Questione di sguardi

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Lo incontrai un giorno di ottobre: per la prima volta lo scorsi appoggiato alla colonna all'esterno della scuola.
Sembrava un ragazzo di altri tempi, sempre sulle sue e con lo sguardo sperso ricordando chissà quale momento. Col tempo capii che non mi sbagliavo affatto.
Ci conoscemmo per puro caso, scambiando all'inizio battute innocenti con i suoi amici. Ci conoscemmo per puro caso, sì, ma fu il 'caso' migliore che mi potesse mai capitare.
La sua voce era un qualcosa di indescrivibile, roca ma allo stesso tempo ti trasmetteva dolcezza e forse anche insicurezza. Anche qui non mi sbagliai per nulla. Era ed è tutt'ora il ragazzo più timido che io abbia mai conosciuto.
Ma le cose proseguirono con calma, ci scambiammo quello stesso giorno i numeri di telefono e subito iniziammo a parlare. Non avevamo molti punti comuni: a me piaceva il nero a lui il bianco, io ascoltavo il rock e lui il metal, io ero una ragazza solare e lui introverso. Eravamo completamente opposti secondo alcune persone eppure avevamo qualcosa che ci legava, forse il fatto che in passato nessuno di noi due avesse incontrato qualcuno che fosse rimasto e ci speravamo ancora. Io speravo che fosse lui il mio 'ne vale la pena' e ci spero tutt'ora.
Ci vedevamo ogni mattina alla solita colonna, vicino le scale all'ingresso. Divenne il nostro punto d'incontro anche all'uscita.
Avete mai provato la sensazione di voler far trascorrere velocemente il tempo per incontrare una persona? A me accadeva ogni fottuto giorno e col tempo iniziai persino a domandarmi quanto fossi stupida a fidarmi di una persona che non conoscevo per nulla.
Io ero di prima e lui di terza, seguivamo corsi diversi e non sempre gli orari corrispondevano. Nonostante ciò non perdevamo mai l'occasione per incontrarci, anche solo di sfuggita o per un semplice abbraccio. I suoi abbracci erano il mio rifugio preferito, mi ci perdevo sempre. Anche con la pioggia o con il vento, lo aspettavo impaziente all'esterno per bearmi anche solo di pochi secondi del calore tra il suo collo e la sua spalla. Glielo sussurravo spesso, strofinando la punta del naso contro la sua maglia, quanto mi sentissi nel posto giusto in quei momenti.
Forse ad essere sbagliata ero proprio io.
Col tempo le cose iniziarono a cambiare: amavo sempre di più il suo carattere tanto da innamorarmi anche di lui. Lo capii quando, dopo avermi preso la testa e aver appoggiato le nostre fronti l'una contro l'altra, annegai nelle sue iridi scure facendomi mancare il fiato.
I suoi modi di fare, la sua costante insicurezza e il suo bisogno di proteggermi divennero parte della mia quotidianità.
Iniziai ad essere gelosa nei confronti di chiunque si avvicinasse a lui, a riempirlo di domande su cosa facesse e con chi parlasse. A un solo dettaglio non davo importanza, il fatto che fosse fidanzato.
Ci conoscevamo ormai da tre mesi, credevo di essere diventata importante per lui dopo tutti i momenti che avevamo condiviso... e invece no. Pochi giorni dopo litigammo come non mai, mi urlò contro parole più taglienti delle lame e le lacrime che versai in seguito non le avevo mai versate per nessuno. Scoprii che mi considerava una delle tante che vanno e vengono, mi urlò contro quanto fossi sbagliata e che non voleva avere nulla a che fare con me.
I giorni e i mesi a seguire divennero monotoni.
Lui aveva conosciuto nuove ragazze con cui uscire e confidarsi ed io rimanevo ogni mattina in disparte a guardarlo. Capitava, per caso, che i nostri sguardi si incontrassero ed i brividi che percorrevano la mia schiena erano gli stessi di quando lo vidi per la prima volta. Ero certa che la stessa cosa pensasse lui: vedevo come cercava il mio sguardo tra la gente e, quando lo trovava, perdevo  qualche battito.
Bastava guardare come ci fissavamo, e di nascosto sorridevamo, per capire che l'uno non sarebbe esistito senza l'altro.

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