Capitolo 6: La maga

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Il galoppo dei cavalli si fece più lento, affannato, erano stanchi e del resto pure loro. Dafne sbuffa, è poco convinta, non vuole fermare nemmeno per un attimo quella missione, la missione che gli avrebbe liberati da Rever, se non l'avrebbero fatto sarebbero morti, come tutti gli altri. Lucas la guarda, sorride al vento, il suo pensiero non si sente, non si capisce, è muto e silenzioso. Nonostante ciò continuano la rotta, finché le bestie non sono talmente stanchi da cadere, svenire, morire.
<<Non possiamo fargli affaticare così, se continuiamo ci ritroveremo senza cavalli.>>
Dafne non risponde all'esitazione di Lucas, arrossisce, cala il cappuccio, smonta dal dorso del cavallo, spingendosi in un salto accavalcato verso la strada.
Incominciò a camminare sul asfalto così fu lo stesso per il suo compagno.
La città era nettamente buia, cupa, i lumi illuminavano le strade, qualche abitazione alta si affacciava sul paesaggio. A volte le finestre erano chiuse altre volte erano aperte e quando erano aperte si poteva intravedere l'interno.
Dafne si fermò a scrutare un piccolo palazzo dove si affacciava una bambina, i tratti delicati, gli occhi azzurri. Piange, lo sente, è triste, lo capisce dal fatto che le assomiglia, sembra lei quando era ancora una ragazzina. Le lacrime scendono lungo le candide guance, splendono sotto al chiaro di luna. Sottobraccio tiene una vecchia bambola, le manca un occhio costituito da un semplice bottone, ci gioca la tira davanti a sé, l'abbraccia. I capelli spettinati e rossi come il fuoco di entrambe, sorride, poi ricomincia il suo pianto, sembra un tutt'uno di follia, sembra una pazza. Ma Dafne la riesce a capire perché anche lei faceva così, anche lei era così, e forse, sotto sotto lo è ancora. Forse il suo atteggiamento da bambina innocente non è cambiato, è soltanto nascosto dalle armi. La fanciulla congiunge le mani una sopra l'altra, prega, resta a lungo nella stessa posizione, soltanto dopo cambia, si pettina la chioma di capelli piena di nodi con l'uso delle mani che mai le basterà per farsi una pettinatura decente. Gioca a contare le stelle, canta una lenta cantilena, in una lingua che Dafne non riesce a decifrare. Per poco non la commuove, per poco non urta i suoi sentimenti che negli anni sono mutati in un pezzo di ghiaccio inaccessibile. Vorrebbe essere lì, a consolarla, ma non può farlo, un'assassina non possiede pietà, non è debole di fisico tantomeno di cuore.
<<Resisti, non temere...>>
<<Cosa? Con chi parli?>>
Lucas la guarda incredulo, le contraccambia il suo sguardo con un leggero mormorio.
<<No...ecco...niente>> bisbiglia.
Continuano a vagabondare, passo dopo passo rimangono intrappolati tra i vicoli, e spesso sono vicoli ciechi. Le strade sono lunghe, infinite, eppure continuano a camminare, cercando la speranza del trovare un rifugio, qualcosa di nuovo.
<<C'è un passaggio...potremmo passare di lì.>>
<<Non sappiamo dove conduce.>>
<<Non importa, ci orienteremo.>>
Dafne non esita di più, annuisce, lasciandosi condurre da Lucas.
<<Spero che non sia una delle tue>> sorride sarcastica.
<<Sta tranquilla, so il fatto mio.>>
Il passaggio si fa via via più stretto, le pareti sono scavate in roccia, non ci sono più lumi, un buio fitto gli circonda.
<<C'è una piazza>> esclamano entrambi.
Era vero, un'ampia piazza, si nascondeva dietro l'angolo, è abbandonata.
C'è tanta di quella polvere, inizia a tossire bruscamente.
<<Che ti succede?>>
<<Niente di grave, è soltanto la mia allergia.>>
È antica, le case sono silenziose, le finestre sono rotte, i tappeti d'ingresso sono malridotti, Lucas gli scruta attentamente.
<<Sono di seta cucita a mano>> gli tocca con i polpastrelli <<penso che vengono da Oriente. A i giorni d'oggi sono fuori commercio.>>
Dafne non lo sta ad ascoltare, non le interessa quella noiosa conversazione, preferisce giocare con il bordo del mantello e allo steso tempo torturarsi le mani col pollice.
Lucas si alza, strizza gli occhi sforzandogli.
<<Non vedo altro, dobbiamo chiedere.>>
<<E a chi?>>
<<Non so...suppongo ad un passante...>>
Dafne le diede una leggera pacca sulla spalla:<<Lucas, forse non capisci>> finisce per urlare <<è un luogo deserto! Non ci sono passanti da anni>> successivamente lo scaraventa a terra violentemente.
A sua sorpresa un dito ruvido dall'unghia affilata le tocca la spala, si volta con cautela.
<<Chi è lei?>>
Un pezzo di stoffa le copre il capo, le mille rughe sul viso che la invecchiavano sempre di più, un paio di occhi gialli, le pupille sproporzionate, grandi e rosse ai contorni, la rendevano inquietante. Delle ciocche bianche oscillavano dalla fronte, non erano del tutto coperte dal pezzo di stoffa e questo le rendeva visibili.
Si appoggiava a un bastone, tremava.
<<Sono la padrona di casa>> il tono fremile ed enormemente debole.
<<Non prenderci in giro>> sibilla Dafne.
<<Non lo sto facendo.>>
<<Qua è stato tutto abbandonato in un tempo assai lontano.>>
<<Quanti anni credi che abbia, ragazzina?>>
Si avvicina con il suo bastone, passo dopo passo, non facendo il più infimo rumore.
<<Non vedo motivi per cui ci dovremmo fidare...>>
<<Non ho armi con me, nulla di nulla, siete stanchi, avete bisogno di riposo.
La mia è soltanto un'offerta.>>
<<Dove ci condurresti?>>
Lucas incominciò a seguire con un certo entusiasmo, lasciando la conversazione con una sconosciuta che aveva quel fare misterioso a Dafne.
<<Nella mia città.>>
Iniziò a sghignazzare:<<Non farmi ridere, vecchia.>>
<<Vorrà dire che non avrete nessun tipo di rifugio.>>
Le labbra secche, si muovevano come per miracolo, la dentatura del tutto assente.
Lucas fece segno a Dafne di accettare, lei ingoiò la saliva, non la convinceva affatto.
<<Accetteremo...>> Disse con quel tanto di schifo.
<<E tu?>> indicò Lucas. <<Chi sei?>>
<<Io sono...il suo ragazzo...>> Diede una gomitata a la sua compagna, lei lo guardò male, malissimo, sapeva che non avrebbe potuto dire la verità. Le abbracciò i fianchi da dietro, Dafne fu presa da una volontà di scansarsi ma non lo fece.
<<È stato così gentile che...ecco, ha voluto accompagnarmi fin qua.>>
<<Più si è, meglio è.>>
<<Arriviamo al dunque, dove sarebbe la "tua città"?>>
L'anziana alzò il dito, indicando il suolo.
Non capirono, rimasero allibiti, con lo sguardo fermo in quelle pupille anormali.
Pronunciò una formula, non chiara, indecifrabile.
Nello stesso punto del suolo che aveva indicato si aprì una botola in legno, una maga...
Era impossibile, del tutto impossibile, da quando Tryez era morta non c'era stata più nessuna maga e Tryez era morta molto tempo fa.
<<Allora, volete entrare?>>
Dalla botola si poteva notare una scalinata di gradini in marmo, incominciarono a scendere, la maga alle loro spalle.
Pronunciò un'altra formula ben diversa da quella precedente, si tranquillizzarono, un incantesimo di chiusura. E invece no. Si udì un galoppo di due cavalli, i loro cavalli. <<Non potevo lasciarvi scappare.>> Dafne e Lucas cercarono di tornare indietro.
Il corpo della maga lì davanti, mutava sembianze, era più alto, più forte, più magro, la vita snella lungo i fianchi, la dentatura ricresciuta perfettamente.
I capelli scoperti, lunghi e viola chiari sulle punte, viola scura verso il capo.
Gli occhi ancora più gialli, ancora più inquietanti, le labbra carnose, morbide, il volto privo di rughe, non necessitava più del bastone, lo lasciò cadere.
Di conseguenza anche le vesti cambiarono, gli stivali alti, i pantaloni corti e neri, la maglietta scollata, i muscoli sulle braccia, un velo che non toccava per poco a terra.
Una bacchetta impugnata nel braccio sinistro, scendeva delicatamente i gradini.
Sembrava aver ricuperato i suoi anni, una novantenne nel corpo di una ventenne.
Soltanto ad allora la botola si chiuse.

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