"Sam!" chiama una voce profonda, potente come un tuono. "Sam!" ripete ancora più forte.
Posso sentire il terrore nel suo tono, la stessa paura cieca che provi quando pensi di stare per perdere qualcuno che ami più di te stesso.
Credo che voglia la mia attenzione, ma io non posso concedergliela. Sto annegando in questo mare nero, scuro e denso come la pece, cerco di tenermi a galla, ma le onde sono così alte che mi portano giù, sotto l'acqua scura. Combatto, sbattendo le braccia e le gambe, che perdono forza sempre più velocemente per via dell'acqua ghiacciata.
Il sapore inspiegabilmente dolciastro nella sostanza in cui sono immersa mi entra nella bocca e nel naso, facendomi soffocare. Mi porto una mano alla bocca, ma sussulto quando noto che è minuta, pallida e paffutella.
È la mano di una bambina. Riesco a stare a galla per qualche secondo, il tempo che mi basta per guardare il resto del mio corpo: è tutto esattamente come la mano, piccolo e pallido. Poi riconosco i vestiti, quella camicetta rossa e i jeans sciupati erano miei. Sono io. Sono io quando avevo otto anni.
"Sam!" chiama ancora la voce.
Nella burrasca, mi volto e scorgo un uomo nuotare verso di me. È lui che grida quel nome. Non faccio in tempo a capire chi sia che qualcosa mi prende la caviglia. Grido, ma meno di un secondo dopo vengo trasportata giù, nel liquido nero e denso.
L'ultima cosa che sento è la stessa bellissima voce che urla "No!", poi i miei polmoni cominciano a bruciare, completamente svuotati d'ossigeno, e la mia testa si fa più pesante, sembra scoppiare, fino a quando qualcosa mi morde il fianco e perdo i sensi."Hey!" urla Kamilla, mollandomi uno schiaffo in pieno viso. Mi sveglio di soprassalto, sbarrando gli occhi e inalando più ossigeno che posso. Poi il bruciore alla guancia inizia a farsi sentire, così me la massaggio lentamente.
"Ahi" mi lamento, lanciando un'occhiataccia alla mia amica. "Stavi avendo uno dei tuoi tanti incubi. Eri in debito di ossigeno, genio. Ho dovuto farlo, non respiravi più da troppo tempo" si giustifica lei.
Mi sistemo sul sedile del veicolo, guardandomi intorno. Dietro di noi ci sono due soldati, profondamente addormentati.
"Aspetta, ma che ore sono?" chiedo.
"Le due di notte"
"Da quanto siamo in viaggio?"
"Otto ore. Ma abbiamo fatto anche parecchie pause. Tu dormivi come un sasso, cosa che non succedeva da circa un anno. Mi dispiaceva svegliarti" spiega lei, mentre il suo sguardo corre su una serie dei miei appunti.
"Perché non dormi?" le domando.
Lei fa spallucce e volta pagina. "Sono agitata. Domani a quest'ora saremo alla base"
"Molto eccitante direi. Una base militare! Una così sorprendente novità!" la prendo in giro.
"Piantala, idiota" ride lei, dandomi un piccolo pugno sulla spalla. "Finalmente avremo i mezzi per provare la tua teoria, lo capisci?"
"È perfetta. Non ha bisogno di prove. So già che è quella giusta. Ci ho lavorato un anno e sono sicura al cento percento" borbotto, sistemandomi meglio sul sedile.
Lei sbuffa, portandosi una ciocca castana dietro le orecchie. Poi i suoi enormi occhi verdi puntano su di me come dei fanali. "Senti, genio della chimica e della biologia, abbiamo capito che sei impeccabile. Ma tu hai idea di dove ci porterà tutto questo? Mi sembra di no. Avrai salvato il mondo! Sarai la donna più importante di tutti i tempi" esclama, accendendosi di orgoglio.
"Anche tu" rispondo.
"No, io sarò solo l'aiutante che ha testato l'antidoto per la prima volta" ammette.
"D'accordo, come vuoi tu" rispondo, guardando nel vuoto.
Sono ancora scossa da qual sogno, ora che sono sveglia è tutto più chiaro, e riportare a galla certi eventi non è mai piacevole.
"Va tutto bene?" chiede Kamilla.
"Sì" mento io, passandomi una mano sul viso stanco e sospirando. Vorrei tanto della tequila in questo momento.
"Non fare come tuo padre. Era un altro ricordo di caccia, vero?" sussurra, incerta. Di solito sono molto sensibile su quell'argomento.
Mi volto verso di lei, con le sopracciglia aggrottate e un piccolo sorriso che si forma sulle labbra. "Ti ho raccontato troppe cose sulla mia famiglia e il mio passato, eh?"
Lei ride piano. "Sei ossessionata dalla famiglia. E poi lo sai come sono curiosa, prima o poi avresti ceduto comunque"
Resto un attimo in silenzio, annuendo, poi lo ammetto. "Sì. Era quello della spiaggia, quando avevo otto anni. Però era un po' diverso da quello che è accaduto davvero" dico, guardando nel vuoto, mentre il ricordo mi penetra nel petto come una scheggia di ghiaccio.
"Mi dispiace" dice lei. "Ti abbraccerei se non sapessi che odi queste dimostrazioni d'affetto" scherza lei, cercando di tirarmi su il morale.
Rido piano, trattenendomi per non svegliare i militari. "Grazie. Lo apprezzo molto" rispondo.
"Be' almeno domani lo rivedrai" aggiunge lei, piano, come se temesse la mia reazione.
Rimango in silenzio, mentre quella consapevolezza si impossessa di me.
Lo sapevo già, ovviamente, solo che avevo rimandato quel momento il più possibile, perché come previsto ora sono in balia delle emozioni: nostalgia, tristezza, dolore, ma anche gioia, affetto e impazienza.
Un anno e tre mesi. Sono passati un anno e tre mesi dall'ultima volta in cui ho visto mio padre, la persona che amo più al mondo.
"Sì" sussurro, mentre ricaccio indietro le lacrime che minacciano di riempirmi gli occhi. "Domani lo rivedrò".
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A Supernatural Dream
FanfictionSupernatural e Teen Wolf crossover. La perfetta combinazione tra le mie due serie TV preferite, racchiuse in un sogno. Vi chiederete: "Ma come ha fatto sta pazza a sognare una storia del genere?" Be'... Bella domanda. Me lo sto chiedendo anche io.