Capitolo 1

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Ero un normale ventitreenne in preda a quell'entusiasmo giovanile di vivere la vita al massimo, di immergersi nella bellezza del mondo, di lasciarsi trasportare da qualunque cosa fosse in grado di emozionare, di cedere a quella voglia di fare esperienze indimenticabili, quelle da raccontare a tutti quando sai di non aver più l'età per farne di nuove.
Vivevo in una casa con mio fratello di 26 anni allora, abitavamo in un paesino dell'Abruzzo, vicino Chieti. Era un posto tranquillo e sereno, dove le cime sporcate di bianco dei monti si confondevano tra nuvole che distratte ne coprivano la loro bellezza.
I miei genitori ci avevano pagato questa casa, ritenendo che fosse il posto ideale per dedicarsi agli studi, mentre loro trascorrevano il loro tempo viaggiando per il mediterraneo in barca a vela.
Certo, un appassionato classicista come me avrebbe preferito viaggiare per le isole greche, vedere Atene, mettere piede nel Peloponneso, ma anche quel paesino non era male.
Lo adoravo in tutte le stagioni: dal bianco che lo accarezzava d'inverno, al verde primaverile degli alberi che si rifletteva nel fiume che attraversava tutto il paese. Amavo fare il bagno d'estate nell'acqua gelida proveniente dalla cascata e le mille tonalità dell'autunno... Era tutto magnifico. Lì mi sentivo in pace, era decisamente il luogo adatto ad un animo sensibile e in costante subbuglio, come il mio.
La nostra famiglia era di origini inglesi ed è sempre stata abbastanza facoltosa, tanto da permettersi un insegnate privato.
Si chiamava Leonardo Greco, il che era abbastanza interessante. Un nome che condensava l'immensa cultura di quell'uomo. Leonardo mi faceva pensare al Da Vinci, all'arte italiana, e il suo cognome era davvero appropriato ad un maestro come lui che conosceva e spiegava il greco con tanta abilità da farlo sembrare semplice.
E così dall'età di 15 anni passavo le mie giornate a chiacchierare con quell'uomo, a parlare della nascita dell'Impero Romano, o ad ascoltare la lettura di un passo dell'Iliade. Ma in assoluto amavo discutere con lui di filosofia: Socrate, Platone, Aristotele e chi più ne ha più ne metta, riuscivano a incantarmi totalmente.
No, non ero un nuovo Leopardi, uno che passava la sua vita sui libri. In realtà sui libri davvero ci stavo anche poco, ma ero affascinato dalle spiegazioni di quell'uomo, era in grado di attrarre la mia attenzione sull'argomento più odiato da qualunque studente.
Ero stato fin da sempre un ragazzino curioso, forse fin troppo.
Ma ci fu un momento in cui quella curiosità raggiunse l'apice e divenne incontenibile.
Era un calmo pomeriggio di metà settembre, ero a casa seduto a un tavolo, di fronte a me il maestro Greco.
Stava parlando di come era nato il suo amore per le lettere classiche. Il suo enorme interesse sfiorava il fanatismo. Pensai che per quello fosse un uomo solo, senza né una moglie né una figlia. Era in grado di discutere solo su argomenti inerenti al suo studio.
Ne discuteva con tale emozione da affascinarmi e coinvolgermi, dopotutto frequentavo la facoltà di lettere e ne ero appassionato anch'io.
Il tutto era nato da una mia domanda, sorta durante la mia preparazione per un esame universitario di filologia. La mia mente divagò un po' e gli domandai senza troppi scrupoli quale fosse il suo progetto.
-che intendi di preciso, Alexander?- domandò serio e si fece improvvisamente più nervoso, forse per la mia impertinenza.
-L'uomo aspira sempre ad avere uno schema di vita da seguire. Tutti ne hanno uno, no?
L'uomo ama tutto ciò che è imprevedibile, sospeso, libero ma non sa nascondere a lungo di aver bisogno di certezze. È la stessa logica che usiamo con le donne: le più affascinanti sono sempre le più volubili e lunatiche: irraggiungibili. Ma improvvisamente ci accorgiamo che le più semplici sono anche quelle che ci procurano meno guai e ci sembrano diventare attraenti.- feci una pausa per poi raggiungere il nocciolo della questione -Io, signor Greco, non parlo di donne al momento ma in nome di tutto ciò che lei mi ha fatto conoscere le posso assicurare che sono innamorato di una vita che possa essere tutto, meno che un semplice schema che chiunque è in grado di seguire.-
Ero solo un giovanotto poco più che ventenne, quale idea chiara avrei mai potuto avere sul mio futuro? Ma, diamine, quello che avevo appena confessato era la sola cosa di cui ero certo.
- È normale alla tua età, Alexander. Ma anche il tuo ora, per quanto incompleto e forse folle, è un progetto.- rispose, mettendomi dinanzi ad una verità indiscutibile.
- Il suo qual è?- azzardai un'altra domanda mirata.
- C'è chi lo definisce scopo, chi preferisce chiamarlo sogno, chi, come hai detto tu, progetto di vita... Sfumature che definiscono meglio l'ambizione di chi le usa che il concetto di vita in sé. -
- La sua invece com'è?- continuai con quell'indagine, osando e forse infierendo troppo su una persona così riservata come Greco. Era la prima volta che capitava.
- La mia, Alexander, è una battaglia.- dichiarò con fermezza, facendosi improvvisamente più serio e austero.
- E se il mio fosse solo un sogno?- domandai impertinente.
- Se i sogni sono un illusione, nella vita ce la fa solo chi si illude di potercela fare.- rispose aridamente, come se fosse una citazione recitata in maniera apatica. Aveva lo sguardo distante, perso nel vuoto e una strana punta di sorriso gli arricciava le labbra.
- Essere liberi e padroni della propria vita, senza controllare di fatto nulla. È un'idea estremamente seducente. Si tratta solo di prendere in mano ciò che ci appartiene, no?- pensai ad alta voce, rivolgendo lo sguardo ai miei libri, sparsi in giro per la stanza e l'intera casa.
- Sì, si tratta solo di prendere in mano ciò che ci appartiene.- rispose accentuando quel sorrisino appuntito che aveva prima accennato.
Ma se quella risposta risultò un po' inutile, il suono di quelle lettere risultò quasi stridulo
alle mie orecchie. Si accorse della mia reazione e cambiò gradualmente atteggiamento.
- Alexander, ognuno di noi spende la propria vita come meglio crede. Non seguire schemi predefiniti da altri, non agire mai con la loro testa. Tu sei diverso. C'è chi non si stanca mai di esserlo. C'è chi è semplicemente troppo curioso e vuole solo provare a vedere cosa si prova ad uscire dalle righe. E per farlo è disposto a tutto.- mormorò guardandomi negli occhi.
-Sono sicuro che lei è fra questi... Lei è diverso. Lei ha dedicato la sua vita alla letteratura e alla filologia. È questa la sua vera "battaglia": riportare nelle nostre mani qualcosa che, nonostante il tempo, appartiene a noi in modo imprescindibile.- insinuai certo delle mie parole.
Improvvisamente si fece scuro in volto e assunse un'espressione poco tranquilla.
- Dimmi che cosa vuoi sapere, Alexander. Ti conosco e so che stai cercando di chiedermi qualcosa.- rispose arrendendosi alla mia curiosità, accennando un'espressione dolce sul volto. Era ormai abituato a situazioni di quel tipo con me.
Mi alzai dalla sedia, dirigendomi verso un cassetto della mia scrivania. Nel disordine lì dentro, dopo qualche minuto speso a tirar all'aria cartacce che in quel momento erano insignificanti, la trovai: una pagina di giornale piegata distrattamente. La porsi al signor Greco che allungò la mano con un'espressione stranita.
Iniziò a leggerne il contenuto, gli bastò qualche secondo per capire di cosa si trattava.
Avevo fatto centro. Lui sapeva ciò che avevo bisogno di sapere.
- "Pagine nascoste".- leggendo scandì quelle parole lentamente, con attenzione.
- Mi parli di questo. Cosa sono, di chi sono, chi le ha scritte. Voglio sapere.- lo esortai serio.
- perché, Alexander?-
- ha letto quell'articolo, c'è gente che vuole provare a trovarle. Lì dice che una loro accurata analisi porterebbe alla scoperta di qualcosa di sensazionale, una scoperta che varrebbe tantissimo.- replicai serio.
- Alexander, tu e la tua famiglia siete gli ultimi ad aver bisogno di soldi.- tentò di deviare l'argomento, pur sapendo che non funzionava con me. Era perfettamente a conoscenza che non lo facevo per soldi, né tanto meno mi riferivo al denaro parlando di valore.
- Non si conosce nulla in merito a queste "pagine nascoste", eppure se ne parla sui giornali. Perché sono tanto importanti? Cosa nascondono? - continuai ad insistere sorpreso da tutta quell'aria di mistero che il signor Greco stava creando.
Se continuava a tacere sull'argomento un motivo ci doveva pur essere e io volevo solo scoprire quale fosse.
- Ecco a cosa ti serviva quel pezzo di quel giornale che mi hai letteralmente strappato di mano... Posso dire una cosa?- dalle mie spalle udii la voce irritante di mio fratello. Ecco lui era esattamente il mio opposto. Odiava qualunque cosa si potesse studiare, e non sopportava quelle che definiva "fandonie" del signor Greco. Passava il suo tempo tra una festa, una piacevole compagnia femminile, e una provocazione nei miei confronti. Non sapeva fare nient'altro... Mi chiedevo spesso come fosse possibile che noi fossimo fratelli.
- non è il momento, Edward.- sbottai irritato dalla sua presenza in quel momento. Solitamente a casa non c'era mai, doveva essere presente proprio ora?
- tanto lo dico lo stesso: sei patetico, trovati altro da fare invece che correre dietro a cose vecchie di cui non importa a nessuno.- accennò con tanto di risolino fastidioso.
Feci ricorso a tutte le mie forze per cercare di ignorarlo. Feci un respiro profondo.
- Forse è il caso che ne parliamo in un altro momento magari, ora devo andare Alexander. La lezione è finita.- annunciò il mio insegnante raccogliendo le sue cose e fuggendo visibilmente via.
Mi alzai di scatto dalla sedia, inseguendolo.
- Aspetti. Abbiamo qualcosa in sospeso noi due.- aggiunsi quando fu sull'uscio della porta.
Si voltò rivolgendomi uno sguardo ambiguo, del tutto incomprensibile per me e corse via.
Chiusi con forza la porta dalla quale era uscito.
Cosa stava nascondendo? Fino a ieri mi fidavo ciecamente di lui, e ora?
Non doveva essere un argomento come gli altri, degli altri avevamo sempre parlato senza alcun problema.
Mi tirai i capelli indietro con una mano cercando il mio pacchetto di sigarette sul tavolo pieno di fogli e libri lasciati lì dopo la lezione. Lo trovai sotto una cartellina. Lo aprii e ne presi una, accendendola con l'accendino che portavo nella tasca destra dei miei jeans larghi strappati.
Dopo averlo chiuso, riposi il pacchetto sulla cartellina, accorgendomi solo in quel momento che quella non apparteneva a me.
E se non era la mia poteva essere solo di Greco.
La aprii con fervore per controllare cosa contenesse.
C'erano un paio di fogli, pieni zeppi di diversi indirizzi web.
La cartellina aveva un titolo: "ricerche sulle pagine nascoste".

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