Quella sera ero seduta sulla panchina della stazione, stavo aspettando il treno delle 18:00 per tornare a casa. Avevo le cuffie nelle orecchie, come sempre, quando all'altoparlante sentii l'annuncio che diceva che il treno avrebbe portato tre quarti d'ora di ritardo. Annoiata mi rimisi l'altra cuffia e continuai ad ascoltare la mia musica. Dopo poco però, il 5% di batteria che mi rimaneva, mi abbandonò. Così rimasi lì, sola, a fissare un punto vuoto davanti a me.
Il tempo passò e arrivò il treno. Salii e mi misi a sedere nell'unico posto vuoto, accanto ad un ragazzo. Appena mi vide si girò a guardarmi: "è bellissimo" fu la prima cosa che pensai. Aveva gli occhi azzurri, freddi, di ghiaccio, che però trasmettevano sicurezza, e poi quel sorriso... quel sorriso da mozzarti il fiato... quel sorriso che pur non essendo perfetto trasmetteva un sacco di allegria. Cominciò a parlare: raccontava di sé, e chiedeva di me. Cominciai a raccontargli tutto, tutto quello che pensavo, liberamente, senza la paura di essere giudicata. Prima di quel momento non mi ero mai fidata così tanto di qualcuno.
Presto arrivò la mia fermata, e così a malincuore lo salutai. Lui sarebbe sceso a qualche fermata dopo.
Per la prima volta nella mia vita, ero davvero felice, avevo conosciuto una persona stupenda.
Cominciai a prendere abitualmente il treno delle 6 e tre quarti. Lo vedevo ogni giorno, e ogni giorno mi innamoravo sempre di più.
Cominciammo a uscire. Ci trovavamo sul mare, che a noi piaceva tanto su una scogliera a picco sul mare, in un punto che nessuno conosceva. "È il nostro piccolo segreto" mi sussurrava ogni volta. Rimanevamo lì ore a parlare, a guardare il tramonto, i gabbiani che volavano nel cielo azzurro che all'orizzonte si confondeva con il mare. Lui poi cominciò a dire quanto si odiasse. quanto fosse diverso da tutti, quanto non riuscisse ad accettarsi. Parlava, si confidava con me, fino a quando i suoi occhi di ghiaccio si sciolsero in un mare di lacrime. Lui in realtà era perfetto ma non sapevo come dirglielo: le parole mi si bloccavano sempre a metà della gola e rimanevo zitta.Passarono i giorni, i mesi e io mi innamoravo sempre di più ma lui era ancora più triste. Un giorno notai un livido sul suo polso ma non gli chiesi nulla. Avevo paura di essere troppo invadente. Mi autoconvinsi che era solo un ombra e tutti e due ci limitammo a guardarci, in silenzio.. non avevamo più niente da dirci. Ogni giorno ci trovavamo sempre lì, al solito posto e poi tornavamo a casa insieme, con quel treno delle 6 e tre quarti dove ormai, quasi un anno prima, ci eravamo conosciuti.
Era quasi estate e lui portava troppo spesso la sua felpa arancione però non gli chiesi mai nulla. Stavamo abbracciati sul bordo della scogliera, io sentivo il suo cuore e lui il mio che batteva solo per lui, l'unica ragione che avevo per vivere. Lui però questo non lo sapeva, non sono mai riuscita a dirglielo. Il tempo passava ancora e purtroppo arrivò quel giorno, quel 16 agosto e quando arrivai nel nostro piccolo nascondiglio segreto lui non c'era, c'era solo un biglietto... l'aveva scritto lui. Aveva l'abitudine di scrivere con il lapis e poi di ripassare con la penna cercando di cancellare i segni della matita sperando che nessuno se ne accorgesse. Sapeva che il lapis si poteva cancellare mentre la penna no; una volta scritto, non poteva più essere cancellato. Scriveva la sua vita in lapis, perché di quella non era mai sicuro, non era sicuro nemmeno di stare vivendo... ma quell' 'Addio' no, non lo scrisse in matita, ma subito in penna. Di quell'addio si, per una volta, era sicuro, sapeva che non si sarebbe più potuto cancellare, sapeva che una volta scritto, che una volta detto, sarebbe stato per sempre. Scoppiai a piangere!
Il giorno dopo sui giornali, c'era un articolo che parlava di un ragazzo che si era tolto la vita: era lui, si era suicidato lì, nel nostro piccolo nascondiglio segreto, proprio perché serviva per nascondersi dal mondo. Si era buttato giù da quella scogliera, dove guardavamo il tramonto insieme e i gabbiani che volavano. Il suo corpo non fu mai ritrovato, solo la sua felpa arancione che indosso ancora oggi, per sentire il suo profumo. Lui era perfetto, io l'amavo più di quanto amo me stessa. Lo amo ancora e si, ora glielo voglio dire "tu sei perfetto" "io ti amo, e ti amerò per sempre" lo urlavo sempre al cielo mentre mi trovavo lì, nel nostro piccolo posto segreto così chissà, magari un giorno mi avrebbe sentito. Ormai di lui mi rimaneva solo un ricordo, il ricordo di quegli occhi azzurri, che pur essendo di ghiaccio erano riusciti a sciogliermi il cuore, il ricordo di quel sorriso, del suo sorriso unico al mondo, il ricordo di quelle braccia, che quando mi abbracciavano mi facevano sentire a casa ma ormai era tutto solo un ricordo, un ricordo indelebile nella mia mente, che nemmeno il passare del tempo sarebbe mai riuscito a cancellare. Nessuna cosa, nessuna persona al mondo, sarebbe mai riuscita a colmare il vuoto che lui aveva lasciato dentro di me. Continuai a tornare lì, in quel posto tutti i giorni, e poi tornavo a casa prendendo quel treno delle 6 e tre quarti e mi sedevo sempre in quel posto dove sedeva lui il giorno in cui l'ho conosciuto.Amore mio,
ora è di nuovo il 16 agosto. É passato un anno da quando sei volato in cielo come un angelo. Tu eri un angelo, il mio angelo e la terra si sa, purtroppo non è un posto per angeli. Ora, mentre scrivo queste cose, sono qui, nel nostro posto segreto. Stasera non prenderò il treno delle 6 e tre quarti perché verrò a trovarti. Ti ricordi quando ti dissi "per sempre"? Ecco, io non scioglieró questa promessa, io voglio stare con te per sempre. Io non ho bisogno di scrivere 'Addio' perché il mio mondo sei tu e qui non sto lasciando nessuno. Adesso, con il pennarello indelebile, scriverò la cosa di cui sono più sicura in questo mondo e che non potrò mai cancellare "Aspettami, sto arrivando."
Tua, per sempre.
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Short StoryHo sempre amato osservare le persone, immaginare la loro storia, osservarli perdersi in qualche ricordo o in qualche pensiero, vederli sorridere di sfuggita sperando che nessuno se ne sia accorto, sospirare guardando il vuoto o persino battere i pol...