Metto l'allarme alla porta e mi dirigo verso il cancello.
Nathan si ferma a guardarmi quando cerco di mettere l'allarme pure al portone, ride scuotendo la testa mentre io impreco. Una volta finito mi giro verso di lui e con autorità gli chiedo: "Prima di tutto toglimi due curiosità"-mi guarda perplesso-"Uno: che cosa vuoi? Due: chi ti ha detto dove abito?", come sempre lui scoppia a ridere per il mio accento, suppongo, e io inizio ad innervosirmi. Lo guardo storto e lui la smette, diventa serio e, dopo la sua ennesima risata su di me, risponde: "Un mio amico mi ha detto che dovevo ringraziarti mentre parlavi col preside. Io non volevo sia chiaro, ma mi ha costretto e siccome so che lui ha sempre ragione sono qui. Ti ho seguita e ho scoperto dove abiti, Piccola lentiggine", fa una smorfia divertito e io sbuffo e sbatto un piede a terra come una bambina. "Bene, hai un futuro da stalker professionista."-lui scuote la testa ridendo-"Quindi, tu sei qui perché qualcuno ti ha detto di ringraziarmi?", gli chiedo e lui scuote il capo su e giù annuendo. "Come mai? Cioè, non mi sembri uno che prende ordini o fa quello che gli viene detto.", lui mi guarda e tramite i suoi occhi capisco che sta pensando che ci ho azzeccato in pieno. "Ci hai preso!"-come pensavo-"Però lui non sbaglia mai, sa quello che dice e quello che è giusto fare così io gli do retta. Non sempre, oggi hai potuto notarlo...", tiene un tono di voce normale ma verso la fine si incrina un po'. Sta parlando di Gioele. "Beh, sei fortunato ad avere un amico così.", lo penso davvero e anche io mi ricordo di avere una persona così speciale e mi viene da sorridere. Lui mi fissa con quei suoi occhi azzurri, iniziano a piacermi veramente tanto, però è perplesso. Scaccio via il pensiero di Anthony perché se no mi viene da piangere ed è l'ultima cosa che voglio fare davanti a Nathan. Credo che pensi che sono una forte, non una di quelle oche perfette. "Hai ragione, sono proprio fortunato!", esclama come per dire che non lo è, ma so che scherza e quindi mi scappa una risata. Lui torna sero. Ahia. Mi fa paura il suo sguardo, mi mette un'ansia pazzesca: ma prima rideva? Allora è seriamente pazzo! Continua a fissarmi con quei due pezzi di ghiaccio che rendono la cosa ancora più accattivante.
"Mi piacerebbe essere come lui.", sospira e leggo speranza nei suoi occhi. Ma cazzo, sembrava così serio! Non so cosa rispondere perciò resto in silenzio perché non voglio dire cazzate. "Puoi anche parlare, non devi solo guardarmi.", esordisce lui spostandosi il ciuffo sa davanti agli occhi. "Tu non sei di qui, il tuo cognome non è italiano. Baston.", gli chiedo sedendomi sulla panchina del parco in cui siamo arrivati camminando. "Beh, non sono cazzi tuoi!", risponde ma dovevo immaginarlo che avrebbe risposto in questo modo. "Ok, volevo fare un po' di conversazione. Forse è meglio che torni a casa, non ho nulla da fare qui.", sbotto io: ma che diamine, è proprio un rompi! "E va bene, minchia!", sospira lui, io mi giro e lo guardo perplessa. "Mio padre è americano, ma io sono nato e cresciuto qui.", confessa lui tenendo lo sguardo al cielo. Io annuisco come per dire che ho capito, dopo qualche secondo lui mi guarda di traverso con un ghigno dipinto in faccia e io mi preoccupo. "Tu invece di dove sei?", mi domanda lui divertito e io faccio altrettanto rispondendogli: "Non te lo dico.", faccio una linguaccia e inizio a correre in tondo al contorno del parco. Lui fa lo stesso, è abbastanza veloce quasi quanto me e la cosa mi piace davvero tanto: finalmente qualcuno con cui correre!
Purtroppo mia madre non ha ricevuto alcuna risposta dalla squadra, oggi non potrò andare a calcio ma ne ho una gran voglia. "Sai giocare a calcio?", gli chiedo fermandomi. Lui mi guarda per qualche istante e esordisce con un: "Stai scherzando? Io sono nato con pallone ai piedi.", si mette a ridere e faccio lo stesso anche io. "Allora ti sfido, vediamo se almeno tu mi batto. ", lui mi fissa con occhi spalancati e inizia a scuotere la testa con un sorriso stampato in faccia: "Ci sto!".
Dopo un'ora di partita dove ne sono successe di tutti i colori, la partita finisce in parità 5 a 5.
"Oddio, non pensavo che fossi così brava. Sono distrutto!", esclama Nathan buttandosi a terra con il fiatone e io lo guardo. Non sarà mica stanco? "Modestamente.", esordisco io in modo trionfale e lui si mette a ridere. "Però anche tu sei bravo, solo Bryan riusciva a completare una partita in parità con me.", dico io. Mi lancia uno sguardo interrogativo, "Chi è Bryan?", chiede bevendo dalla fontana che si trova lì vicino. "Il mio ragazzo.", rispondo con noncuranza e un ghigno divertito di dipinge sulla sua faccia. Ma che cazzo? "Tu hai un ragazzo?", domanda sorpreso. "Sì, stiamo insieme da quasi cinque anni.", spiego mentre palleggio con il pallone. Lui mi guarda e annuisce. "Perché ti sei trasferita?", prosegue lui cambiando discorso con un tono secco. "I miei si sono separati e mia mamma voleva ricominciare una vita in un'altra città. Così io e mio fratello siamo venuti qui con mia madre.", la mia voce si incrina e sento la nostalgia che prende possesso di me: ma perché deve andare così? Nathan mi fissa ancora e io incastro i miei occhi nei suoi, cerco di scavare dentro loro per capire come si sente: cosa vuole dire. "Non sei felice di stare con tua madre?", chiede girandosi i pollici con fare nervoso. "Voglio bene a mia mamma e a mio fratello, ma con mio padre ho sempre avuto un buon rapporto. Poi lui è ancora giù e io invece sono qui con mia madre che cerca di riconquistare il dominio della sua vita, però non agevola molto la mia. Tuttavia sto zitta e mi tengo tutto dentro perché non posso rovinare i piani di mia mamma.".
Ho esternato ciò che sento a Nathan? Perché? Forse non è poi così male. Magari è uno testardo, ma nesso, irascibile ma sa ascoltare. Non lo conosco nemmeno!
"Davvero?", sussurra lui. Cosa?
"Cosa?", ribatto io. "Davvero non vuoi dirlo a tua mamma perché deve 'riconquistare la sua vita'?", scimmiotta lui con tono menefreghista.
"Esatto, proprio così. Voglio che anche lei abbia la possibilità di avere la vita che pensa di meritare. Nonostante debba sacrficarmi io, nonostante l'abbia attaccata fino a ieri e l'abbia accusata di avermi 'rovinato la vita', ho capito che serve a lei. Perciò io ci provo a stare qui anche se non voglio!", sbotto e tiro fuori tutto ciò che penso su questa faccenda. Ride! Sta ridendo?! Lo ammazzo. "Ci credo poco a certe stronzate! Secondo me sei una bambina viziata ma non vuoi darlo a vedere.", esclama.
Ora muore. "Come cazzo ti permetti? Tu nemmeno mi conosci e non ti puoi permettere di dire certe cose! Io viziata? Ma sentilo, sei tu che non appena qualcuno ti dice una cazzata ti metti a fare casino e a lanciare sedie, poi? Ti devono chiedere scusa? Ma per cortesia, pensa un po'.", esplodo con ira. So che sto tirando troppi la corda e tra poco lui scoppierà e, forse, mi salterà addosso.
Mi guarda in cagnesco e anche lui si mette ad urlare: "Stai attenta a quello che dici, capito? Tu non sai un bel nulla di come gestisco le 'cazzate' che mi dicono. Ho solo detto quello che pensavo su di te!". Gli tiro dietro un 'Vaffanculo' e me ne vado.
Una volta tornata a casa mi butto sul divano a guardare la TV mangiando biscotti e, dopo tre ore, mi addormento.
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Almost Perfect
Novela Juvenil"Era tutto quasi perfetto, avevo la mia vita, i miei amici, i miei sogni, le mie speranze ed è sparito tutto. Poof!" Emma e la sua vita 'quasi perfetta'. Una ragazza alta, con curve degne di nota, occhi speranzosi color nocciola chiaro e capelli ros...