-Un anno dopo-
«Sei sicura di star bene?» mi domandò interessato e preoccupato.
«Troy, che ti ho detto?» mi fermai dal raccogliere tutte le chiavi dal portaoggetti all'entrata di casa.
«Che stai bene» asserì lui.
«Perciò sto bene e smettila di chiedermelo, altrimenti giuro che a questo Natale non verrò» lo minacciai, sapendo alla perfezione quanto gli desse fastidio che uno di noi mancasse.
«A proposito di questo Natale!» sbottò «Hai deciso cosa regalare a papà?»
«No! Non di nuovo! Quest'anno ci pensate voi al regalo per papà! Io ho altro di meglio da fare!» mi arrabbiai, chiudendo casa a chiave, dirigendomi subito verso la macchina per arrivare in tempo a lavoro.
«Sei sempre stata tu a fare i regali più belli! E poi cos'hai da fare di così tanto importante che non ti permette di fare i regali?!» sbraitò offeso.
Entrai in macchina, posando la borsa sul sedile del passeggero, infilando le chiavi nel cruscotto, mettendo in moto l'auto.
«Troy, mancano ancora sei mesi a Natale!» lo avvertii, sentendolo mimare la mia voce come era sempre solito fare.
«Che ti frega?! Meglio no? Almeno le cose costano meno!» sminuì, trovando il lato positivo e migliore.
«Ascoltami, sono già in ritardo, che ne dici se ne riparliamo più tardi, mh?» proposi, cercando di allacciarmi la cintura di sicurezza, senza togliere il pedale dal freno.
«Okay, mi arrendo! Ci sentiamo più tardi! Divertiti a lavoro!» mi salutò prima di riattaccare, senza lasciarmi il tempo di rispondere.
Uscii dal parcheggio in parallelo sfrecciando subito dritta al bar per prendere qualcosa per svegliarmi e riempirmi lo stomaco, ma soprattutto per evitare che quel caldo afoso non mi sottomettesse alla mia indole di donna lavoratrice.
Ero una pazza al volante, dovevo ammetterlo, ma ero veramente troppo in ritardo per non poter passare con il rosso un po' di volte, e una volta arrivata davanti la caffetteria, corsi fuori dall'auto, correndo sui tacchi, fino ad entrare lì dentro e scontrarmi addosso a qualcuno, ritrovandomi la camicia bianca e la gonna nera completamente zuppe dal caffè bollente che piano piano mi ustionava la pelle.
«Mi scusi!» urlò quello, intanto che io saltellavo sul posto allentandomi la camicia, sotto gli occhi di tutti i presenti.
«Brucia!» esclamai, come se non fosse ovvio, si poteva benissimo vedere dal vestito che fumava.
«Però la prossima volta potrebbe stare più attenta!» mi sgridò quello.
Non riuscii a replicare, che la porta dietro di me si aprì, costringendomi a spostarmi affianco all'uomo che aveva provato ad ustionarmi con il caffè.
Un uomo alto, con dei Ray-Ban a goccia entrò.
Era della polizia, avendo intravisto il distintivo attaccato alla cintura nera, e non sembrava essere lì per prendere qualcosa da bere.
Si guardò attorno per un breve istante, studiando ogni singola faccia.
«Chi è il proprietario dell'Audi A3 nera targata "W238WK"?» tutti si guardarono attorno, smettendo subito quando alzai la mano titubante, socchiudendo le labbra e gli occhi in imbarazzo «Signorina, è passata col rosso sei volte su sette» disse allibito, quasi.
«Mi scusi, ero in ritardo, non volevo, mi creda» abbassai lentamente la mano supplicando disperata, avevo già venti minuti di ritardo per tutto quel trambusto.
«Era in ritardo per-...» guardò l'uomo accanto a me con la tazza ormai svuotata «...-farsi versare addosso del caffè bollente?» alzò un sopracciglio, fuoriuscendo dall'occhiale.
«No, ero in ritardo per andare a lavoro» risi istericamente, notando come lui non ci trovasse nulla di carino e divertente.
«Può venire fuori?» domandò scettico, notando come tutti ci stessero fissando.
Annuii deglutendo, intanto che lo seguivo fino alla mia macchina.
«Mi dia patente e libretto» tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un blocchetto, notando come il collega ci avesse raggiunti.
Aprii l'auto, chinandomi in avanti per prendere le cose dal cruscotto della macchina e dal portafogli.
Gli porsi tutto con mano tremante, tornando poi al mio posto, intanto che segnava i miei caratteri generali su un foglio, notai come avesse rallentato il modo di scrivere, come si fosse immobilizzato nel leggere qualcosa, e come il collega fosse confuso, forse più di me.
Non passò molto quando si tolse gli occhiali da sole, guardandomi sconcertato.
«Lena?» mormorò sconvolto.
Lo guardai ancora attentamente, osservando come gli si fossero allungati i capelli e di come li portasse legati in una crocchia e di come si fosse irrobustito ancora di più, lasciandomi a bocca aperta.
«Harry?!»
«Riconoscerai l'uomo della tua vita» mi accarezzò i capelli sciolti.
«Mamma, ma che dici? Io vivrò da sola, felice e contenta» risposi fiera di me, intanto che lei rideva divertita da ciò che le stavo dicendo, sentendomi offesa dal suo comportamento.
«A nessuno piace stare soli, e sono sicura che l'uomo che ti starà accanto sarà la persona che amerai e lo saprai dal primo momento» la guardai ammaliata.
«Come è successo a te con papà?»
«Sì, come con me e papà» rise ancora divertita dalla mia innocenza, accarezzandomi i capelli mentre ero ancora fra le sue braccia.
-Spazio a me-
Letteralmente c'ho messo un anno per pubblicare questo finale minuscolo.
Mi dispiace, ma sono stati mesi impegnativi sotto tutti i punti di vista, perciò vi chiedo pietà.
Ringrazio tutte le persone che hanno letto e votato la storia, aggiungendola fra le preferite, vi ringrazio di cuore!!
Come al solito non ho idea se farò il sequel, ma in queste cose non sono molto brava...Comunque prima o poi dovrò scrivere il seguito, anche perchè la storia non tratta principalmente del rapimento di Lena e nemmeno della possibile storia fra lei ed Harry. Tratta di tutt'altro, qualcosa viene accennato in questa storia, ma non viene approfondita, perciò spero vivamente di poter cominciare a scrivere -almeno- i primi capitoli :)
Ora vi lascio! Buone vacanze a tutte voi!
BaciXx
Caterina
PS: Se passate sul mio profilo, sto per pubblicare altri capitoli di altre storie, perciò fate un salto ^-^
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Too Late || Harry Styles
Fanfiction"Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo" Virginia Woolf