7 CAPITOLO

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Uscito dal carcere di San Vittore, Joseph riportò la bicicletta alla Tavola Calda e qui Gino gli disse che gli assassini di Domitilla erano stati arrestati. Mirella intervenne con aria inquisitoria:" la conoscevi? Dicono che era una maga e che aveva previsto la sua tragica morte! Ma... è vero? ". Non ottenne nessuna risposta, così continuò ad interrogare il silenzioso Joseph. " E... quella super testimone? Non è la Jana che lavorava da noi? ". Joseph, con un'espressione cupa sul viso, rispose:" sì, era una sua amica. Io, però, la conoscevo poco. ". Mirella riprese ad elaborare le sue considerazioni personali. " Eh, eh! Lo sapevo io che quella lì conduceva una doppia vita! Ho fatto benissimo a licenziarla! Figurati che Gino mi ha tenuto il broncio per un'intera settimana! Fortunatamente ha dovuto ricredersi! ".
" Hai fatto malissimo, invece! Jana è una brava persona e se fosse rimasta qui, non avrebbe scelto per forza di cose la vita di inserviente alla casa d'accoglienza! ". Joseph si rivolse a Mirella con un tono di voce seccato ed impertinente che, però, non sconfortarono la malignità della donna, la quale aggiunse con cattiveria:" guarda, guarda! Il signorino la difende pure! È proprio vero che fra barboni ci si intende!". Joseph finse di non sentire e, per non litigare con la moglie del suo amico, cercò di tagliar corto e si rivolse a Gino dicendo: " ho risposto nell'atrio la bici. Ora devo scappare! Ti ringrazio, Gino! Sei un vero amico! ", e se ne andò via pensieroso e irritato.
Dopo aver camminato a lungo si trovò, senza rendersene conto, in Piazza Duca d'Aosta e il suo pensiero era costantemente rivolto a Jana. " Se i due assassini sono stati arrestati ora può uscire allo scoperto, senza avere paura di una loro possibile vendetta. Forse presto si farà viva!". Camminava lungo il marciapiede ed osservava il messaggio che aveva scritto sulla facciata della stazione centrale, quando una volante dei vigili lo affiancò e due agenti in divisa lo fermarono. Uno dei due scese dalla macchina e disse:" finalmente ti abbiamo trovato! È tutto il giorno che ti stiamo cercando! ". Joseph, stupefatto da quelle parole, li squadro' con aria interrogativa.
" Devi assolutamente seguirci in questura! Il pretore deve parlarti di una cosa molto importante.".
"Siete sicuri? Non è che, per caso, avete sbagliato persona?! Io non ho fatto niente! E poi questo signor pretore non lo conosco!".
" Ah! Non hai fatto niente, eh?", l'agente seduto alla guida della macchina si sporse dal finestrino e lo apostrofò in malo modo, mentre l'altro aprì la portiera e spinse il barbone nell'auto facendo cenno di partire.
"Ti sembra niente l'aver imbrattato i muri della città in quel modo? Per di più la giunta comunale è a dir poco furibonda! Per questo abbiamo l'ordine di portarti in questura!", il vigile al volante concluse innervosito le sue ammonizioni e, con un'espressione del viso arrabbiata, si addentrò nell'intenso traffico cittadino. Joseph arrossi' come un bambino scoperto dalla propria madre nell'aver combinato una marachella di troppo e si sentì molto amareggiato dal senso di colpa per aver osato sfidare involontariamente le forze dell'ordine che ora si stavano rivoltando contro di lui ritenendolo il peggiore dei criminali. Si coprì il viso con le mani: gli sembrava che tutti lo additassero giudicandolo male e pronunciando frasi provocatorie. " Eccolo! È lui!_ Meno male che lo hanno preso!_ Che gli diano l'ergastolo a quel criminale!_ Gli starebbe bene! ". La sua coscienza ingigantiva quell'innocente gesto è ciò gli faceva temere il giudizio degli onesti cittadini di Milano.
Il pretore, dopo aver scrutato quel pover'uomo maturo, intuì il suo stato sociale e lo ammonì bonariamente scherzandoci anche un po' su. " Capisco le sue ragioni, buon'uomo, ma non è più un ragazzino innamorato e... anche se dicono che chi pecca per amore è sempre perdonato... mi pare che lei abbia un tantino esagerato. Non crede?!". Joseph era quasi sul punto di gettarsi ai suoi piedi e implorare perdono, ma si trattenne e sfoderò un caldo sorriso di simpatia che conquistò la clemenza del magistrato. "Presentati domani mattina, alle otto in punto, al comando dei vigili. Lì troverai gli attrezzi adatti per scontare la tua pena! E... mi raccomando... fai sparire quelle scritte!". Il pretore rise di sottecchi e augurò buona fortuna a quel simpatico barbone.
L'indomani Joseph si presentò al comando dei vigili. Due agenti, a bordo della camionetta in dotazione, lo stavano attendendo per condurlo nei luoghi dove, con uno spazzolone, un secchio d'acqua e tanti stracci avrebbe dovuto pulire ciò che aveva deturpato. Si trovava nel corso di Porta Romana, in faccia alla Torre Velasca e la leggera brezza mattutina aveva ceduto il posto ad un vento nel gelido e irritante che infreddoliva le sue mani bagnate che, con energia, passavano lo straccio sul muro e cancellavano il suo messaggio d'amore. In disparte, appoggiati alla camionetta, si trovavano i due agenti, in attesa che il barbone terminasse il suo faticoso lavoro per portarlo poi in un'altra zona imbrattata di bianco.
" Joseph! ". Gli parve di udire una voce che chiamava il suo nome, ma poi pensò che doveva essersi sbagliato poiché il rumore del traffico e il soffio insistente del vento si mescolavano insieme e provocavano strani suoni e ingannevoli richiami di voci lontane. Incurante di ciò, continuò a svolgere il suo duro lavoro: con foga intingeva lo straccio dentro al secchio, lo strizzava e insistentemente lo passava più volte sul muro, fino a che la pittura a tempera si scioglieva e la facciata riprendeva il suo colore originale. Pensava a quando avrebbe finito e a quanto lavoro aveva ancora da fare. " Forse per sera riuscirò a finire o forse per domani in giornata! Certo che m'è toccato un lavoraccio!". Mentre parlava da solo prese gli attrezzi del mestiere e li portò sulla camionetta.
"HEI, Joseph! Sono qui!". Ora quella voce gli giunse nitida alle orecchie. Non era stato il vento è non era nemmeno il rumore del traffico a simulare quella dolce melodia. Quella era la voce di Jana! Joseph non aveva più dubbi. Lasciò cadere sul marciapiede il secchio e lo straccio scivolò dalle sue mani. Si volse verso la strada dove dall'altra parte C'era lei. La sua tanto amata Jana che stava aspettando il momento propizio per attraversare senza essere investita dall'intenso e incessante traffico. Il vento stava giocando fra i lunghi capelli della donna che svolazzavano intorno al suo viso, sorridente e pieno di emozione. Jana agitava le braccia per far cenno a Joseph che lei era lì e aveva letto il suo meraviglioso messaggio. Impaziente, Joseph tentò più volte di raggiungerla, ma dovette desistere dal suo intento, poiché il continuo e frenetico via vai dei veicoli non glielo permetteva. Automobili, moto, furgoni, taxi, camion e biciclette scorrevano veloci da ambo i lati, impedendo ai due innamorati di incontrarsi. Joseph guardò con occhi imploranti i due vigili che, poco lontano, assistevano alla scena e, mossi a compassione, si misero in mezzo alla strada. Alzarono la paletta e fermarono il caotico e frenetico traffico. Un attimo dopo Jana e Joseph si incontrarono e rimasero fermi a guardarsi negli occhi proprio in mezzo alla strada del corso di Porta Romana. Un lungo e appassionato bacio unì i due innamorati che, stretti in un forte abbraccio, si cullavano come avvolti da una nuvola rosa ignari di ciò che accadeva intorno a loro. Di nuovo la magia dell'amore stava trasformando, come per incanto, ogni cosa: non esisteva più il dolore, era svanita la sofferenza e l'amore tanto cercato e ora ritrovato stava dipingendo il mondo intero di un azzurro cielo e stava ridonando ai loro cuori una vitale sensazione di felicità. Gli automobilisti strombazzavano i loro clacson sottolineando, forse festosi o forse inviperiti, quell'interminabile abbraccio che avveniva sotto i loro occhi sgranati dallo stupore.
Le parole del vigile li strappò dal mondo dei sogni. "HEI! Sbrigatevi ad attraversare la strada! Non posso tenere fermo il traffico così a lungo!", infatti una lunga fila di veicoli era in attesa di sfrecciare al primo segnale dell'agente. Mano nella mano Joseph e Jana raggiunsero il marciapiede parlando teneramente. Erano al colmo della felicità.
" Se non ti spicci qui facciamo notte! ", lo rimproverò il vigile.
" Sì, sì! Arrivo!", rispose imbarazzato Joseph.
"Ora in due facciamo più in fretta!", replicò Jana.
Salirono sulla camionetta e partirono alla volta della Galleria Vittorio Emanuele dove, anche lì, vi era esibito in bella mostra, il curioso messaggio d'amore.
" Ma che diamine ti è saltato in mente di scrivere sui muri?! ", domandò Jana fingendo di arrabbiarsi, " e poi per tutta Milano! Tu devi essere impazzito! Mio Dio! Che vergogna! ", e si nascose il viso tra le mani.
Joseph, mentre scaricava il secchio, lo spazzolone e gli stracci, sorrise e rispose in tutta calma:" non potevo permettere che qualcuno più potente di me ti portasse via. Ora finalmente ti ho trovata e non ti lascerò più... mai più! ", poi aggiunse," naturalmente se anche tu lo vorrai! ", intanto l'aiutava a scendere dalla camionetta che si era fermata ad un parcheggio per la sosta obbligata.
" Lo voglio, lo voglio! ", Jana rispose sottovoce e con gli occhi che le luccicavano di felicità.
Di buona lena si misero a lavare il muro della Galleria: Joseph con lo straccio inzuppato d'acqua e detersivo scioglieva la pittura, invece Jana, armata di spazzolone e di straccio intriso di acqua pulita, ripassava una seconda volta il muro, rendendolo più limpido e brillante di prima.
La gente che passava di lì, notando i due lavoratori, commentava:" meno male che il comune ha ingaggiato degli operai per ripulire!_ dovevano prendere quel tizio che si è firmato Joseph e fargli lavare tutte quelle porcherie con la lingua!_ in galera! Merita la galera! Altro che ti amo, Joseph!_ ma quello lì è un disgraziato, un mentecatto!_ ma l'è un pirla e basta! ". Jana rideva di gusto nel sentire che i milanesi paragonavano Joseph ad un pazzo, ad uno scellerato che non nutriva il minimo rispetto per l'urbanistica della città. " Sembra c'è l'abbiano con te! ", disse candidamente Jana. Joseph, intanto, nascondeva il viso con gli stracci per non farsi riconoscere da nessuno. " Temo proprio di sì! Forse è meglio cambiare aria! ". Ripartirono di nuovo. Piazza Duomo, poi il Teatro alla Scala, via Montenapoleone e anche qui i proprietari dei negozi e delle boutique d'alta moda ne dissero di tutti i colori contro quel Joseph che aveva imbrattato così spudoratamente i muri dei palazzi su cui si affacciavano le loro vetrine. Le commesse, convinte che Joseph e Jana fossero due addetti alle pulizie, promisero loro, a lavoro ultimato, una lauta e proficua mancia.
" Se sapessero che sei tu l'autore di tutto questo... altro che mancia! Come minimo ti lincerebbero!".
Joseph non si distraeva. Inzuppava, lavava e strofinava con forza per guadagnare la mancia promessa.
Era mezzogiorno quando Jana e Joseph, seduti su di una panchina della metropolitana di Largo Cairoli, mangiavano un panino e attendevano che i due vigili ritornassero dal comando per riprendere il tour forzato alla volta delle altre vie cittadine. Jana si sdraiò sulla panchina e si rivolse a Joseph che le stava massaggiando con delicatezza le spalle. "Quando pensi che finiremo?".
" Ci restano ancora tre o quattro scritte. Credo che verso le tre del pomeriggio avremo finito. ". Joseph rispose serio, scrutando la donna per captare la sua reazione.
" Meno male! Questo vento mi sfinisce più del lavoro stesso! ", infatti forti folate di vento soffiavano incessanti, rendendo a volte difficoltoso il minimo movimento.
Jana confidò a Joseph la paura che aveva provato dopo l'omicidio di Domitilla e gli spiegò che preferì isolarsi dal mondo per un po', in attesa che i due criminali venissero arrestati. Lui, invece, non le disse nulla dell' incontro con suo marito. Le raccontò soltanto di come nacque la sua brillante idea di scrivere sui muri della città quel disperato messaggio d'amore.
" Ah! Proprio un'idea intelligente! Complimenti! Guarda un po' che casino hai combinato! ", e bonariamente gli martello' il petto con leggeri pugni, poi sfiorò con le labbra la sua bocca e disse:" sono fiera di te! ".
Erano le tre del pomeriggio e anche il messaggio lasciato sui muri della chiesa Domenicana venne cancellato. Finalmente il lavoro era stato ultimato. Joseph aveva ritrovato la sua amata e Jana aveva scoperto che la sua amica Domitilla era proprio una maga nelle questioni di cuore: quell'uomo, in effetti, rappresentava per lei la vera ed autentica felicità.
Poi, dopo essere saliti sulla camionetta che li avrebbe riportati al distretto, domandarono ai vigili:" se non vi crea troppo disturbo, ci potreste accompagnare sulla statale Milano- Lecco? ".
" Sì... non c'è nessun problema. ".
Mezz'ora più tardi attraversarono la statale e percorsero lo scosceso sentiero che li avrebbe condotti sotto l'avvallamento attraversato dal ponte, lo stesso che in un triste inverno rappresentò l'umile dimora per lui e per il suo caro amico Pietro.
" Almeno qui saremo riparati dal vento! ". Invitò Jana a sedersi sui cartoni ancora sparsi per terra.
La donna, sorpresa da quel posto, si guardò un po' attorno e noto con grande stupore che le pareti, anch'esse di cartone, erano legate con molta cura ai piloni e anche il telo che fungeva da tetto, legato tempo addietro dai due amici, era ben saldo nonostante svolazzasse al soffiare incessante della bufera. In disparte c'erano ancora le cassette di legno che Joseph e Pietro usavano come sgabelli e lì vi si sedevano sopra per mangiare o per riscaldare, vicino al fornello, i loro corpi rattrappiti dal gelido freddo dell'inverno. In un angolo giacevano gli scatoloni di cartone per dormire la notte è per ripararsi dal pungente gelo di quell'infinita e angosciante stagione. La mente di Joseph si riempì di ricordi e, alla vista di quelle semplici cose, il suo cuore fu inondato da una straziante tristezza che gli lacerò l'anima e aprì dentro di lui vecchie ferite non ancora cicatrizzate. Jana, dopo un'attenta valutazione del luogo, si assestò la gonna sulle ginocchia e si sedette stancamente abbandonandosi sui cartoni, poi disse:" e bello qui! Mi piace! Rimaniamo per un po'? ", ed invitò il suo compagno a sedersi accanto a lei. Joseph, titubante, rimase sulla soglia osservando quel ponte con uno sguardo incerto, come se all'improvviso ne avesse paura. Fissò con gli occhi colmi di lacrime l'angolo dove Pietro trascorse la sua ultima notte piena di sofferenza; poi rivolse la sua attenzione verso la cassetta sulla quale l'amico si sedeva a bere il brodo caldo che lui stesso gli preparava per allentare i dolori provocati dalla febbre. Gli tornarono alla mente i discorsi di Pietro, di quell'uomo libero che aveva vissuto con filosofia decidendo di non cambiare mai la sua ostentata vita da barbone coraggioso, fino a che una notte la morte lo colse impreparato e lo strappò dalla sua quotidianità fatta di sagge e umili cose che lo rendevano unico e indimenticabile.
"... e così in una notte d'inverno il mio caro amico Pietro se ne andò in silenzio e ora riposa in pace nel mio cuore che custodirà per sempre il suo indelebile ricordo.". Joseph raccontò a Jana la sua vita passata e i momenti condivisi con Pietro. Lei si commosse e lo abbracciò intensamente, poi gli prese la mano e la posò sul petto e immediatamente Joseph avvertì la morbidezza sensuale del suo seno che lo avvolse di una voglia irrefrenabile di baciarla, stringerla a sé e non lasciarla più andare via. La baciò sulla fronte, sugli occhi, sulle guance, sulle labbra, sul collo e per tutto il corpo, in preda ad un eccitante desiderio che gli accendeva la passione. Una passione violenta che ardeva dentro di lui come uno sfavillante fuoco che bruciava in quell'attimo colmo d'amore. Jana lo lasciava fare e lui continuava a baciarla e a provocare in lei sensazioni di piacere mai provate fino ad ora, ma più tentava di dar forza alla sua passione, più l' impotenza lo frenava e, man mano che il tempo scorreva veloce, anche il vigore dei suoi baci e delle sue carezze svaniva, provocando in lui frustranti sentimenti di rabbia e delusione. Bruscamente si staccò dalle braccia della donna e disse: " scusami... non so cosa mi prende... scusa!". Jana comprese il suo disagio e lo strinse forte a sé. "Non importa! Può capitare... sarà la stanchezza, le troppe emozioni di oggi... dai! Non prendertela. Io ti amo!". Quel dolce sussurro giunse alle sue orecchie come una musica, ma Joseph non osò lo stesso guardarla in faccia. Con uno scatto si alzò in piedi arrabbiato, la prese per mano e la condusse fuori dicendo:" hai ragione! Questo capanno mi ricorda troppe cose tristi. Andiamo nella mia dimora... non è molto lontana da qui!".
Il vento fischiava rabbioso e accompagnava nella campagna deserta due ombre che, strette in un abbraccio, camminavano a passo spedito verso la vecchia e diroccata chiesetta. Era quasi buio quando Joseph e Jana giunsero finalmente a destinazione: entrarono e il grave silenzio di quel luogo fu spezzato dal cigolio del portone che si chiudeva dietro di loro. Joseph prese delle coperte dal, dopo averle piegate per bene, le dispose a mo' di cuscino sulla panca e invitò Jana a sedersi, ma la donna era così estasiata e rapita da quel posto mistico e misterioso, che si mise ad ispezionarlo dappertutto, affascinata dalla sensazione che le trasmettevano quelle antiche mura ormai sconsacrate.
"Vieni a sederti qui e a scaldarci un po' vicino al fornello. Intanto io preparo la cena!". Jana si accovacciò sulla panca e si coprì con la coperta, mentre Joseph mise la pentola sul fuoco.
" Come mi piace la tua dimora! Non avrei mai pensato che tu vivessi qui! Questa chiesetta ha un fascino particolare che mi attira molto. ".
" Allora ti piacerà anche quando di notte sentirai i topi correre lungo le travi del tetto?! ", Joseph sorrise malizioso.
" Oh! Mio Dio! No! Dici davvero?! ", Jana fece un sobbalzo, si alzò in piedi e con la coperta sulle spalle iniziò a saltellare intorno al fornello a gas in preda alla paura.
" La zuppa è quasi pronta! ", Joseph notò che il viso della donna era terrorizzato, così la tranquillizzò dicendo:" sto scherzando, dai! A dire la verità non ho mai visto un topo da quando sono qui... a parte qualche lucertola, civetta o coniglio selvatico. ". Con il cuore in gola Jana si diresse verso l'uscita gridando:" non voglio più restare qui! Ho paura! Dai Joseph! Andiamo via! ".
" Ah,ah,ah! Torna indietro! Non è assolutamente vero! Non c'è niente di tutto questo. Scusa... ti ho solo presa un po' in giro! ". Jana, seria e imbronciata, ritornò a sedersi sulla panca avvolgendo ancora di più la coperta intorno a sé, come per proteggersi dalla paura. " Guarda che se mi fai un altro scherzo del genere me ne vado! ". Disse minacciando Joseph con un dito puntato contro. Sorridente Joseph rispose:" promesso... mi perdoni?!".
Il profumo che emanava la zuppa in pentola mise appetito a Jana che, passato il broncio, tornò di umore allegro. " Cos'hai messo in quel brodo?! Mi fa venire una fame! ".
" È una mia specialità! Fave, ceci, piselli e fagiolini bianchi. Se vuoi c'è anche due pagnotte... sono un po' rafferme, ma vedrai che nel brodo si ammorbidiscono. ". Cenarono in silenzio gustando quella zuppa speciale.
Fuori la furia del vento sprigionava tutta la sua potenza e giocava dispettoso fra gli anfratti del muro, del tetto e dei due finestroni da cui entravano fredde folate di aria che si disperdevano fino all'altare. La luna argentata filtrava la sua luce illuminando con il suo bagliore la panca dove Jana riposava accanto a Joseph.
" A volte ripenso a Domitilla che diceva spesso- vedo e prevedo che un uomo ti sta cercando e ti renderà felice!- credi che avesse ragione? ".
" Perfettamente ragione! Quell'uomo è qui con te.", rispose Joseph deciso abbracciandola teneramente.
I due innamorati si scambiarono nuovi baci, dolci coccole e tenere effusioni d'amore. Joseph, impacciato e in preda ad una forte frenesia, riusciva a stento a dominare e a controllare quelle tenere carezze che, pian piano, diventavano sempre più audaci. I suoi baci, dolci e appassionati, ora si erano trasformati in un fiume in piena che non riusciva più ad arginare. Il grande amore si era acceso come un ardente fuoco che brucia, alimentato dal vento della passione che li travolgeva nell'oblio dei loro sentimenti. Jana si scoprì timidamente il seno, un seno piccolo e roseo. Un seno ben fatto, turgido che tradiva il desiderio di essere amata dall'uomo che l'aveva conquistata e fatta innamorare. I loro corpi, stretti in un meraviglioso amplesso, assaporavano quei dolci e sublimi momenti d'estasi che gli facevano scordare la realtà del mondo esterno. Il tempo si era fermato. Soltanto il battito dei loro cuori scandiva lo scorrere di quegli attimi così vivi e intensi e, in quel turbinio di sensazioni, si sentivano rapiti e condotti lontano, dimentichi di ogni cosa, nell'immensità del loro amore. Le loro mani si sfioravano in sensuali carezze, poi si aprivano e le dita s'intrecciavano, prima teneramente poi con forza e alla fine si aprivano di nuovo come delicati petali di un fiore che, ansiosi, attendevano di essere irrorati dalla fresca rugiada del mattino. Jana, rosea in viso e con lo sguardo raggiante e perso nel vuoto assaporava i momenti più belli della sua vita. Joseph baciò e ribacio' il volto bello e dolce di quella donna che in una notte gli aveva saputo donare l'amore tanto atteso da una vita.
Rimasero per molto tempo così, uniti e in silenzio, fuori dal mondo e grati uno dell'altro per ciò che avevano dato e ricevuto.
L'allegro cinguettio dei passeri che svolazzavano intorno alla chiesetta svegliarono Joseph. Pian piano si divincolò dall'abbraccio di Jana, ancora immersa in un sonno profondo e si alzò a preparare la colazione. La violenza del vento pareva essersi placata e un tiepido sole primaverile preannunciava una splendida giornata, ma il dolce tepore invitava a coricarsi di nuovo sotto le coperte per dormire e sognare cose meravigliose.
"Svegliati, cara! La colazione è pronta.". Con dolcezza Joseph invitò Jana ad alzarsi, ma non ottenendo risposta, le disse:" tesoro... preparati ad una bella sorpresa! Più tardi ti mostrerò una cosa che ti sorprenderà! ". A quelle parole Jana si alzò di scatto dalla panca e, tenendosi avvolta nella coperta, guardò Joseph mentre riempiva le tazze di the ed esclamò:" ohh! Io adoro le sorprese! Mi fanno ritornare bambina! Ma dimmi... di che si tratta?! ".
" Bevi... altrimenti si raffredda! ".
Jana, tra una sorsata e l'altra, disse:" sto morendo dall'impazienza! Non finirai mai di stupirmi! Prima le scritte sui muri e ora quale altra diavoleria hai organizzato?!". Terminò di bere, poi posò la tazza sulla cassa che serviva da tavolo, infilò la gonna e indossò il maglione blu Cina ed infine raggiunse Joseph che l'attendeva radioso sul portone. Insieme, mano nella mano, si avviarono verso il pianoro dei tre abeti dove li attendeva proprio una bella sorpresa.
Lungo il sentiero, sparsi qua e là, si trovavano pezzi di ramoscelli che il vento aveva staccato dalle piante e trasportato lontano. Anche le cime degli alberi erano state strappate dalla furia inaudita di quella notte ed ora, abbandonate, giacevano sull'erba. I cespugli, sradicati e contorti, erano spiaccicati contro i filari dei tronchi che costeggiavano la pianura e l'erba tenera e verdeggiante di primavera aveva chinato il capo per seguire il corso delle improvvise folate che soffiavano impetuose e che, da un momento all'altro, cambiava direzione trascinando con sé il minimo dettaglio che ostacolava il suo passaggio. Alla vista di quello spettacolo, Joseph si insospettì e affrettò di gran lunga il passo ottenendo la triste conferma di ciò che temeva. I tre abeti, infatti, ondeggiavano dondolandosi sotto la brezza mattutina che, di tanto in tanto, soffiava leggera e lasciava intravedere fra i rami un grande vuoto. La casa non c'era più. Soltanto alcune assi oscillavano appese ai rami, testimoni del disastro che era avvenuto durante la notte.
Joseph cadde in ginocchio, sconfitto, amareggiato, deluso e piangente. "La mia casa! La mia casa... Non c'è più la mia casa! Perché?! Perché?! Tanta fatica sprecata per niente! Mesi e mesi di duro lavoro e poi?! In una notte tutto distrutto! Non è giusto! Dio... non è giusto!". Joseph piangeva. Piangeva ininterrottamente e imprecava rabbioso per tutto quello che gli era stato portato via, per i sogni infranti e per le speranze di una vita migliore, spezzate dal vento devastante e implacabile. Jana gli pose teneramente una mano sulla spalla e disse:" coraggio, Joseph! Ora hai me!".
Non c'era nessuna parola di conforto o nessun discorso di incoraggiamento che riusciva a consolarlo: Joseph si sentiva morto dentro e niente poteva più avere importanza. Le assi delle pareti, le tavole del pavimento e gli ondulati per il tetto erano sparsi per tutto il pianoro ed erano stesi sull'erba intorno a lui a significarne la sconfitta. Una sconfitta che lo feriva nell'orgoglio e gli faceva credere di aver forse preteso troppo nel desiderare di vivere una vita normale in una piccola casa costruita con le sue mani. Jana si rattristò nel vederlo in quello stato, così si chinò su di lui e lo baciò sulla fronte dicendo: " io torno al Ferrotel. Quando vuoi sai dove trovarmi. ", e lo lasciò lì, solo, immerso nel suo dolore.

Sotto Il cielo Grigio Di MilanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora