Capitolo 20

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- Allora Mess – dice mio zio calandosi, non appena mettiamo piede nel suo ufficio, nei panni dell'avvocato professionista – siediti e raccontami per filo e per segno cosa è successo-
- Beh, non c'è molto da aggiungere, ti ho detto tutto per telefono – dichiaro passandomi una mano tra i capelli.
- Mi sembra di ricordare che per telefono avessi citato degli scatti rubati...- inizia.
- Quella è tutta un'altra storia zio, Kit non c'entra niente con la mia casa discografica –
- Kit? Kit Evans? Il tuo amico Kit? –
- Già, proprio lui –
- Non è detta l'ultima parola, se volessi mai prenderti la tua vendetta per quello che ha fatto potresti citarlo per violazione della privacy –
- No, non adesso almeno, voglio solo che questa storia finisca al più presto. –
Mio zio annuisce prendendo tra le mani una copia del mio contratto per poi leggerlo attentamente, mi guarda un paio di volte con sguardo serio e riprende la lettura sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Qui non c'è molto che possa fare tesoro – annuncia con aria solenne – abbandono del posto di lavoro, sei sparita senza lasciare traccia e hai deliberatamente ignorato il contratto, legalmente parlando l'hai combinata grossa, l'unica cosa a cui potremmo aggrapparci è il poco preavviso con cui hanno annunciato la data della seduta ma non credo assolutamente che basterà a farti vincere la causa Mess, inoltre non hai testimoni a tuo favore se non tuo padre, il che non è molto vantaggioso considerando che le deposizioni dei familiari vengono quasi sorvolate quando si decide un verdetto – sospira – giochiamo ad armi impari, la sfida è già persa in partenza, ma se c'è qualcosa che posso fare la farò – dice prendendomi la mano da sopra il tavolo.

- Quale potrebbe essere la pena peggiore? – chiedo sentendo il sangue gelarsi nelle vene.
- Mmh, non c'è la possibilità che ti rinchiudano certamente, quindi sono quasi sicuro che la punizione peggiore sarebbe la revoca del contratto, ma dipende tutto da loro e da quanto ti ritengano un buon elemento –

Annuisco incapace di aggiungere altro, sento il bisogno inequivocabile di una sigaretta e magari di una sbronza, ma non credo sia possibile dato che siamo in pieno pomeriggio e il mio compagno di bevute è disperso chissà dove per Worcester insieme a quel traditore del mio ex-migliore amico.
Saluto mio zio ricordandogli l'appuntamento per il mattino seguente davanti al tribunale ed esco dall'edificio accompagnata da Justin che non ha aperto bocca per l'intera durata dell'incontro con mio zio.

- Allora? – chiedo al biondo sedendomi sull'unica panchina che vedo nel raggio di pochi metri –cos'hai da dire? – indugio un attimo fermandolo prima che possa iniziare a parlare – anzi no, non sono sicura di volerlo sentire, non stai per dire che mi avevi avvertita vero? –

- No – dichiara – non solo almeno –
- Su avanti allora, dimmi quello che hai da dire –
- C'è bisogno che ti ricordi io in quale casino ti sei messa? –
- Dio Justin, sei la persona più lunatica che conosca –
- E tu la più testarda –

Sorrido recuperando dalla borsa il pacchetto di Marlboro per poi portarmene una alle labbra, Justin fa la stessa cosa pochi attimi dopo, fissandomi mentre aspiro il fumo in grandi cerchi.
- Non posso neppure accompagnarti in aeroporto – dico abbassando la testa – sono davvero inutile-
- Mess non dirlo, lo sai quanto me che non vorrei dover partire, ma cazzo non l'ho di certo scelto io – ringhia – se non ci sarai alla mia partenza sarai ad aspettarmi quando ritornerò e tu avrai vinto quella merda di causa e tutto tornerà come prima, mh? –
- Hai sentito quello che ha detto mio zio, non c'è speranza di vincere –
- Beh in ogni caso so che saprai come gestirla, lo farai? Me lo prometti? –
Annuisco mentre mi tira sulle sue gambe, lego le braccia attorno al suo collo baciandogli la fronte – te lo prometto –

