capitolo 3

450 22 14
                                    

“mamma... stai bene?” le chiesi visto il suo tono un po' troppo su di giri “comunque... io sono appena atterrata e sappi che ti devo raccontare qualche cosetta” la avvertii.

“così però mi fai preoccupare! Tu stai bene?” mi chiese.

Mentre le raccontavo del collega di papà e dell'appartamento che mi aveva offerto ero seduta sulla valigia esattamente fuori dall'uscita dell'aeroporto per aspettare il taxi che avevo chiamato. Va bene che Londra è una città abbastanza trafficata però due ore di ritardo... “che palle” mi alzai per andare a prendere la metropolitana che fortunatamente arriva fin dentro quell'enorme struttura. Non sapevo esattamente dove dovessi scendere per arrivare al mio hotel ma potevo pur sempre chiedere.

Fermai una signora che si dimostrò fin troppo paziente, infatti dovette aspettare circa cinque minuti prima che io trovassi nel mio bagaglio a mano il depliant dell'hotel per poi aspettarne altri due prima che trovassi il nome della via.

“grazie mille” la ringraziai e corsi via.

Dovevo scendere alla fermata di Victoria Station. Come se sapessi dove si trovava. Persi altri 10 minuti per cercare la fermata sulla mappa gigante affissa al muro davanti ai bagni.

Non vedevo l'ora di sdraiarmi sul comodissimo letto che mi stava aspettando da quando avevo prenotato la stanza. “vuoi dire che il letto ti sta aspettando da stamattina!?!” mi suggerì il mio cervello. In effetti avevo prenotato la mattina stessa.

***

“finalmente!” urlai per la felicità.

Dopo aver vagato per Londra per circa un'ora ero riuscita a trovare quel dannatissimo hotel.

Entrai e... “che razza di posto è mai questo!!!” pensai vedendo che la hall era tutta colorata sui toni del blu e dell'azzurro. Non che fosse brutta, ma strana di certo.

Chiesi informazioni sulla mia stanza e la tipa dietro al bancone, anch'essa rigorosamente vestita di blu, mi porse una chiave.

Ero nella stanza numero 17.

Salendo le scale mi accorsi che ogni zona differente dell'hotel era abbinata ad un colore diverso e anche la gente che lavorava in quella determinata zona doveva vestirsi di quel colore.

“che follia” affermai nella mia mente.

Aprendo la porta quasi non svenni. Com'era possibile che mi fosse capitata una stanza tutta rosa?

“ti ci devi abituare July!” perché il mio cervello non riesce mai a stare zitto?

Buttandomi sul letto mi resi conto che speravo più di ogni altra cosa che Martin mi chiamasse per dirmi che potevo andare a vivere con suo figlio e gli altri due ragazzi in quel maledettissimo ma anche stupendo appartamento.

È vero, non potevo sapere se era stupendo o se facesse cagare, ma ero consapevole del fatto che non fosse tutto interamente rosa e che almeno il letto non fosse un materasso buttato per terra. Sì, buttato per terra molto bene, ma pur sempre buttato per terra. E poi era rigido come un pezzo di legno.

Tanto valeva che dormissi sotto un ponte, almeno non sarebbe sembrato come la camera di una bambina ultra viziata.

Sento i telefono squillarmi nella tasca dei jeans. Appena leggo il nome di Martin inizio a saltare a destra e a sinistra “che stai facendo? Rispondi idiota” ritornando alla realtà afferrai il cellulare che avevo lanciato sul letto per la felicità e risposi cercando di sembrare il più normale possibile.

“parlo con Juliet?” una voce pesante risuonò dall'altra parte.

“s-sì! Io invece parlo con Martin?” quanto sono cretina... certo che parlo con lui, è il suo numero.

“perfetto... volevo dirti che per mio figlio e i suoi amici va bene, ma prima vorrebbero conoscerti. Dovresti andare da loro domani alle due del pomeriggio” a quelle parole iniziai a saltare sul materasso, perché chiamarlo letto era impossibile.

“va benissimo, ringrazi suo figlio da parte mia e... grazie mille anche a lei” non riuscivo a togliermi il sorriso dalle labbra. I mie desideri si stavano avverando.

Mi sdraiai sul “letto” e il mio cervello iniziò uno dei suoi mega viaggioni mentali.

“e se poi decidono che non mi vogliono con loro? Dovrò vivere nel mondo rosa fino a che non troverò un nuovo appartamento? Ti prego signore... non farmi questo!”

e così mi addormentai senza neanche mettermi il pigiama.

***

Ma perché non ho puntato la sveglia? “ti sei addormentata come un orso in letargo” mi ricordò il mio amato cervello.

Era l'una e dovevo ancora preparami, pranzare a cercare quel dannato appartamento.

“oh merda!” non sapevo dova diamine si trovasse. Decisi di richiamare Martin, ma senza avere alcuna risposta da parte sua. Perfetto, ero come un panda senza WWF... in pericolo di vita!

Cosa potevo fare?

Riprovai e finalmente, dopo il ventisettesimo tentativo, Martin mi rispose. Poverino, l'avevo disturbato mentre era in doccia.

Comunque venni a sapere che l'appartamento si trovava esattamente nella mia stessa via.

“se non è un colpo di culo questo...” il mio cervello aveva perfettamente ragione. Per una volta in tutta la mia disastrosa vita la fortuna era dalla mia parte.

Ma non durò per molto...

Remember to be HappyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora