XII

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"Dormi"
"No"
"Il dottore ha detto che devi riposare"
"E io non voglio"
"Ok, riformulo. Io ho detto che devi riposare"
Yoongi stava cercando da interminabili minuti di far rimanere a letto il suo ragazzo, dimesso da poco dall'ospedale, dopo l'incidente che aveva subito. Fortunatamente i soccorsi erano arrivati in tempo e non avevano avuto problemi a guarire il giovane ragazzo, che adesso rovendicava il suo diritto di andare a scuola.
"Oh, andiamo hyung! Devo studiare!" Protestò di nuovo il rosso, lanciando contro l'altro ragazzo il cuscino di piume d'oca che aveva fino a poco fa sotto la testa.
"No, non si discute. Stai a letto e non muoverti. Altrimenti ti ci lego" lo minacciò il più grande parando in tempo la cuscinata. "E poi cosa ci troverai di così interessante nello studio lo sai solo tu" continuò guardandolo storto. Jimin incrociò le braccia e piegò la testa di lato, facendo scivolare i capelli sulla fronte liscia. "Devo essere intelligente io!" Esclamò poi. Yoongi scoppiò a ridere e si sedette alla sedia girevole della scrivania di legno chiaro per non cadere. "Tu non sei intelligente e non lo sarai mai. Rimarrai per sempre il mio nanetto scemo" disse facendo la faccina più dolce che riuscì a tirar fuori. Jimin alzò le sopracciglia e lo guardò scettico, pronto a lanciargli un altro cuscino.
Yoongi lo notò e lo guardò nuovamente negli occhi "Devo ricordarti che la prima volta che ci siamo visti tu eri praticamente nudo sotto la pioggia?" Chiese in sarcastico.
"Oh, ma era estate! E poi è passato tanto tempo!" Esclamò in sua difesa il piccolo, battendo le mani sulla coperta che gli copriva le gambe.
"Cinque mesi non è tanto" ribatté secco Yoongi, alzandosi dalla sedia.
"E ora dove te ne vai?" Chiese tristemente Jimin. Yoongi lo guardò con aria ovvia. "A scuola, no? Dove tu non andrai. Se vuoi puoi studiare qui a casa, a proposito" sorrise. Poi lo salutò con un bacio e uscì dalla stanza, seguito dal suono delle lamentele dell'altro che lo supplicavano di farlo uscire. Si fermò sull'orlo delle scale e portò le mani alla bocca. "Usa la tastiera! Vedrai che ti diverti! Riposati una buona volta!" Gridò. Poi scese di corsa le scale, scendendo in salotto e aprendo la porta di casa, per poi prendere chiavi e uscire. Subito una folata di vento freddo lo colpì in pieno, facendolo imprecare sonoramente. Per fortuna Jimin aveva l'istinto mamma e gli aveva lanciato una sciarpa in faccia, altrimenti a quest'ora starebbe ibernando. Yoongi si strinse nella calda lana che copriva il suo collo e chiuse meglio i bottoni della sua giacca. Avrebbe voluto rimanere con Jimin ma doveva seguire le lezioni. E poi a breve avrebbe dovuto sostenere un esame e doveva prestare attenzione in classe.
Ormai fare esami e test era normale, come è normale all'università. Purtroppo a Yoongi questa prospettiva dei suoi prossimi anni non piaceva affatto, malgrado Jimin lo incoraggiasse senza sosta.
Sospirò, incamminandosi verso la scuola. Ormai si era rassegnato.

~

Jimin guardava il soffitto con sguardo arrabbiato e irritato. Avrebbe voluto andare a scuola, avrebbe voluto incontrare Taehyung, che aveva scelto la sua stessa università, avrebbe voluto prendere i libri di scuola e studiare o uscire con i ragazzi. Ma aveva avuto un maledetto incidente e adesso era bloccato in una convalescenza noiosa e solitaria. Si districò dalle coperte che lo avvolgevano per scendere dal letto, ma non appena mise un piede sul pavimento un brivido di gelo lo fece rabbrividire e risalire a velocità lampo sul materasso.
Ciabatte, ho bisogno di ciabatte. Pensò guardandosi intorno. Spostò lo sguardo vagando per tutta la stanza, fino a quando non intravide un paio di vans ai piedi della scrivania. Non erano sue, lui non aveva delle vans verde acqua. Sorrise, pensando che Yoongi sembrava scegliere le scarpe intonandole al colore dei suoi capelli. Gattonò fino in fondo al letto e si sporse per prenderle, accorgendosi di essere davvero troppo basso e corto per raggiungerle. Sbuffò e si sporse ancora di più, muovendo la mano e cercando di raggiungere le scarpe. Fece una smorfia nel momento in cui sentì tutti i muscoli e i tendini del braccio sinistro tendersi come corde. E poi cadde. Di faccia. Sul pavimento. Freddo.
"MAPPORC-" non finì l'imprecazione, perché qualcosa di abbastanza freddo e pesante cadde sulla sua testa, facendolo urlare ancora più forte. Avete presente quando sei arrabbiato per qualche motivo e cerchi di smaltire l'irritazione ma irrimediabilmente ti succede qualcosa che ti fa incazzare il doppio? Ecco.
"MA LA SFIGA STAMANI TUTTA A ME?!" gridò il ragazzo incavolato nero, afferrando le scarpe e mettendosele ai piedi, dopo essersi messo a sedere. Conclusa la tanto bramata operazione, Jimin guardò in terra, osservando l'oggetto contundente che lo aveva colpito pochi attimi prima. La lampada. La fottuta lampada sulla scrivania mi è caduta sulla testa. La fottuta lampada sulla scrivania ha osato cadermi in testa. Pensò scandalizzato Jimin.
Si alzò con fatica e si portò una mano al petto, reprimendo una smorfia di dolore. Nell'incidente si era slogato il polso e rotto tre costole, quindi questa accidentale caduta non gli aveva fatto molto bene. Sperò solo che le sue costole non avessero deciso di frantumarsi tutte insieme in quel momento. Aveva addosso dei lunghi pantaloni larghi. Era la tutta di Yoongi. E sopra aveva la maglietta di Yoongi. Aveva addosso solo roba di Yoongi, perché lui amava vestirsi con i capi del fidanzato. La trovava una cosa molto dolce e soprattutto in questo modo poteva sentire il profumo dell'altro per tutto il giorno. E ora che era in convalescenza, Yoongi glielo aveva concesso senza protestare. Uscì in corridoio grattandosi la testa, coperta di capelli disordinati e annodati. Si diresse verso il bagno e si guardò allo specchio, storcendo il naso nel vedere quel cespuglio rosso e intrigato sopra la sua testa. Afferrò un pettine dalla mensola accanto allo specchio, per poi avvicinarsi al suo riflesso e cominciare il faticoso compito chiamato "pettinarsi".
Aveva appena finito ed era intenzionato a prepararsi, o almeno cercare di prepararsi, una colazione, quando sentì il campanello suonare. Alzò gli occhi al cielo e, cercando di ricomporsi, scese le scale per andare a controllare chi fosse. Yoongi non di certo, non usciva di scuola a quest'ora e lui non era il tipo da saltare le lezioni. Si avvicinò al citofono e alzò la cornetta.
"Chi è?" Chiese con una strana curiosità nella voce.
"Yoongi, sei tu?" Chiese una voce acuta e allegra al di la del citofono. Jimin corrucciò le sopracciglia e rimase un attimo in silenzio, osservando la porta.
"No. Chi lo cerca?" Chiese con voce cauta.
La rise, di una risata spensierata e allegra. "Sono suo fratello, posso entrare?"
Jimin rimase a bocca aperta, dimenticandosi del ragazzo fuori dalla porta. Yoongi aveva un fratello? E da quando? Non glielo aveva mai detto. E perché?
"Ehi ci sei?" chiese la voce, risvegliando Jimin dai suoi pensieri interiori.
"Oh si, scusa, ti apro" si scusò il rosso, affrettandosi a premere il pulsante che apriva la porta del palazzo. Rimise la cornetta al suo posto e aprì la porta, affacciandosi fuori. Uscì sul pianerottolo e si sporse per le scale, sentendo il rumore dei passi di quel ragazzo sconosciuto che saliva gli scalini. La prima cosa che vide fu una matassa di capelli di media lunghezza, color miele. La seconda fu una giacca di pelle nera, aperta e allegramente svolazzante sui fianchi di un ragazzo magro e alto, dalle spalle leggermente curve. Indossava dei jeans neri e delle semplici converse rosse. Alzò lo sguardo e lo scontrò con quello di Jimin.
"Ehi, scusa il disturbo, volevo fare una sorpresa a Yoongi" disse il nuovo arrivato. Aveva gli occhi molto sottili e scuri, i lineamenti magri e il viso luminoso. Sorrise e a Jimin si sciolse il cuore. Era molto carino. Molto.
"Ehi, scusami ancora" disse il ragazzo fermandosi davanti a Jimin. Quest'ultimo lo squadrò per bene, poi si spostò per farlo entrare e sorrise.
Poi si chiuse la porta alle spalle, mentre il ragazzo si guardava intorno ammirato.
"Piacere io sono Taemin" si presentò allegramente questo, porgendo la mano verso Jimin. Il rosso si grattò la nuca, allungando l'altra mano e rispondendo al saluto. "Piacere, Jimin" disse.
Taemin lo guardò sorridendo. "Non sapevo che Yoongi avesse un coinquilino" osservò incuriosito. Jimin si sentiva molto osservato.
"Be', ecco, sono...sono il suo ragazzo" lo corresse Jimin arrossendo all'improvviso e guardando il pavimento, mentre si mordeva un labbro. Inaspettatamente sentì sulle sue spalle le mani di Taemin, che rideva felice. "E così Yoongi ce l'ha fatta!! Pensavo sarebbe rimasto da solo in un buco per tutta la vita" e rise di nuovo, riempiendo l'aria della sua risata. Jimin lo guardò incuriosito e divertito. Quel tipo lo attraeva. Poi notò una cosa. Non somigliava assolutamente a Yoongi, il che rendeva strano il fatto che fossero fratelli.
Ammiccò un passo e poi aprì bocca. "Ehm, Taemin?" Lo chiamò.
"Si?" Chiese quest'ultimo, alzando di scatto la testa e guardandolo dritto negli occhi.
"E-ecco...tu e Yoongi non vi somigliate affatto, così...mi sono un po' ritrovato smarrito" confessò, cercando di capirne qualcosa. Taemin rise ancora più forte, facendo quasi paura al rosso. "Sono suo fratello adottivo" rise nuovamente Taemin. Il ragazzo rideva così tanto che per un momento Jimin pensò fosse ubriaco. Ma i suoi occhi erano del tutto sobri, solo erano allegri, molto allegri. "Oh, bene, per un attimo ho pensato fossi uno stalker..." ridacchiò il più piccolo, accorgendosi di aver sparato una gran cazzata e tappandosi subito dopo la bocca. Taemin gli sorrise dolcemente, andando a sedersi sul divano. "No ,quello per fortuna no." disse. Poi si alzò nuovamente, guardando in direzione del tavolo di legno bianco e vetro che stava in cucina. "Hai fatto colazione?" chiese poi rivolto a Jimin. Quest'ultimo scosse la testa, cominciando a riprendere quella sua solita stupidità infantile che lo distingueva. "No, sono una frana ai fornelli, quindi ho preferito lasciar perdere. Menomale, direi, altrimenti non avresti trovato un appartamento esattamente a posto" disse ridendo e stirando la schiena, facendo attenzione a non danneggiare le costole. Taemin lasciò paciosamente la giacca sul divano, lasciando così vedere una larga camicia rosa chiaro, dalle maniche arrotolate sopra al gomito. Sorrise verso Jimin e indicò l'ambiente dei pasti con un cenno della testa. "Posso?" chiese innocentemente. Jimin lo guardò come un cucciolo desideroso, in questo caso della sua colazione, e annuì curioso. Taemin si posizionò davanti ai fornelli e poi guardò Jimin. "Cosa ti va di mangiare?" gli chiese sorridendo.

𝐂𝐎𝐅𝐅𝐄𝐄 [y o o n m i n]   (in revisione) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora