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"Voglio morire."
Chiusi la porta dietro le spalle e mi poggiai ad essa scivolando giù fino a sedermi per terra. Chiusi gli occhi e mi strofinai la faccia con le mani.
"Non è possibile, cazzo!"
Nonostante ero da sola, mi confortava il fatto di sfogarmi con i quattro muri e l'aria presenti all'interno. Stephan! Il mio chiodo fisso! L'amore della mia infanzia! La mia sofferenza più grande!
Qui. Ora. Davanti ai miei occhi.
Roba da film!
Afferrai il cellulare dalla borsa e dalla schermata home, schiacciai sul quadratino con il nome MyBitch.
Rispose subito al primo squillo.
"Dimmi tesoro. Raccontami tutto."
Mi passai una mano sulla fronte e buttai fuori l'aria.
"Non è possibile Carol! Cioè sono stata assunta con grandi aspettative e... e... Non so se mi dispiaccia o meno però è così complicato."
"Uoow! Frena! Non sto capendo niente."
Sospirai nuovamente e cercai di calmarmi per poterle spiegare tutto con tranquillità. O almeno spero.
Appena finii di raccontare la novità dell'anno, cessò il silenzio.
"Carol? Carol sei viva?"
Dopo neanche cinque secondi, un urlo stridulo di gioia mi proferì il timpano.
"Fanculo Carol!"
Gridai senza poggiare il cellulare sull'orecchio guasto.
"Oddio, oddio, oddio! Il tuo sogno si è avverato Cel!"
Sbuffai sonoramente.
"Era il mio sogno, Era! Verbo essere, modo indicativo tempo imperfetto."
Forse coniugando per bene il verbo, capirà che il mio fatidico desiderio di rivedere il mio ex miglior amico è sepolto con la mia infanzia.
" Cel, chi vuoi prendere in giro? Proprio me, la tua migliore amica da anni ormai! Ascolta mia piccina, tu muori dalla voglia di toccarlo quindi perché continuare ad evitare l'inevitabile? Buttati e basta!"
Sbuffai roteando gli occhi e strappando i fili dei jeans per alleviare lo stress.
"Ciao."
Staccai la chiamata senza attendere sua riposta.
Devo superare questa merda subito e sola.
No cavolo!
Ho bisogno di quella decerebrata immediatamente!

Due settimane dopo•

Il college finalmente sta per incominciare ed io non sto più nella pelle da questa fatidica ansia.
Spero almeno di fare giusto un'amicizia in tal modo che non rimanga da sola.
I giorni, grazie a dio, passano piacevoli e scorrevoli. La signora Duglass è gentile e cordiale e la piccola Sara è divertente ed intelligente. Stephan partì subito il giorno dopo per i tornei della sua squadra di football e dovrebbe rincasare prima dell'inizio dei corsi.
Non vedo l'ora di rivederlo!
Cioè non che mi interessi... Ma chi prendo in giro! Quando cominciai il lavoro e scoprii che non lo avrei visto per due devastanti settimane, avrei voluto squarciare la pelle del mio petto e friggere il mio cuore.
Carol tornerà questo pomeriggio quando sarò ancora a lavoro e non vedo l'ora di sentirla lamentarsi per la scelta della stanza. Mi manca moltissimo!

"Si signore, io e la mia amica saremo presenti questa sera alle undici come previsto."
Il barman, e anche proprietario del bar discoteca, ha finalmente richiamato per il lavoro che cominceremo io e Carol. Stavo infatti saltando alle conclusioni e quindi che non ci avrebbe più chiamate per il posto. Oggi è il nostro primo turno e staccheremo all'una. Mi chiedo perché non cominciamo come tutte le persone normali il loro primo lavoro di pomeriggio o mattina.
Forse vuole metterci alla prova e quindi ha scelto di sera quando l'atmosfera è affollata e stressante. Speriamo solo prosegui tutto liscio.
"D'accordo, mi raccomando puntuali."
"Si... signore."
Con quella sua voce profonda e sexy mi acciglia in modo snervante da farmi confondere.
Finalmente stacco e tiro un sospiro di sollievo sedendomi, come altri alunni, su uno dei gradini della scalinata centrale.
Chissà come devo chiamarlo... Signore suona da qualcosa di elevato... Il mio ex capo pretendeva che tutti noi lo chiamassimo Signor Capo. Odiavo rivolgermi in quel modo, soprattutto perché era così vecchio e viscido e ogni tanto dava delle sculacciate che mi facevano venire voglia di staccargli il collo.
"È così ti becco anche qua, neh?"
La voce armoniosa che da anni desidero ascoltare e immergermi nei più bei e unici momenti della mia infanzia, suona giusto a qualche centimetro dalla mia spalla strappandomi dai miei pensieri riguardanti il lavoro.
Mi giro lentamente con le spine in gola ed abbozzo un flebile e miserabile sorriso.
Seduto con i gomiti sulle ginocchia divaricate, un paio di jeans scuri con strappi al ginocchio ed una larga felpa grigia col cappuccio, un sorriso mozzafiato che forma due leggere fossette e quegli occhi verdi che brillano praticamente sempre.
Stephan. Un capolavoro della natura.
Basta quel poco e leggero contatto della mia coscia col suo ginocchio, a farmi fremere fino al midollo.
"Ehi..."
La voce mi esce come un oca strozzata. Che idiota!
"Quindi frequenti la D.S.C., non pensavo ti potessi trovare da questi parti."
Immediatamente tutta quella magia che mi avvolgeva grazie alla sua presenza, sparisce.
Intende dire che una poveraccia come me che va a lavorare da sua madre non può permettersi un posto del genere. Fanculo!
Mi alzo così in fretta che agli angoli degli occhi vedo i puntini immaginari neri, cerco di mettermi in sesto e quindi gli giro attorno per proseguire verso l'aula di scienze ambientali.
Al secondo gradino mi afferra per il gomito.
"Che c'è?"
Mi osserva intensamente come se potesse penetrarmi e capire il mio cambio d'umore.
Alzo la testa in segno di sfida e riduco gli occhi a due fessure.
"Tutto okay tranquillo. Solamente che da normale e banale babysitter e cuoca in casa vostra, maestà, non sarebbe educato men che meno altezzoso parlare con voi mio caro signore."
Abbassai gli occhi per osservare il punto in cui la sua mano afferra il mio gomito e lo sfilo con cautela risucchiando l'interno di una guancia.
"Cosa... ma... come cazzo... c'è..."
Interruppi le sue locuzioni insensate.
"Vostra maestà."
Feci un piccolo inchino e girai i tacchi per proseguire.
Per un attimo sperai tornasse ad afferrarmi ed avvicinarmi al suo petto, o magari seguirmi e cercare di spiegarsi, però... Le favole sono per i piccoli e la realtà è un forte schiaffo sulla guancia.
Come potevo illudermi su un ragazzo così irrispettoso e superficiale come quello? Tutto snob con la puzza sotto il naso. Nient'altro che un figlio di papà. Stronzo. Non voglio più vederlo. Mai.
Spero che i miei turni non coincidano col suo tempo in casa. Vaffanculo.
Entro nell'aula tutta un fascio di nervi e mi siedo sulla prima sedia blu luccicante che trovo, incurante di chi mi stia vicino. Non mi va neanche di aggirarmi per vedere le nuove facce.
Tiro fuori quaderno e penna, che tutta la mattinata uso - siccome il primo giorno non si sa ancora cosa chiedono i professori - e lo poso sul banco.
"Qualcuno qui potrebbe scoppiare da un attimo all'altro."
Alzo gli occhi e li incrocio con due iridi verde selvaggio, la pelle olivastra e i capelli scompigliati nero corvino.
Mi si secca la gola a vedere una bellezza del genere. Penso che la mia espressione sia così penosa da sembrare una scema con la bocca socchiusa e gli occhi leggermente spalancati.
Incurvò le labbra in un leggero sorriso e mi porse la sua mano ambrata, con le dita lunghe e curate che riportavano alcuni anelli spessi.
"Mi chiamo Daniel e tu?"
Sbattei le ciglia più volte per capacitarmi e avanzai anche la mia mano.
"Io...sono Celestial."
Strinse la presa sorridendo e scrutandomi con quegli occhi così...
"Limpido come il ciel nostro celeste rispecchiato nelle acque a noi intorno."
Ma cosa... adesso recita anche una poesia al riguardo del mio nome?
Ritirò gentilmente la mano mostrando un largo sorriso che rivela una dentatura a dir poco impeccabile.
Prima di girarmi e concentrarmi sul professore che stava entrando in aula, una figura si materializzò accanto a Daniel, tutta sgarbata con un muso lungo, e prima di sedersi incrociò i miei occhi e rimase stupito.
Stephan.

E basta un'occhiata a farmi raggelare, effetto che solo lui sa provocarmi senza bisogno di poesia e neanche sorrisi smaglianti.

RIECCOCIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora