Prologo

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Prologo - Introduzione

Importante, leggere L'angolo Me.

Felicità. Che cos'è? Domanda da milioni e milioni di dollari. Eppure nessuno sa la risposta perché ogni volta che pensiamo di essere al colmo di essa, ne assaggiamo un'altra dose ed è imparagonabile all'ultima volta.
La felicità tende, credo, ad essere soggettiva. Esempio banale: tu ami la pioggia ed il tuo amico il sole. Siete insieme che passeggiate felici per le stradine delineate del parco quando sulla vostra pelle percepite goccioline umide. Alzate le teste verso il cielo e vi beccate altre goccioline. A te si stamperà un sorriso che parte da un'orecchio all'altro mentre il tuo amico... bè il tuo amico si scoccia.
In questo caso la felicità viaggia costante sulla stessa linea del vostro stato d'animo? Assolutamente no, perché il tuo amico furioso della sua giornata mal andata vorrà tornare nella sua stanza tra le sue mure che riflettono il mal tempo mentre tu, bè tu vorrai restare lì a saltellare e gridolare dalla felicità che ti ha donato la pioggia fin quando sarai fradicia e deciderai, a malincuore, di rincasare consapevole dell'influenza che ti aspetta.
Allora siete si o no d'accordo con me che la felicità è soggettiva?
Torniamo a me. Bambina di cinque anni, in una casa bella e accogliente a Macon, nello stato della Georgia, con due bellissimi genitori e una vita felice e deliziosamente monotona. Questa bambina non è la tipica viziata ma vive con tutto il necessario di cui ha bisogno. Questa bambina non è capricciosa, anzi è tranquilla e timida. Questa bambina si accontenta di tutto pur di continuare a mangiare nella stessa tavola dei suoi, ridere e scherzare. Questa bambina, gli è stata strappata la felicità a causa di un forte sisma che fece crollare la sua dimora e farla addormentare per una settimana in ospedale.
Al risveglio, Celestial, ovvero me in miniatura, conobbe una notizia traumatica. Papà e mamma presero l'aereo del per sempre e la casa è un insieme di pietre tutte ammassate fra loro. Celestial, da bambina com'ero, non credeva fosse vero quel che viveva, pensava fosse solo uno scherzo che si concluderà con mamma e papà che escono dal nascondiglio per dirle un bellissimo bubù settete!
Ma dopo una settimana, tra assistenze sociali, tribunali, famiglie in attesa di un bambino che Celestial non lo sarebbe mai diventata per loro, capì che sarebbe rimasta in un dannato e cupo orfanotrofio dove vivrà tristemente sola fino ai diciott'anni.

Bè che dire, sono o no un disastro umano? Perché non solo qui mi è stata stappata la felicità ma aspettate a vedere il bello. Il brutto direi.
Quando prima vi chiedevo cosa pensaste fosse la felicità, voi ovviamente avete aperto la parte di mente racchiudente i ricordi più belli, facendoli scorrere sullo schermo della vostra visuale interna. Okay, però avete in mente quando tutto fila liscio ma due grandi lame ben affilate si posizionano ai lati del filo e... zac! Lo tagliano. La felicità si sgretola facendo espandere una nube nera che risucchia la gioia lasciando la parte alla tristezza ed il dolore. Ecco, questa è la parte che mi si addice. Ogni volta che surfo bene, arriva la grande onda e mi fa sprofondare. Ogni volta che scrivo tutto il tema ma, alla terza parte mi si svuota l'inchiostro. Ogni volta che mi vesto elegante, all'ultimo minuto mi si rompe il tacco. Paragoni brutti che, moltiplicati, mi accompagnano ogni volta che oso assaggiare la felicità. Sono arrivata al punto di avere paura di essere felice perché sono consapevole di ciò che mi viene riservato.
A cinque anni, ebbi la mia stanza con le pareti spoglie d'un rosa talmente spento da sembrare un mix di grigio e senape. Un lettino cigolante con le sbarre di ferro ed un armadio minuto con accanto una microspica scrivania. Niente in confronto alla mia vecchia dimora.
La parte peggiore della stanza è la mia compagna, un'isterica pazza fanatica delle bambole che grida e salta ogni volta che le si stacca un braccio delle sue barbie. Mi ammattiva quella bambina. Carol.
Il primo anno lo passai col trauma ancora fresco ed un macigno alle spalle. Com'è possibile che una bambina alla mia età possa soffrire così tanto?
Il secondo anno già cominciai a respirare l'aria pura con gli altri e scambiare qualche parolina. In classe, seconda elementare, facevo il mio dovere senza entusiasmo e men che meno divertimento. Durante la pausa mensa me ne stavo appartata ed in cortile mi sedevo vicino alla maestra. Tutto questo proseguì fino a metà anno quando un bambino decise di parlarmi.
"Ciao, io sono Stephan Duglass di 3A, e tu?"
Alzai gli occhi verso questo bambino con bellissimi occhioni verdastri, una pelle ambrata ed un groviglio di capelli castani. Rinchiuso nella sua uniforme stropicciata, cominciò a dondolare un piede nell'attesa di una mia risposta.
"Io sono Celestial ma non ti ho chiesto di venire da me."
Il bambino, o meglio Stephan, si sedette accanto a me con un sorriso tenero.
"Papà e mamma mi stanno cercando. Dei cattivi mi hanno rapito e poi si sono sbarazzati di me. Meno male che questo posto mi ha trovato. "
Ma che caruccio bambino! Ma sentilo, con la sua vocina lamentosa e triste mi viene a sbattere in faccia il fatto che lui ha delle persone che l'ho cercano mentre io no.
Strinsi le labbra e gli stampai uno schiaffo.
"Ahia! Ma cos'ho fatto? "
Gli occhioni lucidi e la mano a massaggiare la parte dolente, lo rendevano ancora più tenero di quel che era.
"Tu hai i genitori che ti cercano mentre io no!"
Gridai alzandomi in piedi e facendo oscillare la mia gonnellina ogni qualvolta mi agitavo.
Stephan rimase per poco in silenzio poi mi prese per il polso e mi tirò verso la porta che collegava il cortile alla classe.
"Dove mi porti? Ma sei un ladro?''
Entrammo in classe ma uscimmo dalla porta principale.
"Shhh! Seguimi e stai zitta."
Entrammo in bagno e poi nella cabina chiudendo la porta. Tutto fatto da Stephan.
"Lo sai che voi bambine avete la patatina e noi il pisellino?"
All'epoca non capivo un'accipicchia e lo gurdavo incredula. Nonostante la mia ingenuità, mi chiedevo che c'entrasse quell'argomento con quello precedente.
"Guarda."
Tirò giù la zip dei pantaloni poi sbottonò il primo ed unico bottone. Abbassò le mutandine e da essa, tirò fuori un pendolo minimamente lungo e con solchi di pelle ben attaccati.
"Ma che cos'è questo?"
Gli toccai quell'affare, ruvido per quelle rughe ma nel frattempo morbido e gommoso, che io non avevo ed una strana sensazione fece, strada in me. Simile alla felicità ma nel del tutto.
"Questo è il pisellino. Michael mi ha detto che da grande lo posso far entrare in una patatina."
Continuavo ad osservarlo senza capire niente ed intanto gli accarezzavo il suo affare.
"Ma che cos'è la patatina? Chi è Michael e perché lo devi far entrare nella patatina? Se poi è bollente?"
Domande a raffica senza sosta.
"La patatina è quella che hai tu. Alza la gonna."
Feci come mi disse e lui mi abbassò le mutandine iniziando ad accarezzarmi il luogo da cui facevo pipì.
La carezzata era così bella e rilassante che anch'essa somigliava alla felicità.
"Ahhh! Ma a me mi piace questa patatina allora."
Chiusi gli occhi e mi godei quell'attimo senza far caso alle parole sbagliate che tante volte mi correggeva la maestra.
Ecco che succede se vivi in un orfanotrofio: non ti spiegano i concetti fondamentali sin dall'inizio e rischi di sverginarti all'età di sette anni. Ah dimenticavo, e quando la maestra apre la porta di scatto scoprendo due bambini quasi a masturbarsi, comincia ad urlare e a maledirvi per poi mettervi in castigo. Bellissimo, nè!? Eppura la colpa non è tua, essendo bambina sei incosciente delle stranezze del nostro organismo.
Da quel giorno in poi io e Ste divenimmo miglior amici per sempre però nessuno poi toccò l'intimità dell'altro per paura del castigo che ci sarebbe toccato.
All'età di nove anni, avvenne un miracolo: i signori Duglass ritrovarono il loro figlio a Mecon mentre loro vivevano in Sanford, e così me lo strapparono via. Però, non prima di averci scambiato due catenine arruginite con appeso due gancetti di lattina per bevande con anche le nostre iniziali incise sul metallo: quella che portava Ste aveva la C del mio nome mentre io avevo la S del suo.
Ci abbracciammo forte forte e ci demmo il nostro primo ed unico bacio sulla bocca. Un emozione forte mi pervase quel giorno, come avessi avuto una specie di scarica d'adrenalina.
Partì con i suoi nuovi ma vecchi genitori ed io, bè io tornai alla mia solita vita con la felicità strappata.

~Angolo Me~
Bene, non ho usato autrice perché inanzitutto non mi sento a quei livelli secondo mi piace distinguermi dalla massa.
Allora come primo inzio che ne dite? Vi piace?
Garantisco che la storia è stupenda perché l'immaginazione che mi era avvenuta per scriverla mi ha resa talmente euforica da scrivere dalle 2:00 fino alle 5:22 del mattino.
Detto ciò aspetto ansiosamente i vostri commenti e pubblicherò il prossimo capitolo solo al raggiungimento di 6 like.
Passate la parola e preparatevi per molti attacchi di scena e suspense. Adiossss.

RIECCOCIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora