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"Jimin, ti prego, sii forte"

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Yoongi era traumatizzato. Il suono delle macchine che passavano e frenavano di botto gli giungeva ovattato alle orecchie, come un suono lontano. L'unica cosa che percepiva in quel momento era il dolore, il dolore che gli stringeva il cuore e la rabbia, l'odio verso la persona che aveva ridotto così il suo piccolo angelo.
Teneva stretto fra le braccia il più piccolo, che non dava segno di volersi svegliare. Yoongi cominciò a riversare lacrime su quel corpo che fino a poco fa era stato vivace e pieno di allegria e voglia di divertirsi. Adesso giaceva sull'asfalto, fra le braccia della persona cui aveva reso la vita migliore.
Il ragazzo dai capelli color acqua si frugò in tasca con mano tremante, cercando di estrarre il telefono dal giubbotto. Questo cadde un paio di volte, finché Yoongi non prese un profondo respiro e cercò di calmare il tremolio del suo corpo, scosso dai singhiozzi. Vedere Jimin in quello stato gli faceva male, come se la vittima dell'incidente fosse stato proprio lui, come se tutto il dolore che stava provando adesso Jimin lo stesse provando lui. Con gli occhi offuscati dalle lacrime cercò di aprire la rubrica, riuscendovi dopo vari tentativi.
Non era mai stato capace di chiedere aiuto, a nessuno, neanche agli amici più stretti. Ma qui si trattava di Jimin, e l'aiuto serviva alla sua vita.
Il maggiore si portò il telefono all'orecchio con una mano, continuando, con l'altra, a stringere il gracile corpo del minore, che teneva la testa appoggiata al suo petto, ciondoloni.
Dall'altro capo del telefono una voce femminile rispose gentilmente alla chiamata di Yoongi.
"Pronto, Seoul Central Hospital, ha bisogno?"
A Yoongi si formò un groppo in gola, che gli impedì di rispondere per qualche attimo. Non voleva mettere che a Jimin servisse un soccorso, voleva solo che questo fosse tutto un sogno, un fottutissimo sogno.
Adesso lui si sarebbe svegliato e avrebbe trovato Jimin accanto a se, avvolto dalle candide coperte, con quel suo magro corpicino bianco e morbido, il cui petto si alzava e abbassava lentamente a ritmo del respiro.
"Pronto?" Chiese nuovamente la donna al telefono.
Yoongi represse un forte singhiozzo e strizzò le palpebre, facendo scivolare via altre decine di lacrime.
Fornì alla donna l'indirizzo, con alcune difficoltà, in quanto la bocca si era quasi sigillata.
"La p-prego, faccia presto" chiese infine con tono quasi supplichevole. La sua voce che sempre era stata così calda e calma, pronta a sistemare qualsiasi problema che affliggesse il fidanzato o se stesso, adesso era rotta, spezzata, trasudava terrore e disperazione, che mai prima d'ora aveva pensato di poter provare.
I minuti sembrarono eterni, mentre Yoongi continuava ad accarezzare il viso di Jimin, ancora disteso e silenzioso, passando le sue grandi mani fra i capelli rossicci dell'altro, cercando di farlo riprendere. Sussurrava all'orecchio del più piccolo parole dolci, di conforto, cercava di tranquillizzarlo, nella speranza che lui si sarebbe svegliato e lo avrebbe abbracciato come aveva sempre fatto. Ma ciò non accadde. Il piccolo corpo del rosso rimaneva immobile, come se fosse privo di vita. Yoongi non sentiva più niente, non vedeva più niente, tanto le lacrime gli avevano offuscato la vista.
Non sentì neanche il rumore dell'ambulanza che arrivava sul posto come una furia, per riuscire a salvare Jimin.
Il maggiore non voleva staccarsi dal piccolo, non voleva abbandonarlo, aveva paura che sarebbe stato solo e gli sarebbe accaduto solo del male, proprio come adesso. Continuò a tenerlo stretto e a piangere sulla sua spalla, finché i medici e i paramedici non lo staccarono a forza dal ragazzino, trascinandolo via e strattonandolo in modo da farlo calmare.
"Sua fermo, per favore, dobbiamo portare il ragazzo in ospedale con urgenza!" Gridò una donna con una divisa arancione. Il suo sguardo diceva tutto, era fermo, segno di esperienza e di tanti altri momenti passati come quello. Sapeva gestire la situazione e Yoongi lo afferrò il volo, smettendo di opporre resistenza e allargando il cuore che continuava a riempirsi di dolore.
"Posso almeno salire con voi? Quel ragazzo è molto importante per me" chiese con un fil di voce, mentre ciuffi di capelli celesti ricadevano sui suoi occhi ormai spenti e opachi di lacrime.
La donna gli posò una mano sulla spalla e si avvicinò a lui, con espressione di condoglianze.
"Ci spiace, ma il protocollo ce lo vieta" si scusò, lasciando qualche pacca di conforto sulla schiena del giovane. Poi seguì i colleghi in fretta e furia sul mezzo medico, le cui porte posteriori si chiusero lentamente, lasciando il tempo a Yoongi di intravedere l'immagine di Jimin disteso su una barella dalle lenzuola bianche, ormai sporche di sangue.
Una fitta di dolore gli attaccò il petto e lo stomaco, facendo fare le giravolte al duo intestino.
Si chinò sul marciapiede e vomitò, riprendendo un attimo a piangere.
Quando si rialzò sembrava più morto di quanto non lo fosse di già. La pelle era più pallida del solito, consumata dalla paura e dal dolore, gli occhi tutt'ad un tratto spenti e vuoti, il viso basso e le labbra secche.
Si asciugò le lacrime che avevano rigato finora il suo volto e tirò su con il naso, strofinando lo con la manica della felpa.
Cosa poteva fare adesso? Gli venne in mente Jimin, quel suo grande sorriso che metteva a posto ogni cosa. Tutte le volte che Yoongi aveva un problema si rivolgeva a lui, che con un semplice sorriso riusciva a sistemare anche i drammi peggiori. Ma adesso non sarebbe stato come al solito.
In quel momento, Yoongi rimpianse di non avere amici, poi un immagine gli attraversò la mente.
Jungkook. Sebbene fosse parecchio più piccolo di lui, mostrava molto più buon senso di tanti adulti di quella società del tempo. Era sempre disposto ad aiutarti e ad aiutare il prossimo, sempre allegro e soprattutto, sapeva sempre cosa fare per ogni occasione.
E poi Jimin era amico di quella banda di scemi da cui era stato al loro primo appuntamento, anche loro dovevano sapere del suo incidente.
Si avviò verso il vialetto di casa, intenzionato a prendere la macchina, poi pensò al fatto appena accaduto. No, li avrebbe semplicemente chiamati.

𝐂𝐎𝐅𝐅𝐄𝐄 [y o o n m i n]   (in revisione) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora