“no, no, no...NO!!!” iniziai a urlare in mezzo alla strada.
Non era possibile! Succedeva sempre tutto alla sottoscritta...
In quel momento, se fosse stato per me, mi sarei messa a prendere a pugni il muro dell'hotel, ma il mio amatissimo cervello mi ricordò che sarebbe stato meglio se avessi cercato di recuperare il cellulare.
Sì certo, perché tanto è facilissimo raccogliere un cellulare da un tombino.
Mi rialzai da terra e mi incamminai verso l'appartamento dove, incrociando le dita, sarei andata a vivere di lì a poco.
Una cosa positiva c'era però: avevo una scusa per il mio ritardo.
Tra un pensiero e l'altro, del tipo “e ora come faccio? Non ricordo nessun numero tranne quello di mamma” oppure “mamma mi ucciderà, ne sono sicura” e poi ancora “speriamo che il figlio di Martin sia figo...”, mi ritrovai davanti al tanto atteso portone, uno di quelli in totale stile inglese che tanto amavo perché... beh, perché semplicemente adoravo tutto quello che anche solamente ricordasse l'Inghilterra.
“E ora?” ritornai con i piedi per terra quando vidi una sfilza di cognomi sul citofono.
Come prima cosa mi venne in mente di chiamare Martin, ma mi ricordai immediatamente che il mio cellulare era andato a farsi un bel bagno lasciandomi da sola. Allora decisi di citofonare a tutti, tanto prima o poi mi sarebbe capitato l'appartamento giusto. Certo, sperando che non fosse esattamente l'ultimo...
“sì?!?” gracchiò il citofono.
“lei ha per caso un padre di nome Martin?” risposi.
“Ma quanto sei intelligente Juliet” in effetti il mio cervello non aveva proprio tutti i torti.
“no!” e dal brutto suono che seguì capii che mi aveva richiuso il citofono in faccia.
Provai con il tasto appena sotto, ma appena rispose sentii solo dei suoni confusi e molto fastidiosi e, mentre cercavo di capirci qualcosa sentii una voce urlare seguita da una botta.
Stavo per citofonare a qualcun altro per l'ennesima volta quando vidi il vecchio portone aprirsi a pochi centimetri da me.
“scusa se non ti ho risposto... tu devi essere... aspetta... aspetta che lo so...” proseguì con un silenzio alquanto imbarazzante poiché io lo fissavo con una faccia che non oso nemmeno immaginare, mentre lui si passava una mano fra i capelli e guardava il cielo nuvoloso di Londra.
“piacere, Juliet... tu invece devi essere il figlio di Martin!” intervenni per smuovere un pochino la situazione.
Lui mi guardò dalla testa ai piedi poi...
“no, veramente io sono suo amico... dai, ti accompagno su così lo conosci e conosci anche l'altro ragazzo”
Lo seguii per ben tre rampe di scale. Penso fosse l'ultimo piano, ma non ne sono del tutto sicura.
Ovviamente, quando aprì la porta mezza scassata mi ritrovai davanti a una massa di ragazzi e ragazze intenti a bere e fumare come turchi.
“non fare caso a questa gente...” mi avvisò urlando il tipo che stavo seguendo ma di cui non conoscevo nemmeno il nome.
Ovvio, perché chi non riuscirebbe a non notare una festa con gente che ti viene addosso appena ti muovi di qualche centimetro!?!
Non può mai succedere tutto con molta normalità... cioè, nella mia vita da emerita sfigata non poteva andare tutto bene per più di tre minuti!
“questo è Paul, il figlio di Martin” urlò nuovamente il ragazzo senza nome.
Che cosa!?! Non poteva essere reale questa storia... dev'essere tutto un sogno.
Davanti ai miei occhi, anche se in realtà era più davanti alla mia pancia, si trovava un ragazzino di appena dodici anni, penso, che mi porse la mano con un sorriso da cascamorto in faccia.
Ricapitolando quello che era appena successo: il figlio di Martin era un nanetto da giardino e uno degli altri due coinquilini non aveva un nome. Ottimo! Ci mancava solo che il terzo fosse un mago e allora sì che avrei potuto scriverci un libro di successo!!!
Gli strinsi la mano, poi guardai quello senza nome.
“Il terzo invece?” chiesi consapevole del fatto che mi sarei potuta imbattere in Harry Potter.
Mi portò davanti a una porta per poi lasciarmi lì da sola senza nemmeno dirmi per esempio “bussa e dì chi sei perché odia essere disturbato”.
Quindi, da ragazza con un'enorme fantasia, decisi di bussare e... non ebbi nessuna risposta, o almeno era quello che pensavo fino a quando...
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Remember to be Happy
Teen FictionUn padre assente, un viaggio verso l'ignoto, la scoperta di un nuovo modo di vivere... "Non pensavo che Londra mi avrebbe cambiata, non pensavo che Lui mi avrebbe fatta rinascere."