva all'altezza dello stomaco che poteva contare su di lui, adesso e in futuro, o almeno lo sperava.

< Contento adesso si!> Lo guardò con aria di malcelata sfida.

Alessio si tolse i Rayban, e la guardò con sufficienza.

< Soddisfatto si, contento quando ti togli questa abitudine >

< Cazzo sembri mio padre Ale! Che palle!>

< Tuo padre, si come no..e tu sembri la figlia che non ha>

Il riferimento era sottile, ambiguo e interiormente bastardo, Lara abbassò gli occhi e prese una sigaretta.

Alessio si sedette nuovamente sulla panchina, rimise gli occhiali e si accese una Marlboro, osservò lo scenario intorno a lui, guardò in lontananza le macchine parcheggiate, si soffermò sui bambini che urlavano intorno allo scivolo tutti sudati ed eccitati.

Improvvisamente due braccia lo avvolsero le sue spalle, sentì avvicinarsi al suo volto l'odore della sua pelle.

< Ciao piccolo!> Era l'unica che si permetteva, con innocua innocenza, di utilizzare quei modi.

< Ehi! ciao piccola! come stai?> Alessio gli prese le mani e le strinse ancor di più al suo petto, come se volesse farle entrare fra le sue costole, per farsi accarezzare il cuore.

Sara si ritrasse improvvisamente, sistemò i suoi lunghi capelli neri dietro le orecchie e si mise al suo fianco, con autorità tolse dalle sue labbra la sigaretta e lo baciò.

< Non ha un sapore migliore del tabacco?>

< beh dipende, dopo il caffè direi di no> il suo solito modo, spontaneo e sottile, risposte mai banali, mai scontate, sempre lui, sempre e soltanto il suo modo.

< Allora stasera baciati il pacchetto!> Sara si alzò allontanandosi rapidamente.

Lei ci riusciva, lo stesso modo e la stessa spontaneità, nulla di costruito, tutta la sua genuinità in quelle parole, erano uguali, solo che lei, lei era entusiasta della vita.

I suoi capelli neri, lunghi fino alle spalle, i suoi occhi di un verde pallido, quel viso pulito, il suo sorriso e le sue perfette mani.

Lei era il lato bello di Alessio, era l'unica acqua che poteva dissetare il suo arido cinismo.

Diventerà l'acqua dove affogherà.

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