II.
But if you close your eyes,
Does it almost feel like
nothing changed at all?
(Bastille – Pompeii)
Russia, 1934
La ragazzina con i capelli rossi non riusciva a smettere di tremare nell'angolo buio in cui era rannicchiata. La stanza era scura, si potevano a mala pena distinguere i contorni delle pareti e dei due armadi addossati al muro. Eccetto per quelli, la stanza era spoglia. La pochissima illuminazione era fornita da uno spiraglio di luce che usciva dalla porta socchiusa, dall'altra parte rispetto a lei. Ogni tanto poteva vedere delle sagome che si muovevano. Sapeva di non essere sola: poteva sentire l'eco di altri pianti sommessi, sentiva qualcuno farfugliare parole sconnesse. L'unica cosa che poteva dire con certezza è che nessuno in quella stanza era un adulto. Avrebbe voluto alzarsi e andare dagli altri, chiedere cosa ci facesse lì, cosa fosse quel posto, qualsiasi informazione, ma era come paralizzata. Le ginocchia serrate al petto, gli occhi offuscati dalle lacrime che minacciavano di scendere, il tremore incontrollabile le impedivano di compiere qualsiasi movimento. Non riusciva a formulare un pensiero logico. La sua mente era dominata dalla confusione, nemmeno si ricordava la propria identità, se avesse una famiglia, come fosse arrivata lì. Aveva dei ricordi molto frammentari, ma non riusciva a scindere la realtà da quello che sembrava più un sogno. Vedeva una donna dai capelli rossi piangere, si vedeva trascinata da un'ombra, mentre un uomo dai capelli disordinati la portava via, sentiva i propri urli come un'eco nei suoi pensieri. Non aveva idea di chi fossero le figure che popolavano quei pensieri e con ogni secondo che passava, le immagini si annebbiavano sempre di più, come se fossero impresse su una tela i cui colori si stavano lentamente sciogliendo sotto la pioggia. La porta davanti a lei si spalancò, lasciando entrare altra luce e provocando un paio di urli spaventati provenienti da vari punti della sala. Per qualche secondo le fu impossibile respirare e dovette raccogliere tutte le sue forze e fare appello a tutto il proprio autocontrollo per riuscire a calmarsi abbastanza da prendere aria. Una figura in nero entrò dalla porta e si diresse verso il centro. Era ormai la terza volta che ciò accadeva, da quando lei si ricordava di essere lì. Per la prima volta, tuttavia, riuscì a girarsi verso l'uomo e vedere gli altri presenti in quella stanza: come aveva già intuito, erano tutti bambini. Anzi, bambine per essere precisi: non vedeva l'ombra di un maschio. A prima vista, tuttavia, sembravano tutte più grandi di lei di almeno un paio d'anni. Non che lei si ricordasse la propria età, d'altra parte. Analogamente alle volte precedenti, l'uomo prese per mano una bambina che aveva l'aria troppo terrorizzata per sembrare in grado di opporre resistenza. Dal suo angolo lei la osservò un secondo, per imprimerla nella memoria in modo da riempire quel vuoto che regnava nella sua testa. La bambina doveva avere non più di dieci anni e aveva un aspetto piuttosto emaciato. Non era particolarmente alta, ed era magra come solo qualcuno che ha patito la fame può essere. I suoi lunghi capelli biondi erano sporchi di fuliggine e tagliati irregolarmente in più posti. I grandi occhi grigi erano sbarrati e il viso pallido era incrostato di sporco e in certi punti anche una sostanza rossa che non poteva essere che sangue. Indossava quello che una volta doveva essere stato un vestito di bassa lega, ora ridotto a straccio. Non portava scarpe ai piedi e zoppicava visibilmente. L'uomo la condusse fino alla porta, che stavolta venne richiusa dietro di lui in modo da togliere tutta la luce nella stanza. Lei sospirò, mentre intorno a lei riprendevano i piagnistei isterici. Nessuna delle bambine che avevano superato quella porta erano state ricondotte nella stanza: dove le portavano? Strinse ancora di più le ginocchia al petto e soppresse un singhiozzo. Sapeva perfettamente che nessuno l'avrebbe sentita in quel marasma, eppure non voleva dare il minimo segno della sua presenza. Si appiattì contro il muro, chiusa su se stessa, e cercò di non badare all'atmosfera di tensione e paura che regnava in quella stanza.
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Black Widow: Forever Red
ФанфикATTENZIONE: Non è una traduzione del libro "Black Widow: Forever Red". Avendolo letto, mi sembrava che ci fosse troppo poca attenzione su Natasha, e allora ho deciso di riscriverlo con tutta un'altra trama. Natalia Alianovna Romanova, Natasha Roman...