La vigilia di Natale Milano era coperta da un bianco manto di neve che portava nell'aria e nell'animo di tutti una piacevole sensazione di pace. Ogni cosa sembrava più bella e più pulita. La gente aveva negli occhi uno sguardo più sereno e quell'atmosfera natalizia riempiva il loro cuore di tanta bontà verso il prossimo.
Anche Joseph era allegro e di buon umore e restò tutta la mattina nella chiesetta a preparare una mega zuppa a Bianchetto per i giorni della sua assenza. Nel primo pomeriggio si mise un po' in ordine e scese in città, alla Tavola Calda, ad augurare un buon Natale a Gino e sua moglie.
Quando entrò nel locale, Mirella lo accolse in malo modo.
"Chi non muore si rivede! Buonasera Joseph e buon Natale!". Joseph ricambiò il saluto e gli auguri poi chiese:" Gino dov'è?! Sta bene?! Tu... piuttosto... ti trovo in splendida forma! Snella e smagliante più che mai! ". Mirella riprese tra il serio e il faceto:" sfotti, sfotti... che con tutto il lavoro che ho da fare sto proprio allegra! Ah... guarda... a quel tavolo in fondo ci sono dei tuoi colleghi barboni. Puoi unirti a loro e trascorrere la vigilia in buona compagnia! ". Joseph cercava l'amico Gino, ma non riusciva a trovarlo in mezzo alla bolgia di gente che c'era, così si fece largo per raggiungere il centro del salone e lo vide mentre stava proprio parlando con i barboni a cui accennava Mirella. Si avvicinò al tavolo e, quando Gino si accorse di lui, lo abbracciò con grande affetto, sotto gli sguardi stupefatti dei due clochards.
" Che piacere rivederti! ", Gino gli dava amichevoli pacche sulle spalle, mentre lo teneva stretti nell'abbraccio. " Buon Natale, Joseph! Siediti... sei il benvenuto! Accomodati pure vicino a loro. ". Chiamò la moglie chiedendole di portare una birra. Joseph si sedette, ma avverti imbarazzato lo sguardo fisso dei due barboni su di lui e, per mascherare il proprio disagio, iniziò ad intavolare un discorso:" salve! Allora?! Come mai da queste parti? ". Uno dei due rispose:" siamo entrati a scaldarci un po', mangiare qualcosa di caldo e passare almeno la vigilia di Natale in santa pace! Poi, quando il locale chiuderà, toglieremo il disturbo! Abbiamo gli zaini zeppi di coperte e maglioni pesanti. Passeremo la notte in qualche posto, ma non sappiamo ancora dove!". L'altro proseguì: " resta con noi... così ci facciamo compagnia! Più siamo e meglio è! La tristezza si sente meno insieme agli amici! ". Joseph, a quelle parole, sentì le lacrime agli occhi e un forte nodo che gli serrava la gola.
Mirella giunse al tavolo con le birre. " Alla tua salute! Offre la ditta! ". Joseph la fermò proprio mentre se ne stava andando e le disse:" senti... prepara una buona cena ai miei amici... ", e le mise in mano cinquanta euro, " e... mi raccomando... trattali bene! ". Bevve un sorso di birra poi chiese loro: " non è che per caso conoscete un certo Nanni?! ". Risposero in coro:" Nanni... Nanni... non ci sembra", poi uno dei due barboni si ricordò. "Forse ti riferisci allo Smilzo?!".
" Sì... proprio lui! Allora?! Lo conosci?".
"L'ho visto dieci giorni fa in piazza San Babila con una ventina di barboni e stava tenendo un discorso su come difendersi dai teppisti e dai malviventi che ci perseguitano. Vuole anche esporre domanda al comune per ottenere maggior protezione nei nostri riguardi, perché siamo indifesi e sottoposti alla mercé di tutti.". L'altro compagno continuò:" finalmente c'è qualcuno che pensa alla tutela dei nostri diritti! Almeno per poter vivere in pace! ". Joseph, felice di aver appreso quella notizia, li rincuorò:" tranquilli! Siete in buone mani! Quello è un tipo che va fino in fondo ai problemi! Comunque... se lo vedete salutatelo da parte mia! Ora scappo e vi auguro una buona cena e un buon Natale! ". Intanto Mirella posò sul loro tavolo un appetitoso piatto di antipasti.
" HEI, Babbo Natale! Non scappare. Lascia che ti abbracci! Dove lo trovo un uomo buono e generoso come te?! ". Joseph venne inebriato e stordito dal delizioso profumo femminile e sentì la mano di Mirella che scivolava lenta nella tasca del suo giaccone a scacchi rosso e marrone. Gli aveva restituito il denaro e lui, stupito da quel gesto affettuoso, non poté fare a meno di baciare quella sorprendente donna. Gino passò vicino a loro e ammonì bonariamente Joseph.
" Guarda... chiudo un occhio perché è la vigilia di Natale... altrimenti! ".
" Chiudine pure due! Il mio era soltanto un bacio fraterno. ", poi rise divertito.
" A proposito... dove lo passerai il Natale?! ", Gino gli domandò in modo affabile," se ti va puoi rimanere con noi! Domani saremo chiusi... ".
" Ti ringrazio, Gino! È che per le feste sono invitato dai signori Riboldi. Devo incontrarmi al Duomo con loro... per la messa di mezzanotte... e se non mi sbrigo farò tardi! Ciao!", e prima di andarsene gridò: " auguri a tutti! ".
Il vento gelido di quella sera lo fece rabbrividire da capo a piedi. Alzò il bavero del giaccone e si avviò verso il centro. Arrivò puntuale in piazza Duomo, ma la cattedrale era talmente gremita che non poté entrare e restò come tanti altri sulla porta. Joseph indossava la solita giacca a quadri e aveva dei pantaloni di fustagno color senape. Ai piedi portava dei calzettoni grigi con dei sandali neri e sgualciti. Non era molto in linea con l'eleganza dei cappotti e delle sciarpe di seta o di lana, sfoggiati dai signori della Milano benestante. Per non parlare poi delle costose pellicce che le loro ricche signore indossavano per l'occasione della mezzanotte Santa.
La corale si stava esibendo in musiche e canti natalizi, in attesa che la messa iniziasse e Joseph, sentendo quelle melodiose note, non poté fare a meno di pensare a Jana. Sperava che si fosse rimessa e la immaginava nella cappella del convento tra le suore a cantare " TU SCENDI DALLE STELLE". Sorrise a quella dolce immagine e in quel momento avrebbe tanto desiderato essere lì a pregare insieme a lei.
A messa finita, la maggior parte dei fedeli si fermò in piazza Duomo a scambiarsi vicendevolmente gli auguri di Natale e anche i signori Riboldi si ritrovarono con Joseph a rispettare la tradizione di baci e abbracci, poi si avviarono verso la loro casa.
Il barbone notò che il comportamento di Matteo nei suoi confronti era cambiato e quando gli donò il regalo che aveva finalmente scelto, il bambino lo prese ringraziandolo educatamente. "Grazie, signore!", ed aggiunse, " mamma... perché quest'uomo è qui con noi? ", Joseph si sentì profondamente in imbarazzo nell'udire quelle insolite parole e, non sapendo come comportarsi, guardò Marco cercando una risposta nei suoi occhi. L'architetto si fece coraggio e, con voce tremante dal dispiacere, cercò di dare una spiegazione.
" Devi scusarlo, ma... è da un po' di tempo che Matteo accusa dei vuoti di memoria e forse non riesce a ricordarsi di te. ", la moglie interruppe il marito, " siamo davvero disperati! A scuola gli hanno affiancato l'insegnante di sostegno e la sera, quando Marco torna dal lavoro, a volte non lo riconosce e mi prega di mandarlo via! ", grosse lacrime le scesero sul viso. " Dopo le feste dovremo ricoverarlo...", e rotti singhiozzi le impedirono di continuare a parlare. L'architetto guardò Joseph e, notando il suo stupore, disse:" lo dovranno operare alla testa per togliere l'ematoma che si è formato nel suo cervello a causa del colpo ricevuto. Però i medici sono ottimisti sull'esito dell'intervento. Sono quasi certo che andrà tutto bene, ma è proprio questo quasi che ci preoccupa! ".
Improvvisamente Joseph divenne triste e si sentì come un intruso, un estraneo nella vita di Matteo che si rifugiò con diffidenza dietro la gonna della madre per paura che quell'uomo gli facesse del male. La signora Marisa avverti il disagio del barbone e cercò in tutti i modi di metterlo a suo agio.
" Ti prego, Joseph, fai pure come se fossi a casa tua! Non avere paura di chiedere o di volere qualcosa. Tu, per noi, sei come un fratello! Vero, caro? ".
" Certo! Anzi, magari desideri farti una doccia... e non osi dirlo! Coraggio... poi ti farò vedere la camera degli ospiti. ", Marco lo accompagnò nel bagno annesso alla lavanderia. " Non ti fare scrupoli e fai tutto con comodo! Lì ci sono gli asciugamani, lo shampoo e il sapone e... buon bagno! ".
" Grazie! Una doccia la faccio volentieri! ", il getto caldo dell'acqua, lo shampoo e il sapone rinfrescante gli donarono un'energia nuova e, perfettamente pulito, si sentì meglio e pronto ad affrontare la notte di Natale.
Joseph ricevette in dono dai signori Riboldi un maglione beardoux di lana calda e pesante che indossò subito la mattina seguente.
" Ti sta molto bene e il colore fa risaltare i tuoi capelli argentati! ", disse la signora Marisa, soddisfatta per aver azzeccato la taglia è il colore.
" Davvero ottimo! ", aggiunse l'architetto, " ti conferisce un aspetto così aristocratico che quasi non osò darti del tu! ", rise dandogli un'amichevole pacca sulla spalla.
" Grazie di cuore! È che... non so come ricambiare."
"Lascia perdere. Hai già fatto molto per noi!".
Il pranzo natalizio fu eccellente e Joseph continuò per tutto il giorno a complimentarsi con la padrona di casa. " Era da tanto che non mangiavo così bene. Il vino, poi, è una vera delizia! ". Marco riempì di nuovo il calice di Joseph dicendo:" oggi è un giorno di festa e non voglio tristezza! Brindo alla nostra amicizia e vorrei tanto che durasse per sempre perché sono felice di aver conosciuto un uomo come te, buono, generoso e soprattutto sincero!". Si alzò in piedi e sollevò il bicchiere per brindare alla loro amicizia. Tra lo stupore di tutti, Matteo, che era seduto comodamente a tavola, intonò la sua canzoncina.
"C'era una casa sospesa nel blu, tra il verde dei rami lassù! Non c'era posto per fare pipì e Joseph la fece lì!".
La mamma, sorpresa e commossa, abbracciò il figlio esultando:" ti è tornata la memoria! Sei guarito! Il mio Matteo è guarito! ". Marco si sedette emozionato. " Calmati, cara, calmati! Magari saranno le cure che gli stanno facendo effetto... però, mi raccomando, non illudiamoci! Certo... questo è un buon segno!... ", e continuò a parlare cercando una spiegazione plausibile al comportamento del figlio che iniziò lentamente a ricordare.
" Tu stavi costruendo una bellissima casa sugli alberi e quest'estate, quando siamo venuti a trovarti, io mi sono divertito tanto a giocare con te! ". Il bambino si rivolse a Joseph con tanto affetto e lui non resistette alla tentazione di prendere le sue mani e stringerle forte. " Ti prometto che presto terminero' la mia casa, poi fissero' dell'abete un cartello di legno con la scritta " RANCH DI MATTEO, IL PIÙ FORTE SCERIFFO DELL'WEST"! Ti va l'idea?! ".
" Sì, sì! Grazie, Joseph! Però non scrivere il più forte, ma il migliore sceriffo della contea!... così potrò indossare il giubbotto con le frange e la stella dorata che la mamma mi ha regalato come dono di Natale. " Marisa e Marco erano stupiti e non riuscivano a credere alla trasformazione del loro Matteo e, pieni di entusiasmo e di speranze, decisero che, prima di farlo operare, avrebbero fissato un appuntamento al policlinico per un'altra visita.
Date le insistenze dei signori Riboldi, Joseph rimase anche il giorno di Santo Stefano, ma non oltre. Prese la scusa di aver lasciato solo Bianchetto,senza zuppa, anche se il suo vero scopo era quello di recarsi dalle suore a rivedere Jana.
Matteo si ricordò le cose più strane e bizzarre, come se il cervello gli funzionasse meglio di prima. Parlava e discuteva con Joseph della scuola, dei fatti attuali, di sport, di spettacolo e dei suoi amici. Lo sfidava anche a carte e a dama dimostrando la sua bravura.
"Altro che insegnante di sostegno!", commentò Joseph, " se continua così... diventa il primo della classe! ". Marco cercò di frenare l'entusiasmo dell'amico e della moglie dicendo:" calma, calma! Non illudiamoci così tanto. Probabilmente è soltanto un flash oppure un temporaneo risveglio della sua mente. Dobbiamo stare con i piedi per terra! Certo che è un'ottima cosa è dimostra un evidente miglioramento.", ed abbracciò la moglie pieno di speranze.
Il giorno dopo Santo Stefano, all'incirca verso mezzogiorno, Joseph si recò al convento, ma Jana era già stata dimessa ed aveva lasciato detto alle suore che si sarebbe trasferita alla casa d'accoglienza per continuare il volontariato. Quindi Joseph prese la strada diretta al Ferrotel ed arrivò giusto in tempo per la cena serale. Erano molte le persone fuori dalla porta d'entrata, in paziente attesa di ricevere la loro razione di cibo, con piatti, gavette e recipienti di plastica e cosi anche lui si accomodò insieme agli altri e aspettò il suo turno. Finalmente, dopo una lunga attesa, entrò nel grande salone, nel quale vi erano disposte tre lunghe file di persone che dal centro della sala, si snodavano fino a raggiungere il fondo del locale dove, su di un grande tavolo vi erano posti tre pentoloni per la distribuzione della minestra da parte delle inservienti. Jana era in mezzo, vicino all'amica Domitilla che si era ripresa dalla profonda crisi depressiva. Era ritornata proprio il giorno di Natale e si era subito messa a disposizione per svolgere i suoi compiti. Alla sua sinistra si trovava la direttrice Alessia: una donna sulla cinquantina, alta e dall'aspetto impeccabile. Aveva un viso aristocratico, con la stampa di un sorriso di convenienza che elargiva a tutti quanti. La sua voce autoritaria dava disposizioni su dove e su come sistemarsi ai tavoli a quelli che avevano già ricevuto la loro razione di cibo e che dovevano lasciare il posto ai nuovi arrivati.
Jana, accortasi della presenza di Joseph, arrossi' in viso e, per mascherare l'emozione, gli disse gentilmente: " siediti a quel tavolo laggiù. Fra un attimo ti raggiungo...", e continuò con indifferenza la sua mansione. Joseph uscì dalla fila, si sedette ad un tavolo libero e iniziò ad osservare Jana intenta nel suo lavoro. La trovava bellissima. Le guance arrossate, forze per l'emozione di averlo rivisto, donavano al suo viso un fascino irresistibile e il suo sguardo luminoso faceva palpitare il suo cuore che si perdeva nel dolce colore dei suoi occhi il tempo sembrava essersi fermato. Jana gli trasmetteva sensazioni che non aveva mai provato per nessun altra donna e gli pareva di vivere in un'altra dimensione. In una dimensione fuori dalla realtà.
"Mangiala intanto che è ancora calda. Forse ti sembrerà più buona!". Jana si sedette accanto a lui e la sua voce soave lo raggiunse. Ora quei barboni malvestiti, maleodoranti e sporchi non esistevano più. Intorno a loro c'erano soltanto signori eleganti e distinti, vestiti con giacca e cravatta e seduti comodamente su soffici poltrone, in un ambiente lussuoso dove tutto quanto, come per magia, sembrava diverso. Joseph vedeva ogni cosa attraverso gli occhi dell'amore. Un amore puro e sincero che lo faceva sentire felice. Felice di vivere per la donna amata.
Non aveva molta fame, ma vide l'amico che mangiava con appetito, così si decise ad assaggiare la minestra e la trovò quasi buona come quella che cucinava l'amico Pietro, con fagioli e ceci che la rendevano più gustosa.
" Se non disturbo, mi siedo qui con voi! ". Domitilla posò sul tavolo il fumante piatto di minestra e si accomodò vicino a loro con una certa discrezione, poi si rivolse a Joseph e disse:" io mi chiamo Domitilla, la maga che vede e prevede il futuro. Lieta di conoscerla! ", Joseph, con aria elegante, si alzò in piedi e tese la mano alla simpatica barbona, ma Jana la fulmino' con lo sguardo, dicendo:" va bene... vedi è prevedi, ma, ti prego, non prevedere niente su di noi! Mangia buona buona questa deliziosa minestra e stattene zitta!". Domitilla non badò affatto alle parole di Jana e, tra un cucchiaio e l'altro, sentenziò: " tu hai paura della verità, cara mia! Sai che le mie previsioni sono sempre esatte... o quasi! ", poi guardò Joseph, piegandosi un po' verso di lui, e gli fece l'occhiolino.
" Non si deve fidare di quel bel faccino! Io ... comunque... vedo e prevedo che sto rompendo quindi tolgo il disturbo! ", mise in bocca l'ultimo cucchiaio di minestra, poi si alzò dalla sedia puntando il dito verso Jana e le disse:" è tutto tuo! Io, intanto, ti aspetto di sopra.", e, mentre si allontanava con passo ondeggiante, augurò a tutti una buona serata.
Si era fatto tardi e il locale si era quasi svuotato. Solo pochi clochards arrivati in ritardo stavano ancora occupando gli ultimi tavoli posti in fondo al salone. Joseph e Jana parlavano indisturbati raccontandosi come avevano trascorso il Natale.
"Non ho mai trascorso un Natale così mistico e religioso, fra canti e preghiere. Figurati che ho dovuto sorbire due messe, una per non rifiutare l'invito della superiora e l'altra con la suora infermiera come ringraziamento della mia guarigione! D'altra parte non potevo assolutamente farne a meno, dopo le amorevoli cure che mi hanno riservato.", Jana parlava con disinvoltura e Joseph l'ascoltava con immenso piacere, senza mai interromperla. Parlavano come due vecchi amici che non si vedevano da tanto tempo e avevano molte cose da dirsi. Ad un tratto, Joseph, senza rendersene conto, sfiorò con la massima delicatezza la mano della donna che, come attratta da quel tenero contatto, intrecciò le sue piccole ed esili dita fra quelle dell'ormai innamorato barbone. Fu un attimo ed entrambi provarono le più dolci sensazioni della loro vita. Tutto era un incanto e gli occhi estasiati di Joseph trasformarono di nuovo il triste ambiente in un mondo splendido e meraviglioso. La magia dell'amore era tornata e stava cambiando ogni cosa brutta è sgradevole in qualcosa di bello ed irreale.
" Come si è fatto tardi! Vieni... ti accompagno alla porta.", le parole pronunciate da Jana lo riportarono al mondo reale. Anche gli ultimi barboni rimasti stavano lasciando il Ferrotel e si stavano avviando verso l'uscita, seguiti da Joseph e Jana che, giunti alla soglia, si guardarono negli occhi. Forse Joseph si comportò in modo troppo precipitoso attirandola a sé nel tentativo di baciarla, ma lei, con garbo, lo respinse, posandogli una mano sulle labbra e con un sorriso gli disse: " ora vai... ti aspetto domani. ", e in tutta fretta rientrò nel salone deserto.
Joseph si avviò verso la strada illuminata dalla luce fioca dei lampioni e la sua mente era pervasa dalle ultime parole pronunciate da lei e, per non dimenticarle, le pronunciò più volte ad alta voce.
" Ti aspetto domani. Ti aspetto domani. Ti aspetto domani... ". Il rumore delle macchine copri' la sua voce facendo disperdere quelle parole nell'aria. Tre semplici parole che rimasero per tutta la notte nel suo cuore, ormai rapito da un unico e costante pensiero: la bella e dolce Jana.
Per un periodo di tempo Joseph e Jana si incontravano ogni sera e, alla solita ora, ricevevano la loro razione di minestra o di pasta in brodo e dopo cena parlavano di molte cose e, a volte, si univa a loro anche Domitilla che, con la sua smania delle previsioni amorose, faceva divertire un mondo il simpatico barbone. Poi, una sera come tante altre, Joseph si fece coraggio e invitò Jana ad uscire con lui.
" Per favore... non dirmi di no e, soprattutto, non prendere nessun impegno per domani che voglio invitarti a cena fuori. Da soli, io e te... che ne dici?! ". La guardò dritta negli occhi, impaziente di avere una risposta, ma lei rise di gusto senza dire niente, poi, comprendendo lo sconforto dell'amico, rispose con molta gentilezza.
" Oh, Joseph! Sei tanto caro! Io o apprezzo molto il tuo romanticismo, ma... vedi... non vorrei farti spendere troppo e poi mi sembra ridicolo che due come noi debbano mangiare al ristorante. Te lo immagini come ci guasterebbero?! ". Joseph rimase un po' male; non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere, così replicò con decisione:" per quale ragione dovremmo apparire ridicoli?! Anzi... ti dirò di più... morirebbero tutti quanti d'invidia nel vedere una bella ragazza come te accanto ad un vagabondo come me. ".
" Usciremo! Va bene... va bene! Mi hai convinto. Ma soltanto per bene un caffè al bar qui vicino. Sei contento?! ".
Il giorno seguente, per ingannare la dolce attesa della sera, Joseph scese al pianoro a dare un'occhiata alla sua casa, che da troppo tempo non vedeva. Appoggiò la scala al tronco di un abete ed entrò nella sua futura abitazione provando una grande emozione, ma anche un forte senso di colpa per tutto il tempo che l'aveva trascurata. Osservò con attenzione il pavimento è si compiacque nel vedere che, nonostante il freddo e l'umidità, non presentava nessun segno di cedimento. Anche le pareti erano ben salde e, con un balzo, afferrò le traversine che sostenevano il tetto è si soppesò con forza per verificare la loro resistenza. Soddisfatto, si affacciò dall'apertura della finestra e rimase immobile ad ammirare il paesaggio che dominava da lassù. Prese il rotolo degli ondulati e scese nel prato a scioglierlo e stenderlo sull'erba. Con il metro e il pennarello segnò la misura che avrebbe dovuto tagliare con la cesoia e ottenne, così, vari rettangoli con i quali avrebbe coperto l'area del tetto. Il tempo scorreva velocemente e, concentrato com'era nel suo lavoro, non si accorse che era già diventato buio. Allora riordinò con cura i rettangoli ottenuti e li accatasto' in un angolo del pavimento, poi corse alla chiesetta a prepararsi per andare da Jana.
Vide il fedele Bianchetto che lo scrutava con aria interrogativa, quasi volesse sapere dove fosse la sua zuppa.
" Abbi pazienza, Bianchetto! Ho molta fretta... ti preparo domani da mangiare. Adesso prendi questo! ", gli lanciò un pezzo di pane secco che il bravo cagnolino afferrò al volo, divorandolo in pochi minuti.
Giunse al Ferrotel giusto in tempo per ricevere la scodella di minestra che mangiò al tavolo con Jana.
Joseph indossava il pesante giaccone a quadri rossi e marroni, i soliti pantaloni color senape, sostenuti da una larga cintura con una grossa fibbia in acciaio cromato che, a dire la verità, gli arrecava un po' di fastidio a causa della pressione che gli esercitava sull'ombelico. Jana, invece, per l'occasione, indossava un paio di jeans scoloriti e un maglione blu Cina con il collo a dolcevita che le donava moltissimo. I suoi capelli lunghi, sciolti sulle spalle, la facevano apparire una liceale e Joseph era al colmo dell'entusiasmo nel vederla così bella, radiosa e impaziente di uscire quanto lo era lui.
" Prendi il cappotto e arrivo.", Jana, come un razzo, salì in camera e Joseph si avviò verso l'uscita del salone ad attenderla.
Camminarono appaiati lungo la strada poco illuminata in cerca di un bar vicino, ma dovettero percorrere quasi un chilometro a piedi prima di trovarne uno.
"Eppure non mi sembrava così distante! Forse quando venivo con Domitilla prendevamo un'altra via, che era molto più corta.". Il bar si trovava in una via stretta e buia e dava più l'idea di una bettola che di un locale frequentato da gente per bene. Nonostante ciò entrarono. L'interno era accogliente, arredato con gusto, in stile moderno. Davanti al bancone era disposta una fila di alti e tondi sgabelli, in pelle color rossa, destinati ai clienti frettolosi. Lungo la vetrata, invece, c'erano alcuni tavolini quadrati coperti da simpatiche tovagliette verdi che donavano all'ambiente un aspetto brioso.
Jana e Joseph si accomodarono ad un tavolino, accanto alla vetrata, e subito vennero accolti da un caldo tepore e da un piacevole aroma di caffè tostato che si diffondeva per tutto il locale, ancora vuoto e silenzioso. Dietro il bancone c'era l'anziano barista in attesa delle ordinazioni.
" Due caffè, grazie!".
Mentre il barista preparava i caffè, nel locale entrarono con molta spavalderia tre chiassosi e baldanzosi giovani che, sbattendo la porta dietro di loro, si accomodarono sugli sgabelli rossi. Il ragazzo più alto, con aria arrogante e voce pastosa che tradiva qualche bicchiere di troppo, ordinò per tutti. "Tre birre, barista! Io e i miei amici abbiamo sete!". L'anziano barman, indifferente al tono superbo di quel moccioso, sistemò i due caffè sul vassoio, posando due bustine di zucchero sui piattini e raggiunse conj calma il tavolo di Jana e Joseph che furono serviti con la massima gentilezza e cordialità. Il ragazzo più giovane, all'apparenza, con il bavero del giubbotto nero rialzato e con fare stizzito, si rivolse dall'anziano gentiluomo e si mise ad urlare come un pazzo. " Ma allora... in questo bar di merda si dà la precedenza ai barboni e alle puttane?!". Veloce come una saetta, Joseph si precipitò furiosamente su quel giovane maleducato e, dopo averlo afferrato per un braccio, lo spinse con tutta forza fuori dal locale schiaffeggiandolo ripetutamente con foga. Gli altri due amici, sorpresi dalla fulminea reazione del barbone, uscirono dal bar e s'incontrarono faccia a faccia con Joseph che li scansò gridando: " ragazzacci maleducati! Ve la insegno io l'educazione! Bambocci da quattro soldi! Non fatevi più vedere!", e rientrò come se nulla fosse successo sedendosi accanto a Jana, ancora pallida e tremante per l'accaduto.
