Pomeriggio

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Seduto al tavolo del tribunale, col volto evidentemente gravato dal peso dell'estenuante flashback, a Phil parve che i vent'anni che lo separavano da quell'evento fossero d'un tratto sprofondati nell'oblio, e che la sua stilla si fosse protratta immutata e senza interruzioni. Certo, le ginocchia adesso non poggiavano sulla ruvida pietra, e l'atmosfera uggiosa era stata sostituita dalla secca calura estiva. Ma questi erano fattori che godevano di scarsa rilevanza già allora. E' quindi lecito tralasciarli per meglio comprendere l'impressione del poliziotto. Sì perché nel frattempo Phil, raggiunta la maggiore età, aveva pensato di rigettare il futuro che l'inamovibile volontà paterna gli aveva prescritto. Era stato pure a un passo dall'effettuare la deviazione decisiva dai binari su cui il padre lo voleva indirizzare; peccato che durante la "notte dell'indipendenza" -così l'aveva ribattezzata intimamente- fuori diluviasse. E nonostante la fiducia nella sua pazzia avesse raggiunto il sommo apogeo per consapevolezza del gesto e simultanea convinzione nella riuscita del medesimo, in un accesso di abulia incolore aveva optato per assecondare il desiderio del genitore, che lo voleva diligente e spensierato alla scuola di polizia. Se non altro per ripagare i suoi degli sforzi compiuti per procacciargli la raccomandazione di cui aveva ingenuamente beneficiato. A onor del vero Phil era rimasto affascinato dalla matematica corrispondenza tra apparenza ed essenza che doveva necessariamente esibire all'accademia; da quel copione scritto appositamente per accomodare le circostanze in cui si era sciaguratamente infognato; da un sistema d'irrigazione costruito su misura, dove ogni goccia di sudore trovava la sua rigorosa spiegazione, un confortevole posto a sedere nello stadio della logica, dal quale assistere alla partita fra lui e la vita, dopo aver piazzato una scommessa vincente. E forse stava effettivamente riscuotendo la posta in palio di quell'azzardo, perlomeno stando alla cronaca, che recentemente lo aveva dipinto come un predestinato nell'ambito della lotta al crimine, sballottandolo dalle prime pagine dei giornali alle trasmissioni televisive, passando per i riconoscimenti pubblici e le conferenze stampa -manco fosse una caleidoscopica opera d'arte di cui esaltare le cangianti sfumature. L'ultima ebdomada era stata un instancabile susseguirsi di interviste ed encomi d'ogni risma, che di colpo avevano riempito la vuota agenda degli impegni e ravvivato l'altrimenti monotono avvicendarsi dei giorni. Una veste da eroe, cucitagli addosso non senza enfasi giornalistica, lo accompagnava dovunque andasse e talvolta precedeva il suo nome. Per molti invero lui non era Phil Lewison, verso quest'uomo nessuno nutriva interesse di sorta, bensì colui che aveva stanato il killer seriale che per mesi aveva seminato il panico a I. e dintorni. E per essere ciò che l'opinione pubblica pensava di lui, aveva inconsciamente relegato il suo precedente personaggio -quello autentico(o meno falso)- in un cantuccio sperduto e polveroso del teatro su cui quotidianamente interpretava sé stesso.

L'amicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora