Ciò che ti meriti

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"Samantha"
Vi prego, lasciatemi morire in pace.
"Apri gli occhi, Sam" mi invita una voce bassa, dolcissima, che non conosco.
Come osa chiamarmi così? Solo Dean può farlo. Oh no, papà... No, no, no. Non voglio aprire gli occhi, lasciatemi qui. Non voglio vedere un mondo senza di lui.
"Va tutto bene, Sam. Svegliati" ripete la voce, scuotendomi leggermente.
Perché sono ancora viva? Perché non mi lasciate morire? Forse sto chiedendo troppo...
"Non chiamarmi così" mormoro, con la voce roca. Non dovrei nemmeno riuscire a parlare.
L'uomo ride. Una risata che, se possibile, è ancora più dolce e confortante della sua voce. "E come dovrei chiamarti? Fidati, Samantha: apri gli occhi"
Gli do ascolto: lentamente socchiudo appena le palpebre, ma vengo accecata dal sole che brilla nel cielo che ci sovrasta, che e così blu da sembrare irreale.
Sono costretta a richiuderle, mentre sento le mani enormi dell'uomo tirarmi su, a sedere. Perché non sento dolore? Dov'è la mia ferita?
Lentamente, mi abituo alla luce circostante e posso osservare il paesaggio che mi si para difronte: mi ritrovo in un ambiente luminoso, che sembra una radura immensa. Tasto il terreno con le mani e le mie dita scorrono tra morbidi fili d'erba.
L'uomo mi aiuta ad alzarmi, in modo da poter ammirare meglio il panorama: sono circondata da un bosco di pini e alberi dalle foglie chiare, che fremono disturbate dal vento leggero e fresco. È pieno di aiuole profumate e cespugli colorati. Un luogo idillico, così variopinto rispetto al mondo in cui viviamo, che al contrario è grigio e spoglio di ogni tipo di pianta.
All'improvviso la consapevolezza di dove mi trovo mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso.
Mi volto di scatto verso l'uomo che mi ha svegliata. È alto, indubbiamente bello, dal viso gentile e i capelli castani di media lunghezza, che porta indietro passando le dita tra di essi.
Mi sorride, un sorriso che sembra poter far sbocciare i fiori. "Non mi aspetto che tu mi riconosca" dice. "Non mi hai mai incontrato, ma io ti osservo da quando sei nata. Sai-"
"Zio!" lo interrompo, buttandogli le braccia al collo, mentre il mio cuore sembra voler scoppiare di felicità.
Lui ride, stringendomi forte tra le braccia e accarezzandomi i capelli. Dopo diversi minuti, riesco a rinunciare alla sensazione di essere coccolata e mi separo da lui.
"Sono... sono morta?" chiedo, ancora non del tutto certa. Forse è solo un bellissimo sogno.
Lui annuisce, dispiaciuto. "Mi dispiace Sam, ma sì"
"Capisco".
Sam sembra ricordarsi di una cosa e sussulta. "Oh, scusa. Posso chiamarti Sam, allora?"
Rido di gusto; papà mi aveva parlato della sua gentilezza senza confine. "Certo!" esclamo.
"Quindi questo è il Paradiso" constato, pregando davvero che non sia tutto un sogno.
"Esatto" dice una voce alle mie spalle. Mi volto, sobbalzando. Pensavo che fossimo soli, ma appena mi giro, incontro un gruppo di persone: un uomo dai capelli e dalla barba grigia, che indossa un cappello sciupato; una donna adulta, affiancata da una ragazza bionda, che sembra avere la mia stessa età. Poi vedo una giovane donna, dai capelli scuri come gli occhi, che deve essere colei che ha parlato.
"Benvenuta, piccola Sam" dice l'uomo, sorridendomi.
Il mio cervello collega in un attimo: lo raggiungo e l'abbraccio forte, cogliendolo un po' alla sprovvista. "Bobby!" esclamo.

"Finalmente ti incontro" borbotta lui, contento.

"E voi dovete essere Ellen e Jo! Papà mi ha parlato tanto di voi. Vi ammiro tantissimo" dico rivolgendomi alle due donne, madre e figlia. "Siete due delle donne più forti di cui io l'abbia mai sentito raccontare."
Loro sorridono, compiaciute. "Grazie" risponde Jo.
Infine corro ad abbracciare lei, Allison. "Hey, tigre!" esclama, ricambiando la stretta.
È passato così tanto tempo da l'ultima volta che l'ho vista, ma l'ho riconosciuta immediatamente.
Eravamo migliori amiche, da piccole. Un giorno di primavera era entrata nella mia vita, quando si era trasferita con la sua famiglia accanto a noi, a Lawrence. Eravamo cresciute insieme ed era bellissimo passare le giornate con lei, anche se dovevo nasconderle tutto ciò che riguardasse il mondo sovrannaturale. Io sapevo ogni cosa, avendo una madre Kitsune, ma i suoi genitori, anche loro cacciatori, avevano deciso di nasconderle tutto finché non sarebbe stata abbastanza grande. Poi un giorno, io e papà siamo partiti, e io non l'ho più rivista.
"Come... Com'è successo? Come sei morta?" le chiedo, ancora sconvolta dal fatto di vederla qui in Paradiso.
"Non ti preoccupare, abbiamo tempo per parlare. L'eternità, a dire il vero" sorride. "Ti racconterò tutto".
Annuisco, e torno a guardare mio zio.

Sono così felice che credo di poter scoppiare a piangere. Finalmente li ho conosciuti, ho conosciuto gli eroi dei racconti di mio padre. Mio padre... Dean!
Mi sale il panico. "Zio! So che può sembrare scortese ma... cosa ci fai qui?"
Lui ride, "In Paradiso intendi?"
"Sì! Dean mi ha raccontato che quella volta una Mietitrice-"
"Oh, sì. Billie ci ha provato a portare la mia anima nel Vuoto. Ma sai, noi abbiamo sempre avuto un asso nella manica dai piani alti, una persona senza la quale non avremmo mai potuto combinare niente-"
Improvvisamente sento un altro rumore alle mie spalle: è delicato, sembra il fruscio... di ali.
Sam sorride, interrompendosi e il suo viso si addolcisce, guardando un punto dietro di me. Mi volto, e quello che vedo rischia di farmi davvero credere di essere impazzita. Difronte a me c'è un angelo. È proprio lui, senza ombra di dubbio, con quel trench, il completo e la cravatta blu. È Castiel.
Abbasso lo sguardo e noto che sta tenendo un uomo inconscio tra le braccia, come se non pesasse più di una piuma.
Crollo sulle ginocchia. È Dean.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime di gioia, e tutto quello che riesco a fare è tendere le mani verso il suo corpo, in una preghiera silenziosa. Capendo immediatamente, Castiel lo deposita sull'erba fresca, difronte a me.
Guardo il suo volto immobile: i capelli scompigliati, le ciglia folte che disegnano lunghe ombre sulle sue guance, le lentiggini che gli tempestano i naso e le labbra leggermente socchiuse.
Gli accarezzo i capelli biondi, mentre sussurro parole dolci: "Svegliati, papà" mormoro. "Apri gli occhi".
Lui aggrotta le sopracciglia, in uno stato di dormiveglia, e farfuglia: "Non usate la voce di mia figlia, luridi demoni bastardi. Lasciatemi in pace. Portatemi all'Inferno, o nel Vuoto, non mi interessa, ma sbrigatevi"
Rido, mentre mi asciugo le lacrime dal viso. "Sono io, papà. E non siamo dove credi. Apri gli occhi, Dean, e guarda. Guarda ciò che ti meriti."

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