And the most terrifying question of all
may be just how much horror
the human mind can stand
and still maintain a wakeful,
staring, unrelenting sanity.
(Stephen King)
Russia, 1939
Natalia si svegliò di scatto mettendosi a sedere sul letto, lanciando un gemito dovuto allo strattone che aveva dato alle manette che ancora la obbligavano a indossare e che la tenevano legata alla testiera del letto. Cercò di regolarizzare il respiro mentre si massaggiava il polso dolorante. Aveva la fronte imperlata di sudore e i brividi le scendevano su tutta la schiena. Erano ormai diverse settimane che era tormentata dagli incubi, ma non come quelli che non l'avevano lasciata dormire nei quasi quattro anni dopo aver ucciso le sue compagne. No, questi erano diversi... Compariva sempre una donna dai capelli rossi, che ormai Natalia era quasi convinta essere sua madre. Ogni notte la vedeva sempre più nitidamente, per tanto aspettava quasi con ansia le notti, attendeva con ansia l'arrivo degli incubi. La vedeva ogni notte in una stanza piena di libri, vestita di bianco, che si girava verso di lei e le sorrideva, un sorriso bellissimo, e ogni notte Natalia provava ad avvicinarsi per vederla più da vicino, per abbracciarla, ma appena arrivava a pochi passi da lei il vestito bianco si colorava di macchie rosse, il sorriso si contorceva in una smorfia di dolore e la bambina si sentiva portare via da un'ombra, mentre l'urlo di sua madre si diffondeva tutto intorno. Solo a quel punto si svegliava, le guance rigate dalle lacrime. Consapevole che non sarebbe più riuscita a dormire, si lasciò cadere sul duro materasso. Era arrivata così vicina quella notte, era quasi riuscita a vederla bene. Si girò nel letto, solo per trovarsi faccia a faccia con la sua vicina di branda, la ragazza bionda che era riuscita a sconfiggerla e che solo qualche mese dopo l'incontro aveva scoperto chiamarsi Oksana. La stava fissando con il solito sorriso falso e all'apparenza innocente, da brava ragazza, ma in realtà canzonatorio. Assunse una finta aria dispiaciuta.
-Di nuovo gli incubi, piccola Natashen'ka?
Natalia alzò gli occhi al cielo.
-Niente di peggio che vedere la tua faccia come prima cosa al mattino. E il mio nome è Natalia.
La bionda ridacchiò, per niente turbata.
-Povera Natashen'ka, ti manca la mamma?
Natalia si irrigidì. Come faceva a saperlo? Aveva forse urlato nel sonno? Decise di batterla sul suo stesso campo.
-Più o meno quanto a te manca il tuo papochka.-Vide il sorriso dell'altra tentennare e contrarsi. -Se vuoi giocare a questo gioco con me, sii almeno sicura di non piangere tutta la notte sui tuoi incubi e soprattutto non assumere che gli altri siano troppo stupidi per accorgersene, Oksanochka.- Pronunciò il nomignolo con voce più marcata, segnando così la propria vittoria. L'altra le rivolse un sorriso mellifluo, ma non disse più niente e si coricò nuovamente nella sua branda, girandosi dall'altra parte. Approssimando un sorrisetto per la vittoria, rimase a fissare il soffitto, pensando a cosa l'aspettava quella giornata. Non sapeva che giorno fosse, non era loro compito conoscere data e ora, ma si regolava secondo gli impegni. Quel giorno c'era l'allenamento, ma purtroppo non quello singolo. Sbuffò al pensiero di dover di nuovo passare del tempo con Oksana. Detestava ammetterlo, ma era l'unica con cui non avesse vittoria facile. Negli ultimi anni, era molto migliorata nel combattimento ed era ormai capace di battere tutte le ragazze ancora in vita, anche le più grandi, sfruttando la loro forza e la loro statura contro di loro. Aveva battuto anche le nuove, arrivate negli ultimi anni. Ormai erano in ventotto, e lei riusciva a sopraffarle tutte. Tutte, tranne Oksana. Lei era diversa, in qualche modo riusciva a prevedere le sue mosse. Natalia non l'avrebbe confessato ad alta voce nemmeno sotto tortura, ma i combattimenti con la bionda erano quelli che preferiva. Le dava del filo da torcere, e spesso aveva la meglio su di lei. Doveva davvero impegnarsi per batterla ed era stimolante. Sarebbe stato quasi divertente, se Oksana avesse messo a tacere quella voce svenevole con cui la canzonava. Anche se Natalia sapeva che faceva parte della tattica dell'avversaria per far perdere la calma allo sfidante, non riusciva proprio a sopportarlo. Non invidiava i suoi futuri target. Per tenere la mente impegnata in attesa dell'ora di svegliarsi, iniziò a ripetere mentalmente le battute di quel film in inglese che le facevano vedere per farle imparare la lingua, Biancaneve. Odiava quelle lezioni, usciva sempre dalla sala con una sensazione di malessere, eppure i superiori dicevano che era importante che lo guardassero fino a quando avessero imparato per bene il significato. Solo diversi anni dopo scoprì che ciò a cui si riferivano veramente erano le parole nascoste nei fotogrammi, il cui unico scopo era intaccare il loro cervello e impedire a loro di ribellarsi contro la Stanza Rossa.
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Black Widow: Forever Red
FanfictionATTENZIONE: Non è una traduzione del libro "Black Widow: Forever Red". Avendolo letto, mi sembrava che ci fosse troppo poca attenzione su Natasha, e allora ho deciso di riscriverlo con tutta un'altra trama. Natalia Alianovna Romanova, Natasha Roman...