Con la mano poggiata sulla sua schiena, la guidai verso l'atrio dove c'era l'immenso giardino ben curato con tanto di panchine e una fontana al centro. A dir poco un campus esagerato. Sembra lo facciano apposta per attirare più studenti. Che demenza!
Non so perché ma non riuscivo a staccare la mano da essa. È come se mi tenesse connesso o qualcosa di simile. Giurerei di averla già vista ma dove? Non lo so.
Non mi è familiare come quando vedi qualcuno al super mercato o al parco o chissà dove. La sua faccia è sbiadita ma il suo modo di fare, come parla e soprattutto come reagisce mi ricorda qualcuno. Tipo l'atteggiamento di prima quando eravamo alle scale, cosa avrò mai fatto per farla incazzare? Eravamo seduti sulle scalinate a parlare, ad un certo punto scatta e sembra di essere la mia schiava personale. Davvero non la capisco. Magari ha il ciclo o è un periodo stressante della sua vita.
"Allora, cosa volevi dirmi?"
Si siede raggiante su una panchina come se tutto filasse liscio. Ed ancora quel sorriso e l'aria da bambina felice mi colpisce forte nella memoria.
Cazzo, tutto quel che volevo dire prima ora sembra una nuvola di fumo lontana.
"Ecco io...''
Prima di sparare qualche cazzata, a Celestial suonò il telefono.
"Scusa un secondo."
"Figurati, fai con comodo."
Si alzò per allontanarsi di qualche passo intanto io mi sedetti.
"Amore mio..."
Ecco un pugno diretto allo stomaco. Quel amore mio che suona dalla sua bocca come una melodia è pari ad un secchio di ghiaccio versato in testa in pieno inverno.
Quindi è fidanzata...
"Si tesoro... oh ma smettila... tanto la stanza possiamo anche condividerla... finiscila dai... si, si va bene.... un bacio a te amore, a sta sera."
Non riuscii a sentire la conversazione completa, ma mi sono bastati quei pezzettini per capire con chi stava parlando.
La rabbia bolliva come acqua in pentola nella mia testa e cercai di mantenere il controllo, peccato che tremavo come una foglia dal nervosismo.
Condividere la stanza? Sta sera? Un bacio?
Tutto questo era pari a mille tormenti di tutti i tipi.
Che poi non ha senso! Io sono comunque fidanzato, cazzo! Già Dakota... Pff che noia.
"Dicevi?"
Il sorriso fra poco le arrivava letteralmente alle orecchie mentre non mi degnava di uno sguardo per mettere il cellulare nel taschino della borsa.
Fanculo! Avevo talmente un tornado di emozioni che non riuscii ad elaborare una risposta che mi porti alla soluzione.
"Ti serve un passaggio?"
Dissi la prima frase leggermente decente che mi passò per la testa.
Alzò lo sguardo confusa ed inclinò la testa da un lato in modo dolce da far ricadere qualche ciocca ramata in viso.
"Non capisco, è per questo che mi volevi parlare? Comunque grazie, sono in macchina."
Oh certo! Adesso andrà dal suo fidanzatino con appunto la sua macchina dopodiché miagoleranno sotto le coperte. Dio!
Mi alzai frenetico e nervoso dalla panchina e farfugliai un saluto andandomene senza attendere sua risposta. Potrei scoppiare da un attimo all'altro."Ciao"
Salutai secco mamma e papà che erano seduti sui divani del salone in modo così perfetto e coordinato da sembrare due modelli di un'azienda immobiliare. Fanculo a sta vita di plastica!
"Brutta giornata?"
Osò rompermi il cazzo mio padre.
Sinceramente con lui ho un'ottimo rapporto rispetto a quello con mia madre, però in momenti come questi non mi va di essere disturbato.
Non risposi e poggiai lo zaino su uno dei tanti tavolini sparsi come semi in questa casa dopodiché mi diressi verso la cucina.
Nessuno pranza in questa casa, sia perché Vilina cuoce da schifo e in più i miei cominciano il lavoro all'una e mezza il ché pranzano fuori.
Sara mangia in mensa ed io, come sempre, cerco di cavarmela.
Se mio padre mi avesse insegnato a contare su me stesso e avesse smesso di viziarmi, ora probabilmente affitterei un appartamento, avrei un lavoro e sarei come molti studenti universitari che sudano a fine mese.
Invece io ho la vita comoda e tutto a portata di mano. Uno schifo straziante.
Prima di posare il panino di tonno e maionese sul piatto e versare la coca nel bicchiere, qualcuno bussò alla porta.
Chi mai può essere? Vilina ha finito il suo turno, i miei dovrebbero essere partiti da un pezzo... Guardai l'orologio e vidi che erano quasi le due.
Mi catapultai fuori dalla cucina correndo.
Lei. Lei. Lei. Lei. Lei...
Aprii la porta così velocemente da sentire vento in faccia.
Però lo schiaffo della realtà era ancora peggio di qualsiasi altra cosa.
"Amore, non pensavo ti fossi mancata così tanto da farti venire il fiatone per aprirmi la porta."
Dakota circondò il mio collo con le sue braccia e mi stampò un bacio sulle labbra mentre io, ero del tutto impassibile.
Perché questa ragazza è così ingenua da non rendersi conto che di lei non me ne può fregar di meno?
Non proprio, ma ultimamente la sopporto sempre di meno.
Soprattutto da quando i miei occhi caddero in quelle iridi verde chiaro e limpido. Quei capelli ramati chiari girati su se stessi in onde morbide. Quel corpo minuto con le curve non prosperose ma messe comunque in evidenza. Come quel bel didietro....
Fanculo! Lei è fidanzata.
Dakota mi tira dal braccio verso l'interno della casa mentre con l'altra mano chiudo la porta.
Come sempre è vestita casual da pittrice. Un paio di jeans chiari, larghi e con qualche strappo. Una maglia a maniche corte extra large senape a tinta unita, e a completare l'opera d'arte sono i suoi sandali da indiani ed il gilet marrone con frange che arrivano fino al ginocchio.
Mi fece sedere sul divano e si sedette su di me in modo provocatorio.
I suoi occhiali da sole a cerchio stile hippy le ricaddero sugli occhi.
"Allora, ti sono mancata?"
Sorrise molto sensualmente e leccò il mio pomo d'adamo accarezzandomi il petto. Sarebbe una cosa eccitante se non avessi in testa un'altra e se non fossi stressato per il fatto che non riesco a dirle la verità.
Dovrei almeno farle capire che non ho più in programma un futuro con lei. Il problema è che lei è troppo fragile per accettare una distruzione del genere e in più mi sentirei in colpa per aver abbattuto la ragazza che riuscì a farmi dimenticare la mia migliore amica negli anni passati all'orfano trofio.
Mi ricordo, che appena arrivai con i miei, lei e la sua famiglia mi attendevano davanti alla porta con una torta alle mele. Lei era rotondella con i capelli biondo chiarissimo, ora le porta neri, e due occhioni scuri.
Mi sorrise raggiante e venne ad abbracciarmi senza pudore. Da lì in poi, grazie a lei, riuscii ad accettare la mia nuova vita e dimenticare, non del tutto, la bambina distrutta ma con tanta bontà da distribuire ad un mondo intero. Lei mi mancherà sempre. Sempre, sempre e sempre. Fino all'ultimo respiro della mia vita.
Assorto dai pensieri, non mi accorsi nemmeno che Dakota mi aveva tolto la maglietta leccandomi tutto il torace e anche della porta che riproduceva i colpi di qualcuno che bussava.
"Vado io, tranquillo."
Si alzò ed avanzò verso la porta.
Poggiai il capo sullo schienale e feci respiri profondi chiudendo gli occhi e assemblando tutto questo caos.
"E tu chi sei, scusa?"
Sentii Dakota discutere
"Ecco, io... Sono, Celestial."
La sua insicurezza, il suo balbettio, le sue pause tra una parola e l'altra... Mi fecero accendere come un fiammifero.
Saltai giù dal divano e corsi verso la porta.
Presi la maniglia dalle mani di Dakota e la aprii di più.
Lei rimase fissa ad osservarmi: prima focalizzò il mio torace poi salì su con quelle iridi verdi fino ad incrociare il mio sguardo. E fu allora che tutt'intorno si spense. Tac.
Come quando spegni la luce dell'interruttore e tutto ciò che ti circonda diventa nero. Tutto.
Però io ho una candela che illumina se stessa in modo naturale e magico.
Quella candela si chiama Celestial.
Mi persi nel suo sguardo e giuro sulla mia testa che l'intensità che lega i nostri occhi mi riporta a dei ricordi sbiaditi che cerco con tutto me stesso a focalizzare ma... nulla. Sono così racchiusi e coperti di tela nella mia memoria che fatico a ricordare.
Distolse per prima lei lo sguardo e solo all'ora mi accorsi che Dakota ci osservava sbiadita.
"Chi è lei?"
Chiese la mia ragazza in modo acido, che è strano dato che lei è sempre fra le nuvole e raramente riesco a vederla arrabbiata o nervosa. È una di quelle che beve tredici camomille al giorno e guarda sempre il lato positivo nella vita senza degnare di attenzione alla parte grossa che è la negatività.
Ma sta volta sembra diverso. Sembra che anche lei come tutte le donne abbia il sesto senso e che oggi le è scattato per la prima volta.
"Io sono la babysitter di Sara."
Tirò un sorriso imbarazzato e attese una qualsiasi mossa da parte dell'altra.
Dakota rimase zitta per qualche secondo poi si illuminò.
"Oh, che piacere allora. Sono felice che Sara avrà una nuova compagna. Quella bambina è sempre chiusa nella sua stanza e malgrado tentai di legare con lei, non trova in me nemmeno un grammo di simpatia. Ma questo non è un problema. Un, ah! Non mi sono presentata: Dakota, Dakota Young."
Dopo il suo discorso confusionario, che sorprese Celestial, le porse la mano in una stretta con un sorriso a trentadue denti.
Cel si scosse leggermente per tornare al presente e ricambiò la stretta.
Io rimasi ad osservare la scena come un pitture quando finisce la sua opera. Peccato che al vedere quelle due scambiarsi saluti e presentazioni, mi accorsi che ero nelle veci di un regista agli inizi della sua tragedia.
Una lunga e drammatica tragedia.
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Roman d'amourQuando due bambini simili si incontrano, cosa succede? Si comprendono a vicenda e cercano di aiutarsi. Ma se questi bambini si rincontrano, dopo un lungo periodo, più in avanti però completamente diversi da com'erano, che succede? •Rieccoci• raccon...