Capitolo 5 - Gough

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I miei passi sul pavimento lastricato echeggiano all'interno della grande struttura circolare che segna l'ingresso di Oolacile mentre i raggi del sole illuminano l'ambiente attraverso i numerosi spazi del colonnato che forma le pareti. Sif cammina al mio fianco mentre attraverso la zona, notando le rigogliose piante che crescono negli spazi tra le lastre di pietra che formano il pavimento, oltre a ricoprire con un manto verde la parte bassa delle pareti, da terra fino alla base delle colonne.

Cammino fino ad attraversare un arco che si apre alla mia sinistra, trovandomi in uno stretto corridoio da cui mi è possibile prendere tre direzioni: di fronte a me, all'aperto, si trova Oolacile, la città vera e propria; alla mia destra si allunga un corridoio altrettanto stretto e molto buio, in fondo al quale vedo un'iscrizione leggermente luminescente incisa sul muro; alla mia sinistra, infine, si innalza una scala che gira intorno alla struttura che ho appena attraversato. Dovrebbe portare alla torre sulla quale, stando a quanto ha detto l'umano, è rimasto bloccato Gough, così inizio a salire, assicurandomi che Sif mi segua.

In pochi secondi mi trovo all'aperto, su una sorta di terrazzo che costeggia il colonnato circolare all'interno del quale mi trovavo prima. Il parapetto alla mia destra è decorato da statue poste su dei piedistalli posti a intervalli regolari, oltre le quali riesco a vedere la torre: un ponticello in pietra mi separa dalla porta di ferro alla sua base. Senza bisogno di avvicinarmi sento provenire dalla sua cima, alcuni metri più in alto di me, un rumore metallico, come di qualcosa che viene sfregato: c'è qualcuno lassù.

«Gough!» chiamo.

Niente, non ricevo nessuna risposta, e il rumore non accenna a fermarsi. Mi avvicino fino a raggiungere la porta e tento, invano, di aprirla; chiamo ancora, e questa volta qualcosa succede: continuo a non ricevere risposta, ma il rumore si interrompe di colpo. Chiunque sia lassù, credo che ora mi abbia sentito. Sto per ritentare, quando Sif mi anticipa: punta le zampe e, inarcando la schiena, lancia un ululato lungo e profondo. Se sulla torre c'è davvero Gough, dovrebbe riconoscerlo.

Sorrido mentre aspetto che il fiato nei suoi polmoni si esaurisca, poi rimango per qualche secondo ad ascoltare l'eco del cinguettio degli uccelli che proviene dal Bosco Reale, sotto di me. In questa atmosfera sospesa irrompe all'improvviso una voce profonda come il rombo di un tuono, proveniente dalla cima della torre: «Uh? Sif?».

Il sorriso sulle mie labbra si fa più ampio appena riconosco la voce: di solito faccio fatica a distinguere i timbri vocali dei giganti, ma ho passato talmente tanto tempo con lui che non ho difficoltà a capire che si tratta di Gough.

«Come sei finito lassù, Gough?» chiedo a gran voce.

«Artorias? Cosa ci fai qui?» domanda lui. A giudicare dal tono, è decisamente sorpreso.

«Immagino che saprai cosa è successo qui a Oolacile. Sono qui per sistemare le cose» rispondo brevemente, provando ancora una volta ad aprire la porta.

«Certo che lo so: è successo tutto dopo che io sono rimasto bloccato qui. Oh, e lascia stare quella porta, è inutile: qualcuno ci ha già provato, ma senza chiave non si apre» replica lui, sconsolato.

«Come hai fatto a finire lassù?» chiedo una seconda volta, allontanandomi dalla parete per cercare di vedere in cima alla torre, ma l'alto e spesso colonnato che la circonda me lo impedisce.

«È stato Kalameet. L'avevo quasi ucciso, sai? Le mie frecce non riuscivano a colpirlo, così gli ero salito in groppa e stavo per atterrarlo, ma è riuscito a farmi cadere qui: ho pensato che avrei potuto comunque provare ad abbatterlo, ma ha iniziato ad evitare questa torre. E ora, se anche passasse qui vicino, non potrei fare molto» racconta Gough.

«Come, non potresti fare molto? Non hai più frecce?» chiedo. È l'unica spiegazione che mi viene in mente.

«Vorrei che fosse così, amico mio!» ridacchia lui, ma si tratta di una risata amara.

«No» aggiunge poi, «no, non è quello il problema. Sono cieco, Artorias».

«Cosa...? Cieco? Come è possibile?» domando, completamente spiazzato.

«Vorrei saperlo anche io: un giorno mi sono svegliato e non ci vedevo più, è tutto quello che so. Certo che è ironico: io, l'arciere migliore di tutta Lordran, cieco. Occhio di Falco, mi chiamavano» continua a ridacchiare mentre il rumore metallico ricomincia.

«Ora passo le mie giornate qui» continua, «ad intagliare pietre e a costruirmi delle punte di freccia, nel caso la fortuna decida di far passare qui vicino quel maledetto drago e di farmi mettere a segno un ultimo colpo, nonostante la mia cecità».

Rimango in silenzio: Gough cieco, non riesco a crederci. L'uggiolio di Sif, accanto a me, viene coperto poco dopo dalla voce del gigante: «Hai detto che sei qui per il disastro che è scoppiato poco tempo fa, giusto?».

«Io...sì» rispondo.

«Questo ti rende onore, amico mio, e verrei con te, se solo non fossi cieco e relegato sulla cima di una torre. Lascia almeno che ti avverta: questa cosa è diversa da qualsiasi avversario tu possa aver mai affrontato, Oolacile ha risvegliato i poteri di Manus e ne ha perso il controllo, perciò fai attenzione» sospira Gough. Allora l'umano aveva ragione: è davvero Manus la causa di tutto questo.

Dato che rimango in silenzio, Gough decide di cambiare discorso: «Come vanno le cose ad Anor Londo?».

«Potrebbero andare meglio. Lord Gwyn è partito e ha portato con sé quasi tutti i cavalieri d'argento per fronteggiare un'orda di demoni, così a governare la città rimane solo la Principessa, dato che Gwyndolin continua a non mostrarsi a nessuno, nonostante il padre non sia più ad Anor Londo» racconto brevemente.

«E Gwynevere si trova a dover governare un regno da sola?» chiede Gough, sorpreso.

«No, ovviamente no. Ha a cuore il benessere del popolo, ma le manca l'esperienza: Ornstein è sempre al suo fianco, pronto a consigliarla» rispondo.

«Ornstein! Come sta il capo?» domanda Gough, con un tono che mi lascia intuire che stia sorridendo.

«Non male. Voleva venire con me, ma gli ho detto di rimanere ad Anor Londo insieme a Gwynevere. Peccato, gli avrebbe fatto piacere trovarti qui: negli ultimi tempi tutti ti davamo per morto, ma non lui. "Vedrete, uno di questi giorni ricomparirà davanti alle porte della città con l'arco stretto in pugno e la testa di quel dannato drago in spalla!". Non faceva che ripeterlo» racconto con un sorriso.

«Riguardo il drago non saprei, ma potrei sempre ricomparire con te in spalla, una volta che questa storia sarà finita!» commenta lui, scoppiando in una fragorosa risata alla quale non posso fare a meno di unirmi. Avevo dimenticato quanto parlare con Gough potesse essere rinvigorente.

«E della piccola Ciaran che mi dici? Lei come sta?» chiede il gigante dopo aver smesso di ridere.

«Non bene» rispondo con amarezza, «le manchi molto, e ora che sono partito è in ansia per me».

«Allora immagina quanto sarà felice quando ci vedrà tornare insieme» ridacchia Gough. Io davvero non so come faccia ad essere sempre così ottimista, ma la cosa è contagiosa: una rinnovata determinazione si impadronisce del mio corpo. Sconfiggerò Manus, troverò il modo di liberare Gough da questa torre, e torneremo insieme ad Anor Londo, dove organizzeremo una spedizione per dare la caccia a Kalameet e ucciderlo una volta per tutte.

«Ora ti saluto, Gough. Io e Sif abbiamo del lavoro da fare» rispondo, mentre il mio lupo abbaia verso la cima della torre.

«Certo, certo, lo so. Buona fortuna a entrambi, amici miei» ci saluta Gough.

Io e Sif ci voltiamo e ci incamminiamo verso le scale, lasciandoci alle spalle il rumore prodotto dallo strofinio delle pietre che Gough sta intagliando. Una volta finita la discesa, uno strillo acuto attira la mia attenzione: proveniva dall'interno della città.

«Vieni, Sif. Dobbiamo sbrigarci».

Artorias of the AbyssDove le storie prendono vita. Scoprilo ora