C. E. Gadda - Parte 6

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da "L' Adalgisa" di Carlo Emilio Gadda

<<Un'idea, un'idea non sovviene, alla fatica de' cantieri, mentre i sibilanti congegni degli atti trasformano in cose le cose e il lavoro è pieno di sudore e di polvere. Poi ori lontanissimi e uno zaffìro, nel cielo: come cigli, a tremare sopra misericorde sguardo. Quello che, se poseremo, ancora vigilerà. I battiti della vita sembra che uno sgomento li travolga come in una corsa precìpite. Ci ha detersi la carità della sera: e dove alcuno aspetta moviamo: perché nostra ventura abbia corso, e nessuno la impedirà. Perché poi avremo a riposare.

Lucide magnolie specchiavano il lume delle prime gemme tremanti nel cielo: ma le ombre, frammezzo tutte le piante, si facevano nere.

La moltitudine delle piante pareva raccogliersi nell'orazione, siccome del giorno conchiuso doveva darsi grazie ad Alcuno, a Chi ha disegnato gli eventi, il nero dei monti dentro la infinità buia della notte. Gli alti alberi, immersi più nella notte, pensavano per primi. E gli arbusti, poi, e gli alberi giovani, che ancora sono compagni delle erbe folte e i cespi con turgidi fiori e tutti gli steli frammisti dell'arborea semenza riprendevano ancora quel pensiero che i grandi avevano inizialmente proposto. Non sembrava possibile rompere la meravigliosa unità di quel conoscere, la purità silente e stupita della comune preghiera. Quelle nature adempivano interamente e sempre alla lor legge, vivevano attrici, in sé medesime, di un'unica legge: che è la loro unica vita.>>

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