capitolo 8

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Lo stavo fissando mentre si sporgeva sulla strada per fermare un'altro taxi. Un sorriso non poté fare altro che spuntare sul mio viso – leggermente arrossato per il freddo che stava arrivando con la sera.

“visto che ormai è sicuro che verrai a stare da noi, vuoi passare prima in hotel?” le sue braccia appoggiate sulle ginocchia per sostenere il suo peso, le sue mani attorcigliate non si davano pace.

“sì... ok.”. Diedi indicazioni dell'hotel al tassista e mi sistemai comoda sul sedile affianco a Harry pensando a cosa avrei dovuto recuperare una volta arrivata.

“non rispondi?” la sua voce roca quasi un sussurro per richiamare la mia attenzione. Mi resi conto ben presto che un cellulare stava squillando rumorosamente nell'abitacolo.

“non è mio, io l'ho perso stamattina in un tombino.”. Una leggera risata riecheggiò nelle mie orecchie. “non ridere... mi è scivolato.” cercai di sembrare meno stupida giustificandomi, e intanto il cellulare continuava a squillare.

“sarà tuo.” accennai alla tasca del suo cappotto.

“io non ho questa odiosa suoneria.” si immobilizzò subito dopo aver pronunciato quelle poche parole. Frugò nelle tasche e tirò fuori un cellulare rosa confetto con attaccato un ciondolino a forma di ‘H’.

“davvero carino il tuo telefono.” scoppiai in una forte risata non badando al ragazzo immobile sul sedile intento a fissare il cellulare nelle sue mani tremanti. Quest'ultimo smise di squillare e io smisi di ridere insieme a lui.

“è di Amanda.” chi cazzo era Amanda?

“di chi, scusa?” sarebbe stato meglio se mi fossi tappata la bocca prima.

“Lei.”.

Una parola, tre lettere, un solo secondo per realizzare a chi si stesse riferendo. Che cosa ci faceva lui con il suo cellulare? Lo rigirò tra le dita per un po', fissandolo indeciso sul da farsi, poi lo sbloccò – ovviamente conosceva il codice – e richiamò il numero dell'ultima chiamata persa. Silenzio in attesa di risposta.

Una voce sottile e acuta gracchiò dall'altra parte della telefonata. Il viso di Harry sbiancò. Allontanò il telefono dall'orecchio e chiuse la chiamata.

“Hannah, era lei... sai... la migliore amica.”. Io non avrei usato ancora quell'espressione sinceramente, ma non era quello l'importante in quel momento.

“cosa voleva?”. Le parole uscirono senza pensarci.

Harry si girò per fissarmi con sguardo carico di odio. Perfetto!

“come cazzo faccio a saperlo? Me lo spieghi???” il tono di voce diventava sempre più alto. “le ho riattaccato in faccia! Non posso sapere cosa cazzo voleva da Amanda!!!” la rabbia traspariva chiaramente dalla sua voce, ma potevo affermare che non si trattava di rabbia o di odio, ma di tristezza e consapevolezza di aver perso tutto.

“sono ventidue sterline, grazie.” il tassista interruppe quello sfogo fermando l'auto e girandosi verso di noi per ricevere quello che gli spettava.

“tenga pure il resto.” rispose Harry passandogli una banconota da cinquanta e scendere dal taxi. Ma che cazzo!?! Si fermò davanti all'ingresso dell'hotel. Era meglio se mi muovevo, altrimenti mi avrebbe sbraitato nuovamente contro.

“ci metto un attimo:” entrai mentre lo avvisavo di aspettarmi.

Passai nella hall e recuperai la chiave della mia stanza. Una volta entrata un senso di sollievo si impossessò di me al pensiero che me ne sarei andata da quel luogo orrendo. Raccolsi le cose che avevo lasciato sparse per la camera e buttai tutto disordinatamente dentro la valigia. Tutto tranne la mia macchina fotografica che, invece, infilai al collo per evitare di sbatterla in giro e romperla. Prima di uscire mi fermai davanti al bancone della hall per saldare il conto della notte passata.

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