Death

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-Due giorni dopo-

«Len, mi dispiace...» mi posò una mano sulla schiena incurvata, sperando di consolarmi, ma non fece altro che farmi piangere di più «Ho provato a convincerlo, abbiamo provato, davvero, ma non è servito a nulla...Ha detto che gli serve tempo, che non sa se vuole altre ragazze o gli bastano quelle che ha già-...» lo interruppi a causa di un singhiozzo che mi sfuggì dalle labbra aperte in una smorfia di dolore.

Si piegò sulle ginocchia, raggiungendomi con lo sguardo. Sembrava realmente rattristato da quella notizia, ma non sapevo come fermarmi dal piangere.

Ero esausta, e sinceramente stava iniziando anche a starmi antipatico Harry, che molto spesso mi rispondeva male.

Eravamo tutti e due nervosi, e tutto quello non faceva altro che peggiorare la situazione già critica di suo.

«Ti prometto che fra una settimana riuscirò a portarti via da questo posto» mi prese le braccia sentendo un calore avvolgermi subito.

Presi dei profondi respiri, lasciando che le ultime lacrime scivolassero lungo le gote fino a raggiungere gli angoli della bocca, bagnando le labbra secche e screpolate.

«E se i piani non vanno come dovrebbero andare?» domandai con il mento che tremava, il fiato ancora scosso dal pianto e gli occhi fissi su di lui «Cos'avrete intenzione di fare? Mi farete portare via? E poi? Finirò in un qualche night club a fare la prostituta?» chiesi ancora con più rabbia.

Ad ogni domanda lui scosse la testa, sempre più contrariato da ciò che gli stavo dicendo.

«Niente di tutto questo accadrà! Senti, Len, qualsiasi cosa accada io ti aiuterò»

Mi lasciò, così rimasi in quella camera da sola quando se ne andò, sbattendo la porta.

Era così alto il prezzo da pagare per avere di nuovo la libertà?

Era quello il dolore che si prova quando qualcuno non vuole lasciarti andare?

Per quanto Harry provasse a mettermela sul "Stai aiutando tante altre persone", io continuavo a sentirmi una schifezza, perché mi stava stretta quella stanza, perché più passava il tempo e più vedevo svanire gli sguardi dei miei fratelli e di mio padre, perché più ero lì –in quella situazione- più dimenticavo cosa volesse dire prendersi cura di se stessi.

Corsi lungo tutto il corridoio, sperando che non mi raggiungesse mai.

Era strana la vita, era sempre stato abbastanza distante da me, ma dopo l'accaduto sembrava aver capito quante cose avessimo in comune, arrivando a giocare ad acchiapparella a vent'anni suonati.

Mi aggrappai al muro, girando nell'altra stanza, sperando di averlo schivato, così per sicurezza mi girai per essere certa di non avercelo alle calcagna.

Di fatto non avevo nessuno dietro le spalle, fu quando mi saltò addosso che notai essere venuto dalla parte in cui non avevo guardato.

Ci ritrovammo a terra a ridere come due stupidi.

«Ma si può sapere cosa diavolo state facendo?!» sbottò all'improvviso Troy, il più piccolo dei maschi, intento a studiare per un esame all'università.

Lo guardammo divertiti continuando a ridere, mentre l'altro se ne andò da nostro padre a chiedere soccorso, per farci smettere di ridere.

Ci avrò rimesso due settimane di uscite la sera con il mio ragazzo, ma era impagabile lo sguardo luminoso di Luke ogni volta che provava a smettere di ridere.

Too Late || Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora