Le gambe continuarono a tremarmi anche quando ero ormai seduta a tavola, difronte all'uomo delle mie disgrazie.
Fortunatamente non aveva parlato molto, lasciando che il cibo scorresse con tranquillità lungo le nostre gole, rese meno assetate da dell'acqua, cosa che apprezzai molto.
Harry e tutti gli altri uomini erano intorno all'enorme tavolo, dove eravamo solo noi due a cenare, ognuno ad un capo del tavolo, abbastanza vicini per sentirci mangiare, ma abbastanza distanti da non poterci toccare.
Continuava però a fissarmi, con quel sorriso sghembo, fastidioso, sembrava che trovasse divertente avere la mia compagnia imbarazzata e incatenata.
Era un malato, su questo non ci pioveva.
«Allora!» esordì facendomi sobbalzare, sentendo come il pollo avesse fatto fatica a scendere fino allo stomaco pieno «Lena» assaporò fino al disgusto il mio nome, assaggiando fra i denti e la lingua ogni singola lettera, dandomi il voltastomaco, costringendomi ad accatastare le posate nel piatto mezzo pieno.
Mi asciugai la bocca, riponendo poi il tovagliolo sulle gambe, sorseggiando velocemente l'acqua ancora fredda.
«So che stai cercando lavoro in qualche clinica» cominciò, senza smettere di mangiare «Deve essere difficile, di questi tempi essere psicologi» abbassò lo sguardo sulla sua carne, affettandone un pezzo abbondante, fino a portarselo in bocca «Da giovane desideravo essere psicologo infantile» mi confidò.
Rabbrividii al solo pensiero di quell'uomo in una stanza con qualche bambino indifeso.
«Tuo padre deve essere fiero di te, non è vero?» mi guardò per un'istante, prima di bere.
Riuscì però a vedere come mi fossi irrigidita una volta che pronunciò quel nome.
La mia famiglia ne doveva stare fuori, se loro erano tirati in ballo avrei scatenato l'inferno, gli avrei conficcato in fronte qualcosa, mettendo fine a tutto.
«L'ho visto, alcuni giorni fa...» disse con non curanza, tornando a tagliare la carne «Sembrava distrutto nel non sapere dove fossi finita» sghignazzò fra se e se, senza calcolare nessuno nella stanza e così ne approfittai per girarmi verso Harry, che scosse negativamente la testa, come per smentirmi che lo avesse visto.
«Ah, e Luke? Buon Dio, quel ragazzo sta facendo di tutto per trovarti» rise sempre più divertito, e a quel punto credetti a ciò che mi stava dicendo.
Luke era il solito caciarone che appena gli spariva qualcosa che reputava preziosa era capace di smuovere l'intero Paese pur di ritrovarla.
«Poveri sciocchi...» li derise, facendo finta di dispiacersi.
Strinsi così forte il tovagliolo ancora sulle cosce, che dovetti metterlo sul tavolo, non volendo rovinarlo.
«Non vedo l'ora di portarti con me» mi guardò intensamente, notando anche a quella distanza, quanto fosse un maiale.
Rabbrividii, capendo insieme a tutti gli altri che non sarei mai stata portata assieme alle altre persone, ma sarei partita con lui e dovetti combattere così tanto per non scoppiare in quel momento, che se non avesse ricevuto una telefonata sarei morta soffocata.
Ne approfittai per riprendere fiato, non appena uscì fuori in terrazzo per parlare indisturbato.
Sentivo gli sguardi di tutti su di me, ormai con le lacrime a bagnarmi il volto poco truccato.
Quella storia sembrava non avere fine.
Quando rientrò, tirai subito su col naso, asciugandomi a testa bassa gli occhi, fino a tornare ad essere immobile e senza espressione, probabilmente con solo gli occhi rossi addosso.
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Too Late || Harry Styles
Fanfiction"Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo" Virginia Woolf