"Signorina, la prego, non badi a ciò che hanno detto! Sono giovani e per questo si credono i padroni del mondo!". Il barista cercò di consolare la povera donna, poi, rivoltosi a Joseph, disse:" certo che una reazione così drastica da parte sua non me l' aspettavo! Li ha colti di sorpresa... ma stia molto attento che quelli lì sono vendicativi!". Jana fu intimorita da quelle parole così forti che entrarono in lei come una folgore che squarcia il cielo provocando nel suo cuore una rabbia infinita verso quel mondo stolto e vuoto a cui Joseph si rifiutava di sottomettersi. Ora il locale si stava riempiendo di gente e Joseph, dopo aver bevuto il caffè, si alzò e invitò Jana a seguirlo. Si diresse verso il bancone a pagare il gentile barista, poi uscirono respirando a pieni polmoni una boccata d'aria fresca. Jana afferrò il braccio dell'amico, il quale avvertì subito il suo tremore e, istintivamente, le domandò:" hai freddo? Se vuoi ti presto il mio giaccone. ".
" No... è che sono ancora un po' spaventata da quello che è successo. Tutto qui. ", e strinse il suo braccio ancora più forte appoggiando la testa alla sua spalla. La strada sembrava una caverna tenebrosa e il rettilineo da percorrere, prima di giungere sulla via principale, era ancora piuttosto lungo. Nella via deserta gravava l'oscurità e il silenzio era rotto dal rumore dei loro passi che echeggiavano ritmicamente, accompagnandoli in un triste presagio. All'improvviso uscirono, come dal nulla, i tre tipacci del bar che gli sbarrarono minacciosamente la strada; stringevano nella mano destra un coltello a serramanico ed avanzavano come pericolosi lupi affamati.
" Adesso non parli più, eh?! Sudicio barbone che non sei altro! Ma guardati! Non sembri neanche un uomo talmente puzzi di merda!".
Uno dei tre avvoltoi cercava di provocare Joseph, brandendo in aria il coltello. Il barbone, preoccupato per come si stavano mettendo le cose, fece da scudo a Jana e si mise davanti a lei pensando, contemporaneamente, al modo di guadagnare tempo per difendersi. Tentò con le buone maniere di dissuaderli dal far loro del male. "HEI, HEI! Calmatevi! Non facciamo scherzi! Vi domando scusa! Sono solo un povero barbone che implora il vostro perdono! Vi prego! Almeno fatelo per lei!".
" Ah,ah,ah! Alla tua puttana pensiamo dopo! ", il ragazzo più grosso rispose con aria di sfida e, in coro, sghignazzavano di gusto.
" Prima ti impartiremo una lezione che non scorderai tanto facilmente, coglione da strapazzo! Stai tremando dalla paura, eh? Te la stai facendo sotto?! ". In seguito, il più alto incitò gli altri gridando:" prendetelo! Che poi io lo sistemerò per le feste! ".
Joseph comprese che era giunto il momento di agire: dai pantaloni sfilò, come una spada dal fodero, la presente cintura e cominciò a farla roteare con forza sopra la sua testa. Quel gesto spiazzò i tre perfidi ragazzi che, colti di sorpresa, indietreggiarono per non prendere sul viso la grossa fibbia, che girava vorticosa davanti ai loro occhi come la grande pala di un elicottero in volo.
" Scappa, Jana! Vai a chiedere aiuto, presto!", la donna, che tremava impaurita dietro di lui, si allontanò, prima titubante poi decisa, percorrendo di corsa il lungo rettilineo che l'avrebbe condotta sulla strada principale.
Intanto i tre aggressori non volevano demordere e, con i coltelli protesi verso l'alto, stavano attendendo il momento propizio per assalirlo. Joseph continuava il mulinello che creava una barriera fra lui e i tre malintenzionati, ma era consapevole che non avrebbe resistito ancora a lungo. Il tizio grande e grosso si fece coraggio e sollevò il braccio sinistro, afferrando con la mano libera la cintura per arrestare quel pericoloso volteggiare. Ma Joseph non si lasciò intimorire e, con un forte strattone, fece ruzzolare per terra il giovane, che cadde davanti a lui. Ora, con una forza inaudita, usò la cintura come frusta menando una serie di colpi sul corpo steso al suolo che, con le braccia, tentava di ripararsi il più possibile da quelle pesanti sferzate. Joseph gridava come un pazzo per intimorire l'assalto degli altri due che gli si scagliarono contro, colpendogli le braccia e le gambe con il coltello. Il barbone si voltò: violentemente li spinse via ed esausto ricominciò a far vorticare, con meno potenza di prima, la cintura che mantenne a dovuta distanza i tre farabutti. La fatica e la tensione nervosa lo stavano sfiancando mentre i ragazzi, come avvoltoi assetati di sangue, restavano in attesa di assalire la preda al primo crollo per poi finirla definitivamente. I loro occhi erano pieni di eccitazione e brillavano al buio nel vedere che la loro vittima stava cedendo.
"Ancora un po' e poi sarà tutto nostro! Ma guardatelo... è allo stremo delle forze! Ah! Ah! Ah! Te le farò pagare care le tue frustate, barbone del cazzo!". La cintura volteggiava nell'aria sempre con meno forza, la vista gli si offuscava e i colpi ricevuti sulle braccia e nelle gambe gli dolevano atrocemente: ormai si sentiva finito.
" Eccoli lì! Svelti... aiutatelo, per carità! ", la voce di Jana giunse alle orecchie di Joseph come una dolce musica. Accompagnata da due guardie notturne, accorse in suo aiuto, mentre i tre giovinastri se la diedero a gambe, abbandonando il tumultuoso campo di battaglia. Joseph barcollava sfinito, ma venne prontamente sostenuto da Jana che, con tenerezza, lo accarezzò amorevolmente.
" Per fortuna siete arrivati in tempo! Sai... non avrei resistito ancora per molto. ", parlò con voce flebile e s'infilo' la cintola nei pantaloni.
" Fortunatamente avevo questa per difendermi... altrimenti... ", il sudore grondava dal suo viso e Jana prese un fazzoletto e asciugò con cura quel volto provato dalla fatica. Le guardie notturne inseguirono i malviventi, ma tornarono senza alcun esito.
" Non li abbiamo presi! Sono riusciti a farla franca, ma un giorno o l'altro li incastreremo! Se li denunciaste avremmo qualche indizio in più per individuarli.".
"Lasci stare! Comunque... grazie mille per il vostro aiuto.". Zoppicante, Joseph si avviò lentamente, sostenuto da Jana che disse:" mi dispiace che ci abbiano rovinato la serata. ". Joseph la strinse a sé e rispose:" bhe'... almeno possiamo dire che non ci siamo annoiati!".
Giunti alla casa d'accoglienza si salutarono e Joseph, prima di andarsene, ricevette sulla guancia una cara e piacevole carezza che lo riempì di gioia facendogli in parte dimenticare il dolore fisico e morale. I colpi che aveva preso gli facevano male, ma il pesante giaccone e la resistente stoffa di fustagno dei pantaloni lo protessero dalla lama del coltello che gli provocò soltanto un largo strappo alla manica della giacca. Alla fine di quell'insolita serata, si ritrovò nella sua chiesetta, solo e distrutto dall'angoscioso ricordo di quella sera. Era sdraiato su di una panca, avvolto tra le polverose coperte di lana e pensava. Pensava al suo amato bastardino che se n'era andato un'altra volta, senza lasciare alcuna traccia di sé e ripensava alle parole di Nanni - oggi è capitato a me. Ma domani... chissà... potrebbe toccare a te!_, il suo caro e vecchio amico aveva ragione. Poi pensò a Jana, la donna che gli aveva ridato un motivo per vivere. Pensò anche alla sua vita. Una vita che ogni giorno diventava sempre più rischiosa, più fragile. Una vita indifesa e impreparata alla violenza. Ad una violenza ingiustificata ed inutile che si accaniva su di lui e su tutti i miseri che vivevano a modo loro e che chiedevano solo di essere lasciati in pace.
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Sotto Il cielo Grigio Di Milano
Ficción GeneralStoria d'amore tra due clochard ambientata a Milano. Jana e Joseph vivono avventure ed emozioni intense che li porteranno ad affrontare la loro difficile situazione con coraggio e determinazione, grazie anche al forte legame che li lega.