I.

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I.

My past is my own.

(Black Widow)

Somewhere in Siberia, Russia.

61°N, 99°E.

Thursday, 3rd December 2015

11.37am

Faceva freddo, persino per lei. Si concesse di muovere una mano per aggiustarsi il cappuccio bianco sulla testa. Era un buon modo per non mandare il braccio in ibernazione e in più non poteva certo permettersi di lasciare dei riccioli rossi scoperti. In mezzo alla neve sarebbero stati l'equivalente di urlare ai nemici per avvisarli della sua presenza. No, lei era stata addestrata meglio di così. Sdraiata immobile sulla neve di un piccolo rilievo di una valle lontana da ogni segno di civiltà, vestita totalmente di bianco per confondersi con il manto candido che copriva la terra, Natasha Romanoff era un predatore pronto a saltare sulla preda. O in questo caso, a spararle. Tutto sembrava tranquillo, tuttavia, i nemici del giorno tardavano a presentarsi. Odiava aspettare, perché le dava modo di pensare, e pensare non era un bel passatempo, non quando si aveva un passato come il suo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter dimenticare tutto, per non essere costretta a rivedere ogni notte gli occhi vacui di chiunque avesse avuto la sfortuna di incrociare la sua strada, la Stanza Rossa e i suoi esperimenti. Da quando aveva lasciato lo SHIELD, anche quello portava solo brutti ricordi. Tutti si erano stupiti della sua improvvisa partenza: tutti meno May. Lei poteva capirla a fondo, sapeva cosa volesse dire non potersi sentire a casa da nessuna parte. Sapeva cosa volesse dire non poter essere felici. Lo stesso concetto di felicità sembrava non essere per lei... Era una maledizione, una costante della sua vita. Non era possibile per lei essere felice. Certo, per un breve periodo lo era stata, con Clint... O era ciò che mi dicevo.

Tutto d'un tratto, scorse un movimento a circa duecento metri da lei. Un uomo, vestito di nero, che correva. Era indubbiamente il suo obiettivo. Igor Vasnetsov, 45 anni, residente a Mosca. Una moglie, due figlie di dieci e sette anni, vita apparentemente tranquilla. Tutta una copertura per nascondere il suo lavoro nella Stanza Rossa. Lo S.H.I.E.L.D. pensava che non esistesse più, ma lei conosceva troppo bene il programma per crederci. La Stanza Rossa non poteva semplicemente smettere di esistere, era troppo radicata negli anni, la sua storia era impregnata di talmente tanto sangue da risultare impossibile da cancellare. Non biasimava certo lo S.H.I.E.L.D.. Non si poteva comprendere a fondo a meno che, come lei, non si fosse parte di essa. Lei, come molte, troppe, altre ragazze, era cresciuta nella Stanza Rossa. Le avevano insegnato a non avere un'altra casa se non quella, aveva dovuto giurare fedeltà a coloro che la avrebbero uccisa senza problemi. Lei come le altre sarebbero per sempre state legate alla Stanza Rossa, loro erano la Stanza Rossa.

Era cominciata dieci mesi prima, quando ancora lavorava allo S.H.I.E.L.D.. Erano arrivati all'ufficio di Fury dei fascicoli su una serie di omicidi, uno di quei casi che l'FBI rifilava sempre a loro perché non aveva voglia di occuparsene. Le circostanze degli accaduti erano simili tra loro, e qualche agente era stato mandato in Russia, luogo dei delitti, per accertarsi che fosse tutto nella norma. Nessuno di loro aveva mai fatto ritorno. Dal Triskelion erano partite le ricerche, erano stati contattati scienziati, i fascicoli avevano raggiunto i piani alti. C'era chi sosteneva che i colpevoli fossero dei dissidenti neo-staliniani, chi sosteneva che invece fossero agenti dell'HYDRA, chi sosteneva che fossero solo un gruppo di sicari che cercava di farsi una reputazione. Lei non avrebbe nemmeno dovuto vedere quei file, non aveva l'autorizzazione. Le era casualmente caduto l'occhio sopra durante una riunione con il direttore, e solo dalla quantità di "Top Secret" e caratteri cirillici scritti sopra, le era sembrato da subito sospetto. Il pensiero di quella cartella l'aveva perseguitata per tutto il giorno e la notte seguenti, e la mattina seguente si era infiltrata nell'ufficio di Fury, evitando le telecamere e raggirando i sistemi di sicurezza con i suoi soliti trucchi. Aveva fotocopiato i file, facendo ben attenzione a non lasciare tracce del suo passaggio, nemmeno impronte digitali, ed era tornata a casa a esaminarli. Quella sera aveva a mala pena degnato Clint di uno sguardo e saltato cena per leggerli tutti. Nel mezzo della notte, quando il silenzio era interrotto solo dal lieve russare di Clint dall'altra stanza, li aveva già riesaminati svariate volte e non aveva dubbi: la mancanza di impronte o di tracce, lo spargimento minimo di sangue, la scarsità di testimoni di qualsiasi avvenimento fuori dalla norma, la scomparsa totale degli agenti mandati a indagare, persino le date e i luoghi dei delitti riconducevano tutto ai metodi che utilizzava lei da giovane, ergo ai metodi della Stanza Rossa.

Black Widow: Forever RedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora