Jimin quasi non si rompeva una gamba, da quanto stava correndo. Ma, secondo le sue teorie, sarebbe stato nulla in confronto a quello che lo aspettava molto probabilmente a casa.
Un paio di giorni prima era stato invitato ad una festa di istituto e lui aveva accettato più che volentieri.
La serata era stata magnifica e fortunatamente era ancor sobrio, tanto da riuscire persino a correre. Peccato che fosse alquanto tardi e lui non avesse avvisato Yoongi del ritardo.
Stavano insieme da ormai un mese e la loro relazione andava a gonfie vele. Ma stavolta aveva superato il limite. Prese il telefono dalla tasca e provò nuovamente ad accenderlo ma niente. Più scarico di così c'è solo la cinquecento di mio nonno.
Scosse la testa, passandosi una mano fra i capelli color carota e strizzò gli occhi. Finché gli alcolici avevano fatto effetto era stato bello, ma adesso tutta la stanchezza della sera passata si faceva sentire e pesava. Cazzo se aveva voglia di stendersi sul marciapiede e dormire. Le palpebre cominciavano a calare, il sonno bussava sempre più forte alle porte della sua mente, offuscandolo e rendendogli quasi impossibile riuscire a camminare oltre. "Merda...che sonno...appena torno a casa Yoongi mi prende a calci in culo, cristo" biascicò fra se e se dandosi dei piccoli schiaffi sulle guance paffute. Gli anfibi neri che portava ai piedi erano quasi consumati da quanto li aveva trascinati a terra, per tutto il tragitto che aveva compiuto finora. Si sentiva la gola bruciare e lo stomaco brontolare e la cosa che più lo infastidiva era che non era abbastanza ubriaco da non accorgersene. E quindi gli toccava patire. E soprattutto, se ne sarebbe ricordato in futuro.
No, non ce la posso fare. Pensò accasciandosi a peso morto sulla soglia di una casa. Nello scivolare giù sbatté contro lo stipite della porta, graffiandosi con un chiodo ed emettendo un urlo di dolore. La mia giacca di pelle no, che cazzo. Protestò mentalmente imprecando contro ogni divinità conosciuta. Ringraziò sua sorella e la sua passata mania per Percy Jackson. Almeno adesso ho un sacco di dei in più con cui bestemmiare. Appurò con sarcasmo.
Non fece in tempo neanche a sbadigliare che sentì la porta dietro di se aprirsi con un cigolio e dei passi pesanti che ciabattavano verso di lui. Fece per alzarsi ma qualcuno lo spinse prima di lui e lo fece cadere all'indietro, per poi ruzzolare sul marciapiede.
Gemette e si mise in ginocchio, guardando esterrefatto la persona che era stata così gentile con lui. Un uomo sulla cinquantina, capelli neri e magro e con indosso un grosso camice da notte legato in vita.
Lo guardava con sguardo furioso, come a volerlo incenerire. Le lo sguardo avesse potuto uccidere, allora Jimin sarebbe morto da un pezzo.
"SI PUÒ SAPERE CHE CAZZO TI URLI A QUEST'ORA DI NOTTE, RAGAZZINO?! MA ALMENO LO SAI CHE ORE SONO, EH?! SONO LE DUE DI NOTTE! NON TI AVVICINARE A CASA MIA, RAZZA DI SUDICIO BARBONE, NON VOGLIO DROGATI MENDICANTI ALLA MIA PORTA!" cominciò a sbraitare l'uomo sull'uscio della sua casa, dipinta di celeste. Park lo guardò basito, cercando di alzarsi e chiedere scusa, per spiegare che era un malinteso e che lui non era affatto drogato.
Andata che sono leggermente ubriaco e con un aspetto forse un po' malandato, ma da qui a pensare che io sia un barbone drogato, mi sembra un esagerazione. Pensò irritato il ragazzo, sistemandosi la giacca, come a voler apparire più sistemato di quanto non fosse.
Si avvicinò alla porta ma non ebbe il tempo di aprire bocca che l'uomo l'aveva già sbattuta sul suo bel visino assonnato, senza neanche salutarlo.
Jimin si sentì arrabbiato e frustrato. Lui non era così, non era un drogato e non era un barbone. Aveva solo voluto divertirsi e passare il tempo in compagnia dei suoi coetanei ad una semplice festa. Ma no, la gente deve sempre avere dei pregiudizi nei confronti dei diciottenni di oggi. Vaffanculo. Ma con amore, sia chiaro. Park Jimin è una persona per bene, ci mette il cuore, quando fa le cose.
Passò avanti con l'intenzione di arrivare a casa il prima possibile ma la stanchezza lo colse di nuovo, facendogli cedere una gamba e cadere a terra, mani avanti per fortuna. "No, non ce la posso fare" si disse Jimin sentendo lo stomaco attanagliarsi. Aveva paura, soprattutto del buio che c'era in quel momento. Se fosse stato solo un attimo più cosciente, a quest'ora sarebbe morto di spavento per colpa di tutte le ombre che gli passavano a fianco. Fortunatamente un tizio di nome Edison aveva inventato la lampadina e adesso esistevano i lampioni. Si sedette su dei gradini, stavolta con più attenzione e badando bene a non fare alcun tipo di rumore. Il braccio gli bruciava, così si costrinse a dare un'occhiata alla ferita, che si rivelò essere messa peggio di quanto si fosse immaginato. Il tessuto della giacca era lacerato completamente, lasciando scoperta la pelle rossa e graffiata, che circondava un profondo taglio lungo la spalla. Il sangue colava sopra a quello ormai incrostato e vecchio di alcuni minuti, formando "sculture" di sangue secco in miniatura sulla sua pelle. Rabbrividì e distolse lo sguardo, togliendo anche la mano dalla spalla e esibendo una smorfia con tanto di linguaccia. Appoggiò la testa al muro e guardò il cielo. Non eiusciva a vedere le stelle ma non capiva se era per colpa della troppa luce delle lampade o per colpa del troppo sonno che ormai gli attanagliava la testa e lo rincoglioniva sempre di più.
Socchiuse gli occhi, mentre la bocca si schiudeva e un rivolo di saliva colava giù. Fortunatamente Jimin non se ne accorse, o a quest'ora avrebbe già provato un profondissimo ribrezzo e schifo, oltre all'irrefrenabile voglia di farsi una doccia, che già aveva da un po' di tempo. Incrociò le mani sulla pancia e ritirò le gambe a se, accartocciandole e cercando un modo per sentirsi più al sicuro e protetto, meno vulnerabile ai pericoli della notte.
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𝐂𝐎𝐅𝐅𝐄𝐄 [y o o n m i n] (in revisione)
Fanfiction【 《Grazie mille, io sono Park Jimin.》 《... Yoongi, Min Yoongi.》 Sometimes you just have to say "yes" to yourself.