*****

Sono le 9:30 del giorno che ricorderò nella storia come la fine di Mess Walt, cacciata dalla sua casa discografica e ripudiata dal mondo interno per aver fatto ciò che più le sembrava giusto, beh complimenti ancora a me stessa e alla mia stupidità, dovrei ricevere un premio Nobel, o magari un Oscar.
Mio zio mi porge il braccio mentre entriamo nel tribunale e ci sediamo davanti ad una scrivania vicino ad un'enorme finestra, di fronte a noi un uomo corpulento si sistema gli occhiali squadrandoci di tanto in tanto.
Mi guardo attorno scorgendo le facce compiaciute di quei piraῆa dei miei produttori e della persona che meno mi sarei sognata di vedere in questo momento: Harry.
Oh beh, come biasimarlo, vorrà prendersi la sua vendetta, e quale metodo migliore del testimoniare contro la propria ex ragazza traditrice in un tribunale?
Poco dopo il portone si apre ancora rivelando altre due figure che, sarò ripetitiva, non mi sarei mai aspettata di vedere. Kit e Morgan avanzano lungo il corridoio, il primo per sedersi in una delle sedie in terza fila mentre il mio manager mi raggiunge posandomi una mano sulla spalla.
- Sono qui Messy-Mess – dice baciandomi la guancia fredda – testimonio a tuo favore, non ti lascio in mano a quegli idioti –
- Si sieda signore, l'udienza è aperta – dice ad un tratto il giudice – chiamiamo il primo testimone a deporre –
Harry si alza lanciandomi uno sguardo provocatorio che mi gela sul posto, non ha mai avuto quello sguardo da quando lo conosco.
- Allora signor...-
- Styles –
- Signor Styles, lei testimonia a favore della Sony Music che se non sbaglio è anche la sua casa discografica –
- E' molto ben informato –
- D'accordo, ci racconti la sua versione dei fatti –
Il mio ex mi rivolge per un'ultima volta quello sguardo orribile prima di focalizzarsi completamente sul suo discorso –Allora – inizia – per prima cosa vorrei sottolineare il fatto che la signoria Walt mi abbia messo in ridicolo apertamente–
- E in quale ambito sarebbe accaduto? –
- Beh mi ha tradito, pubblicamente –
- Questo implica che ci sia stato qualche rapporto sentimentale tra voi due –
- Esattamente –
- Mi dispiace dissuaderla Signor Styles, ma lei è chiamato a testimoniare seguendo un rigore oggettivo, pertanto si limiti a deporre per la casa discografica escludendo eventuali rancori personali, mi dispiace doverle annunciare che non saranno valutati in alcun modo nel verdetto finale-
Uno a zero per me.
- Può continuare signore –
- Beh non c'è molto da dire che lei già non sappia dalle motivazioni della causa. La signorina Walt è venuta meno ai suoi doveri stipulati nel contratto, tornando a casa nel bel mezzo di impegni lavorativi non indifferenti senza neppure prendersi la briga di avvisare almeno uno dei suoi corrispondenti alla casa discografica –
- Vuole dirmi che nessuno era a conoscenza della sua partenza? –
-Oh sì, una persona c'era, Justin Bieber –
- Ed è qui adesso? –
- No, purtroppo –
- Bene, allora direi che possiamo passare al prossimo testimone, il Signor Mitchell –
Morgan si alza raggiungendo la sua postazione accanto al giudice che subito prende a guardarlo, come se potesse in qualche modo leggergli nel pensiero – Signore, sa già quello che deve fare –
Morgan mi guarda sorridendo debolmente – non mi sento di negare quello che ha detto il Signor Styles in alcun modo – dice facendomi perdere un battito, cosa diavolo sta facendo? – tuttavia le darò una motivazione più che valida –
Il giudice annuisce dandogli ancora una volta la parola – io sono il manager della Signorina Walt e nonostante abbia un rapporto quasi fraterno con la sottoscritta ho tutta l'intenzione di deporre in modo assolutamente asettico. La signorina Walt si è ritrovata a dover affrontare gravi problemi familiari che hanno implicato altrettanti problemi di salute, è stata messa a dura prova e ha scelto di fare cosa riteneva più opportuno per la sua persona e i suoi cari, non credo possa essere biasimata per questo, come ha detto lei ogni questione personale andrebbe esclusa ma ciò nonostante mi sento in dovere di rispondere al Signor Styles che ha iniziato il suo discorso tentando di difendere la propria moralità, la stessa che non ha avuto quando si è presentato a casa della Signorina Walt piantandole uno schiaffo in pieno volto! –
Vedo mio padre dietro di me stringere le mani in due pugni, mi volto ancora un po' per sorridergli dolcemente, adesso è il turno di mio zio.
Parla con il giudice, cose che io nel mio piccolo non riesco a comprendere, poi, dopo qualche minuto si siede.
- Abbiamo tutti un'ora di pausa, il tempo di decidere il verdetto finale –

*****
- Come ti sembra stia andando? – chiedo a mio zio portandomi una sigaretta alle labbra.
- Da quando in qua ti sei data al fumo? – domanda evitando spudoratamente la mia domanda.
- Da un po' – faccio spallucce.
- Non dovresti farlo – dice sfilando una sigaretta dal mio pacchetto.
- Prego, fa pure! – ridacchio aspirando lentamente.
- Mess, io...non credo che abbiamo molte possibilità di combinare qualcosa di buono –
- Non importa zio – dichiaro adocchiando mio padre seduto sulla panchina accanto alla nostra – credo che dovresti parlare con papà, si sta addossando tutte le colpe per questo –
- E' quello che deve fare, è stata tutta colpa sua –
- Robert Wilhelm Walt, non parlare così di tuo fratello minore! – dico guardandolo di sottecchi, lui ridacchia alzandosi piano – penso che gli parlerò – annuncia facendomi l'occhiolino.
Scuoto la testa ridacchiando pronta per origliare.
- Allora – dice mio zio parandosi difronte a papà – ne è passato di tempo dall'ultima cena di famiglia eh? –
- Già –
- Credo che tu mi debba presentare una persona –
- Chi? –
- Richard? Mi prendi per il culo? –
- Non pensavo che ti avrei mai più sentito imprecare –
- Non cambiare discorso, voglio conoscere tua figlia, mia nipote, testa di cazzo! –
- Oh Natalie –
- E la madre...-
- Non mettiamo in mezzo Kenye per favore –
- Guai in paradiso? –
- Ma quale paradiso, sembra più un inferno...o un bordello, sempre che si trovi ancora lì –
- Non voglio sapere altro – aggiunge mio zio ridacchiando.
- Non voglio aggiungere altro – dice guardandolo – grazie per aver aiutato mia figlia –
Zio Rob sospira – tutto per la mia famiglia Rich – dichiara dandogli una pacca sulla spalla – adesso rientriamo, dovrebbero annunciare il verdetto a breve. –
Mio padre mi posa un braccio sulle spalle dandomi la forza necessaria per rientrare e prendere posto ancora, davanti al giudice.
- Bene, dopo il consulto siamo arrivati ad un verdetto, il seguente. La signorina Walt dovrà risarcire il 50 % del totale dei biglietti acquistati per i suoi concerti alla casa discografica per le cinque date saltate, ciò corrisponde al 20 % percento del suo guadagno totale, inoltre sarà suo dovere riprendere gli impegni lavorativi fino alla fine del tour, dopodiché sarà libera di decidere se continuare con la pubblicazione di nuovo materiale o prendere una pausa, definitiva o meno.
Ah e lei Signor Styles, se non vuole ritrovarsi qui in un ambito differente, impari a tenere le mani apposto! –
Tiro un sospiro di sollievo, non è andata poi così male, meglio di ciò che mi aspettassi.
Esco dal tribunale conscia di non doverci mai più rimettere piede quando qualcuno mi ferma tirandomi per il braccio, ma mio padre riesce a reagire prima di me.
- Tu! – esclama afferrando Harry per i lembi della maglia – azzardati soltanto a pensare di poterla toccare ancora e ti prendo a calci nel culo ragazzino! Mi hai sentito?! –
-Richard 'sta calmo – interviene mio zio – ci penso io –
- Io veramente...- Harry tenta di recuperare l'ultimo briciolo di dignità che gli è rimasto.
- Ascoltami bene ragazzo perché te lo dirò una volta sola – inizia mio zio, sotto i nostri sguardi straniti – io lo so chi sei, tu hai soldi, tu pensi di essere potente, ma non sei nessuno. Toccala ancora una volta e tutti i tuoi soldi, tutto il tuo successo, puff...svaniti, saranno solo un ricordo. Ti faccio mettere dentro per violenza e violazione della privacy mio caro e sta sicuro che mi mangerò il fegato pur di farti rimanere dentro finchè non ti ricorderai nemmeno come è fatta la tua cazzo di casa, sono stato abbastanza chiaro? –
Harry annuisce – io...-
- Tu cosa? –
- Vorrei parlare un attimo con Mess, per chiarire la situazione –
-Non c'è nulla da chiarire –
- No zio, papà, va bene, lasciateci soli per un attimo –
I miei uomini si allontanano lasciandomi sola con l'ultima persona con cui vorrei trovarmi adesso – allora? Parla avanti – lo esorto.
- Te lo scopi ancora? –
- Io non...non credo ti riguardi Harry –
- Andiamo Mess, siamo stati insieme per quasi due anni, penso che ancora mi spetti sapere qualcosa-
- Non ti spetta più nulla da un bel po' di tempo –
-Su tesoro, non vorrai dirmi che non mi hai mai amato –
- Ti ho amato Harry, all'inizio, ma non come amo lui, come amo Justin –
- Non ti soddisfacevo abbastanza? Mmh? Hai dovuto tradirmi con lui perché non ti scopavo abbastanza bene? –
- Harry finiscila, non voglio più ascoltarti – "diavolo, non di nuovo" mi ripeto mentre le gambe iniziano a tremare e la vista mi si annebbia.
- Cosa? Ti senti di nuovo male? Adesso non c'è l'amore della tua vita a salvarti –
- Cazzo vattene, basta! –
Mio padre arriva sentandomi gridare, l'ultima cosa che ricordo sono le sue braccia che mi afferrano e il sedile posteriore della sua auto.

****

-Messy? –
Mi sveglio qualche ora dopo, credo ormai sia pomeriggio, sono a casa di mio padre, nel mio letto, lui mi sta guardando, il mio cellulare in mano – è Justin –
Annuisco – passamelo –
Mio padre mi porge il telefono uscendo dalla mia stanza – pronto? –
- Ehi piccola –
- amore mio – sussurro sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi.
- Tesoro che succede? –
- Justin...- mormoro incapace di aggiungere altro.
-Mess calmati, che succede? La causa è andata male? Amore ascoltami okay? –
- L'udienza è andata b-bene, devo riprendere i c-concerti tra una settimana e poi potrò prendere una pausa s-se v-voglio – singhiozzo.
- E' stupendo piccola! Allora cosa c'è che non va? –
- Harry...era lì –
-Harry?! Che cosa ti ha fatto Mess? –
-Justin...tu sei sicuro di quello che mi hai detto? Vuoi davvero stare con me dopo il tour? –
- Mess ascoltami...tu sei la cosa migliore che mi sia successa in anni. Porca puttana, hai visto come ero conciato l'altra sera no? Probabilmente se non ci fossi tu che mi aspetti a Londra in questo momento starei pensando a quanto alcool potrei reggere e quanto tempo impiegherei a riprendermi prima dello show. Certo che lo voglio, voglio tutto quello che ti ho detto, ogni singola parola. –
Sorrido asciugando con la manica le lacrime che imperterrite mi solcano le guance. Basta Mess, tu non sei così, non sei una che piange per nulla, non lo sei mai stata e non ti rammollirai certo ora, alla soglia dei vent'anni e con il ragazzo migliore del mondo al tuo fianco, non te lo permetto.
E' ora che la Mess ironica, leggermente cinica e spavalda risorga dalle ceneri come una fenice, sarò la rivincita di me stessa.
- Mess, sei ancor lì? – chiede Justin apprensivo quasi.
- Sì e se proprio devo essere sincera non vedo l'ora che torni. Sai, mi sento molto sola quando non ci sei – pigolo torturandomi una ciocca bionda tra le dita.
- Ah davvero? – domanda sorpreso.

- Ah-ah, mi manca tutto di te –

- Definisci tutto piccola –

- Beh...potrei iniziare con le tue labbra, ma sarebbe troppo scontato, mmh, vediamo un po', le tue mani, la tua schiena, i tuoi capelli, ci sarebbero molte cose da elencare, ma non sono sicura che tu abbia il tempo di ascoltarle, credo che ti lascerò col beneficio del dubbio –

Lo sento ridacchiare, probabilmente avrà allontanato il telefono dall'orecchio come fa sempre – sarebbe più facile riassumere il tutto dicendo che ti manco perché hai un gran voglia di sbattermi –

- mmh, io non l'avrei messa proprio così, ma posso lasciartelo credere –

- Certo Mess, facciamo finta che non sia una cosa che vogliamo entrambi –
Ridiamo entrambi quando sento una voce in secondo piano che sembra ripetere il suo nome con veemenza.
- Pare che mi stiano chiamando – dice sospirando irritato.
- Già, pare di sì
- Guarderai l'intervista? –
- Sono già davanti alla tv –

****
Okay, papà deve aver preso questa cosa dell'intervista piuttosto seriamente dato che adesso siamo entrambi sul divano, Natalie sorridente tra le sue braccia e una ciotola di pop-corn in equilibrio precario tra le mie, per quanto riguarda la madre di questa sventurata creaturina non abbiamo sue notizie da ben due giorni, non che la cosa mi dispiaccia ovviamente, credo proprio che non la rivedremo per almeno altre ventiquattr'ore tempo nel quale potrei cambiare la serratura del portone oppure convincere mio padre a traslocare in America e cambiare nome, nel frattempo penso che chiamerò un fabbro.
La sigla di Ellen compare in tv e automaticamente sorrido memore di cosa mi aspetterà tra pochi minuti, infatti qualche istante dopo la folla sembra come impazzita e uno scrosciante rimbombo di applausi invade lo studio.
Ancor prima che Ellen stessa possa fare qualcosa per fermarli una testa bionda appare da dietro le quinte trascinando con sé un mazzo di fiori, il bastardo, a me non ha mai regalati.
Okay, non biasimatemi, non sto pianificando mille modi per polverizzare dalla faccia della terra la povera presentatrice ignara della furia omicida che la segue da casa, dopotutto non credo possa fare un pensierino sul mio ragazzo, avrebbe l'età giusta per essere sua nonna!
Ma è di Justin Bieber che stiamo parlando, chiunque ci farebbe un pensierino.
Il biondo si siede, un sorriso magnifico stampato sul viso – allora...-
- Allora, quando ti chiamato per venire fin qua non sembravi troppo felice – dichiara Ellen – c'è qualcosa, qualcuno, che ci stai nascondendo? –
- Non potrei mai –
- Oh il solito gentiluomo, che deve ancora scusarsi per aver declinato il mio invito a cena – scherza ancora, ma io sento di non star più scherzando in questo preciso momento.
Mio padre ridacchia divertito solleticando lo stomaco di mia sorella, anche lei sembra ridacchiare in questo momento – tesoro, sta solo scherzando, andiamo! Ellen Degeneres ha più del doppio dei suoi anni! –
- Non ho aperto bocca – esclamo zittendolo immediatamente.

- Ma Justin, mi è arrivata notizia che qualcuno sia stato in dolce compagnia in questi giorni, o mi sbaglio? Sembri proprio tu in quelle foto! – dice la zitella spelacchiata. Oh quanto vorrei poterti strappare quel toupé di capelli che ti sono rimasti.
Improvvisamente una slide di fotografie appare nel grande schermo alla parete e beh...quelli siamo proprio noi due. Ovunque.
Sulla panchina al parco dopo la visita a mio zio mentre gli bacio la fronte issata sulle sue gambe, in giro per Worcester e un sacco di altri scatti che non voglio nemmeno continuare a citare.
- Beh- esclama improvvisamente mio padre – sembra che tu non abbia nulla di cui preoccuparti apparentemente –
Lo guardo torva, nonostante l'imbarazzo colori le mie guance di un rosso paonazzo – continuiamo ad ascoltare ti prego – ah, adesso si prende gioco di me? – si sta facendo interessante -
Adesso è Justin a prendere la parola, senza togliersi quel dannato sorrisetto dalla faccia – che devo dire? Um...beccato? – ridacchia, oh piccolo Justin ridi adesso che puoi ancora farlo – già stiamo insieme da un po' ormai, ma non credo di essere riuscito a tenerlo nascosto, in realtà è una notizia già abbastanza discussa, ma mi sta bene, non ci sarebbe motivo di tenere le mie, nostre fan, che sono parti fondamentali nelle nostre vite, allo scuro di una cosa così felice –
- Da come ne parli sembra che tu sia innamorato –
E' l'occasione giusta di giocare il tuo jolly tesoro – devo essere sincero? Per quanto vorrei che questo rimanesse solo una cosa tra noi due ...-
- posso immaginarmi in quali situazioni – lo riprende Ellen facendolo ridere divertito.
- Um... stavo dicendo, per quanto vorrei tenere questa parte della mia vita privata lontana dai riflettori – risponde mimando un paio di virgolette con le dita – so che ci siamo entrambi completamente immersi e sono anche sicuro che in questo momento sia a casa, probabilmente con suo padre e sua sorella pensando a molteplici modi in cui farmela pagare, e che ci stia guardando, quindi già, colpevole –
- Definisci colpevole Justin –
Diamine! Quella vecchiaccia è la mia versione ultracinquantenne!
- Sono innamorato – ammette, giuro di aver visto un minimo di rossore sulle sue guance, ma sono troppo occupata a sentire il mio cuore galoppare ad una velocità pazzesca per poterne essere sicura – va bene, adesso che mi avete scoperto possiamo cambiare argomento...ehm-
- già possiamo, parlaci un po' di lei, ho saputo che è stata vittima di un bel po' di scandali ultimamente –
Oh che non si azzardi a...- beh, francamente non credo di essere qui per parlare di questo, non senza di lei almeno-
Mio padre annuisce sorridendo fiero, ho il presentimento che Justin gli piaccia ancor più di quanto non sia riuscito ad ammettere.
Improvvisamente un cigolio al portone interrompe la nostra quiete, la porta si spalanca un attimo dopo rivelando la figura di qualcuno che non avrei mai voluto rivedere.
Capelli neri lunghi fin sotto il seno, tubino cortissimo nero e attillato e un vago aroma alcolico percepibile anche ad un paio di metri di distanza, la puttana anche conosciuta come madre sconsiderata di mia sorella barcolla fino al tavolo del salotto appoggiandovisi per non cadere rovinosamente sul tappeto e rompersi un tacco.
- Dov'è la mia bambina?! – biascica ricordandosi improvvisamente di avere una figlia – oh eccola qui – ridacchia scorgendola tra le braccia di mio padre.
- Oh no! No no no, questo è troppo – decido di prendere la situazione in mano e beh, non solo quella. Con la mano bel stretta in un pugno attorno alle lunghezze dei suoi capelli la trascino lungo il corridoio fino al portone principale che, ovviamente, si era dimenticata di chiudere dopo il suo brillante, in tutti i sensi, ingresso – te lo dirò gentilmente, un volta sola e tutta d'un fiato, tornatene alla squallida topaia da cui sei venuta e levati di mezzo, non ti permetto di toccare mia sorella con i germi di chissà quale porco ninfomane sulle mani e un alito capace di far ubriacare anche un astemio –
- Sono sua madre stronzetta – esclama.
- Ah davvero? Te lo ricordi adesso oppure ti è passato per la testa anche in questi ultimi due giorni quando eri chissà dove a fare chissà cosa con chissà chi? – ed è quando non sento nessuna risposta che finalmente posso mettere in atto il piano che ho in mente da un po' di tempo, più o meno dalla prima volta in cui l'ho vista.
Chiudo la porta alle mie spalle e allungo la mano afferrando il tubo di gomma per irrigare il giardino, diciamo solo che non lo utilizzerò per dare acqua alle piante questa volta, infatti lo aziono esattamente sopra la sua testa senza neppure darle il tempo di riflettere, per quanto sia capace di farlo, su ciò che sta avvenendo – adesso asciugati e poi potrai entrare...forse- dico aprendo il portone e chiudendomelo alle spalle.
- Cosa le hai fatto? – ridacchia mio padre quando lo raggiungo in salotto, cercando però di riprendere un'espressione pressoché seria.
- Oh nulla di grave, la cosa peggiore che può capitarle è prendere un'influenza –
- Tu devi essere pazza – ride.
- Ho preso dal migliore –

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