Capitolo 3

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Non avevano più parlato di quanto successo.
Come se avessero stipulato un patto silenzioso.
Io non ne parlo con te.
Tu non ne parli con me.
Ciò di cui, comunque, non avrebbero sicuramente parlato era quanto pensassero a quell' episodio.
Mickey si trovava sopraffatto dall'immagine di Ian sopra di lui, non appena si svegliava al mattino, e prima di andare a dormire.
A Ian veniva in mente in alcuni momenti a caso durante la giornata, mentre si lavava i denti magari, o quando guardava la tv, più spesso, succedeva sotto la doccia.
Quanto ancora avrebbe resistito prima di provare nuovamente a baciare Mickey?
Lui infondo, l'aveva scostato, forse non gli piaceva, forse non aveva intenzione di mischiare la vita privata con il lavoro.
Per il momento decise che si sarebbe accontentato di pensarlo.

Mickey era particolarmente nervoso, Dan aveva avuto la bella idea di mandarlo a fare un catering per un qualche cazzo di matrimonio, e chiaramente aveva deciso che doveva essere Ian ad andare con lui.
Come se non fosse già abbastanza difficile.
Come se guardarsi circa un milione di volte, e non poterne proprio fare a meno, durante il loro turno, non rendesse la cosa già abbastanza imbarazzante.
Come se vestirsi come un fottuto pinguino non fosse già abbastanza controproducente per la sua dignità.
Era comunque un lavoro che gli avrebbe fatto guadagnare 300 dollari
E non poteva di certo rifiutarsi.

"Stai bene" disse Ian sorridendo verso il moro, visibilmente in imbarazzo in quel completo nero con camicia bianca e cravatta.
Anche tu stai bene. Cazzo. Sei sexy.
Ti strapperei quei vestiti di dosso con i denti.
"Tienilo nelle mutande Gallagher"
Fu tutto ciò che disse, sveltolando in aria il dito medio.
Ian, poteva affermare che quel gesto fosse il marchio di fabbrica del ragazzo.
E cazzo se gli piaceva.

Era come se Ian sapesse, sapesse che l'aggressività di Mickey fosse un modo di nascondere l'imbarazzo.
Ed era come se Mickey sapesse, che quella maledetta testa rossa lo avesse capito.
Poteva accorgersene dai suoi occhi, che sembrava proprio sorridessero.
Quei maledetti occhi.
Quel maledetto Gallagher.

"Che cazzo fai ragazzino piangi?"
"I matrimoni mi emozionano"
Come si erano ritrovati a sfiorarsi il dorso della mano mentre assistevano al primo ballo da marito e moglie di quei due proprio non lo sapevano.
Eppure nessuno dei due si scostò.
Come se da quel tocco dipendesse il loro respiro regolare.
"Mio padre ne ha celebrati molti, di matrimoni"
Mickey non riuscì proprio a trattenere una risata.
Il suo sopracciglio sinistro scattò sulla sua fronte.
Quanto Ian trovasse quel gesto fottutamente affascinante, non glie lo avrebbe di certo detto. Non ancora.
"Tuo padre è un cazzo di prete?"
"Reverendo, più precisamente"
"Un reverendo con un figlio finocchio? Questa mi è nuova"
Ian, si irrigidì e Mickey poteva notare il pugno che si era formato nella sua mano, che non sfiorava più la sua.
"In realtà, beh non lo sa che sono gay"
Era la prima volta che lo ammetteva di fronte a qualcuno, di fronte a qualcuno che non avesse incontrato in un gay bar per poi finire a scopare in qualche vicolo, si intende.
Si stava fidando di lui.
Sentiva di poterlo fare.
Non ne comprendeva il motivo.
Eppure decise di essere sincero.
Non lo sapeva. Non sapeva che Mickey poteva capirlo.

Deglutì pesantemente.
Perché era in grado di capirlo.
Perché sapeva cosa Ian stesse provando.
Lo sentiva più vicino.
E questo gli faceva bene e gli faceva male.
"Non dovresti nasconderti"
Non dovresti farlo perché tu sei quello che sei, nessuno può dirti cosa essere, chi ti ama, ti ama per ciò che sei, a prescindere da chi ti scopi.
Non lo disse.
Non era mai stato di troppe parole.
Non avrebbe cominciato ad esserlo in quel momento.

"Non lo accetterebbe, lui vorrebbe che io, si che io"
Sudava, e il suo viso si fece rosso, quasi quanto i suoi capelli.
"Vorrebbe che io diventassi reverendo come lui"

Chiarmente non era ciò che Ian desiderava.
Non che Mickey non ebbe l'impeto di ridere di gusto al solo pensiero di gallagher che sproloquiava qualche predica la domenica mattina.
Ma non lo fece.
Lo rispettò.

Rispettò quel primo momento di confidenza che stavano avendo.
Che lo rendesse felice il fatto che tra tutti avesse scelto proprio lui per aprirsi, lo nascose anche a se stesso.

La sua di storia, forse glie l'avrebbe raccontata più avanti. Forse non lo avrebbe mai fatto.

"Grazie".

Qualcuno stava davvero ringraziando Mickey Milkovich?
Per cosa poi?
Non aveva fatto niente.
E non poteva di certo immaginare che Ian gli fosse grato, solo per il fatto di averlo ascoltato. E non giudicato.
"Di niente amico".

Ora lo sapevano.
Sapevano chi erano.
Sapevano esattamente che avrebbero potuto lasciarsi andare.
Che potevano lasciarsi andare alla voglia di toccarsi, e di baciarsi.
Ma non lo fecero.
Nessuno dei due ebbe il coraggio di farsi avanti, di varcare la soglia di quel territorio inesplorato che erano l'uno per l'altro.
Ebbe la meglio la paura.
La paura di quelle farfalle nello stomaco che Mickey sentiva e malediceva.
Perché lui non era una checca.
La paura del caos che aveva Ian nella testa, perché avrebbe potuto innamorarsi di lui, come si era innamorato di quegli occhi dal primo istante in cui avevano incrociato i suoi.
Come stava succedendo in quel momento. Guardandosi.
Era possibile affrontare un discorso con la forza del solo sguardo?
Forse si.
Ma loro questo, ancora non lo avevano capito.

Fu quando Ian non si presentò a lavoro un mercoledì mattina, sotto ordine del padre, che aveva insistito perché fosse presente ad una di quelle riunioni con i fedeli che era solito organizzare una volta al mese, che Mickey si rese conto di aver passato l'intera giornata sbuffando, sentendosi stranamente irrequieto, quasi solo.
Dava la colpa ai clienti rompi palle, e alla stanchezza dovuta alle otto ore di turno sulle spalle, questo è chiaro.
Fu ciò che scrisse ad Ian, recuperando il suo numero di telefono dal registro degli impiegati.
Per Ian : Mi hai lasciato a gestire tutti quei fottuti clienti da solo. Stronzo.
Perché così, era più facile.
Per Ian: Ah, sono Mickey.
Perché così non avrebbe dato troppo nell'occhio. Credeva comunque che non era ciò che voleva fare, sentire quell'impertinente di un rosso.

Da Ian: Lo avevo capito. E grazie.
La risposta arrivò circa un paio di minuti più tardi, e allora per quale cazzo di motivo gli sembrò un eternità?
Decise di non porsi questa domanda.
Per Ian: Sai dire solo grazie tu?
Che cazzo, tutti questi grazie erano irritanti.
Ian era irritante.
Quel sorriso che poteva sentire formarsi sulla faccia ogni volta che il telefono squillava segnalando l'arrivo di un nuovo messaggio, era irritante.
Da Ian: Posso offrirti una birra per farmi perdonare stasera?
No.
Non è affatto una buona idea.
Significherebbe superare la soglia che li rendeva solo colleghi.
Per Ian: Ok.
Cazzo.

Si ritrovarono a chiacchierare in un piccolo pub poco lontano dall'appartamento di Mickey.
Ignorando il piccolo particolare che li aveva visti protagonisti di una specie di sfilata di moda del cazzo.
Perché la camicia non era abbastanza seria.
Perché lo era troppo.
Perché i jeans erano consumati e la cinta non si abbinava con le scarpe.
Mickey si sarebbe picchiato da solo per questo. E aveva ringraziato Dio che sua sorella non fosse presente per assistere a quell'umiliazione.
Per Ian, era un po' diverso.
Lui aveva sempre scelto con cura il suo abbigliamento.
Piuttosto si era concentrato un po' troppo sulla scelta del profumo da spruzzare dietro le orecchie e sui polsi.

La serata scorreva veloce, le birre, ancora di più.
Mickey rideva delle barzelette di Ian, che per giunta, non erano affatto divertenti, e Ian teneva la bocca aperta ascoltando i racconti del passato non proprio da bravo ragazzo del Milkovich.
Decisero, entrambi, di non pensare a quanto fosse strano avere la sensazione di conoscere l'altro da una vita. Dall'inizio dei tempi forse.
Decisero di non pensare a quando fosse stata l'ultima volta che avevano riso cosi fragorosamente, e di come il tempo sembrava essersi fermato quando le loro mani si sfiorarono sotto al tavolo.
Di come il mondo sembrava essere sparito quando Ian con audacia prese l'indice di Mickey e lo accarezzò leggermente, sorridendo.
Quel tipo di sorriso che renderebbe la luna ridicola a confronto.
Guardando quegli occhi così blu, che se il mare potesse vederli, si vergognerebbe di non essere all'altezza.

Rimasero in silenzio durante il tragitto verso casa, un silenzio fatto di parole che sembrava dicessero
Resta
Non tornare a casa
Resta

Non lo dissero.
Trattennero quel bacio della buonanotte che tanto avrebbero voluto scambiarsi.
Non era il momento, o forse lo era e se lo fecero sfuggire. Non lo avrebbero mai saputo.

O più semplicemente, iniziavano ad essere consapevoli del fatto, che una volta varcata quella soglia, non sarebbero più potuti tornare indietro.
Non sarebbero più stati in grado di andare via.


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