Capitolo 3 - La partenza

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La luce abbagliante del sole mi ferisce gli occhi quando attraverso il portone del castello, costringendomi a socchiuderli nonostante indossi l'elmo mentre scendo una lunga scalinata che mi porta alla via principale di Anor Londo. Il vociare è ancora lontano, in quanto la strada è deserta. Quasi deserta, in realtà.

Ai lati della strada, perfettamente immobili e posizionati a intervalli regolari, si trovano i guardiani: delle imponenti figure alte più di tre metri che indossano pesanti armature di ottone e impugnano alabarde finemente decorate, oltre a degli scudi tanto grandi da coprirne il corpo per metà; l'unico movimento che compiono è abbassare leggermente il capo quando passo loro davanti. La loro vista mette sicuramente in soggezione, ma ho avuto modo di combattere con alcuni di loro e di scoprire che alla fine dei conti non sono granchè come guerrieri: lenti e prevedibili, i loro colpi sono estremamente semplici da schivare e li lasciano parecchio scoperti, rendendo facile contrattaccare. Ma sono pur sempre dei giganti: si avvalgono prevalentemente della forza bruta in combattimento, e ammetto che possano rappresentare una sfida considerevole per un combattente non preparato. Mi è stato offerto di portarne alcuni con me, ma ho rifiutato: lenti come sono, mi intralcerebbero e basta.

Continuo a camminare con Sif al mio fianco, finchè non raggiungo una torre, alta e stretta, al cui interno si trova una scala a chiocciola: dopo aver salito i gradini mi posiziono su un largo ripiano circolare in marmo e aspetto. Passano pochi secondi prima che l'ascensore si azioni, portandomi lentamente verso l'alto.

Il boato della folla mi travolge quando raggiungo la cima della torre. L'intera popolazione di Anor Londo è radunata nell'enorme piazza che si estende davanti a me: demigod e umani, tutti si ammassano acclamando il mio nome, mentre un piccolo gruppo di cavalieri d'argento, i pochi rimasti in città, si assicura che io abbia lo spazio per passare. In effetti, al centro della piazza si apre una specie di lungo corridoio tra la folla, al termine del quale stanno in piedi alcune persone: riconosco subito Ornstein dal luccichio della sua armatura, e quel gruppetto di figure scure tra cui spicca una piccola chiazza candida sono sicuramente le Lame del Lord insieme a Ciaran; mi sembra di vedere anche uno dei cavalieri d'argento e un enorme individuo, alto quanto i guardiani giganti, che indossa una tondeggiante armatura dorata e impugna un martello gigantesco dello stesso colore. Si tratta di Smough, boia della città e guardiano della cattedrale: un personaggio inquietante e sgradevole che, anche a causa delle voci sul suo conto, voci secondo le quali lui godrebbe nell'infliggere dolore alle proprie vittime prima di ucciderle e le mangerebbe una volta morte, incute un misto di timore e disgusto in chiunque lo guardi. Non ho idea del perchè gli venga permesso di stare in città: se fosse dipeso da me, un individuo del genere sarebbe stato scacciato anni fa.

Il mio sguardo, però, viene attirato da un'altra figura che spicca in mezzo a quel gruppo: una stupenda donna dai capelli rossi e ondulati, ricoperta da un leggero vestito bianco con decorazioni dorate che ondeggia lievemente, si erge un passo avanti agli altri e mi rivolge un sorriso benevolo. La sua figura ispira una tale riverenza che, una volta avvicinatomi, non posso fare a meno di inchinarmi davanti a Gwynevere, Principessa del Sole e figlia secondogenita di Lord Gwyn. Non mi sorprende che ci sia solo lei: il fratello maggiore è stato esiliato tempo fa, mentre Gwyndolin, il terzo figlio...beh, non sono in molti a sapere della sua esistenza. Nato con una strana affinità per la luna, è stato cresciuto come una ragazza e come una ragazza si è sviluppato: proprio a causa del suo aspetto femminile, Lord Gwyn l'ha sempre tenuto nascosto, e perfino io ne ho solo sentito parlare.

«Principessa» scandisco, tenendo lo sguardo fisso a terra.

«Alzati, Sir Artorias» risponde la voce melodiosa e delicata di Gwynevere. Obbedisco immediatamente, mettendomi in piedi e sollevando lo sguardo su di lei. Il sorriso caldo che abbellisce il suo viso mi infonde tranquillità mentre pronuncia queste parole: «A nome dell'intera Anor Londo, io ti auguro buona fortuna per la tua impresa. Che tu possa sventare questa minaccia e tornare vittorioso!».

Artorias of the AbyssDove le storie prendono vita. Scoprilo ora