Ian non si era ancora fatto sentire, ne vedere, il che rendeva Mickey parecchio nervoso, tanto da controllare il telefono ripetutamente durante la giornata.
E non gli importava davvero che potesse sembrare una ragazzina insicura, era preoccupato e non lo negava.
Era strano, troppo strano che Ian sparisse cosi, troppo appiccicoso quel maledetto ragazzo per passare ore senza sentirlo.Il telefono squillava dall'altra parte
"Mick" la voce rotta
"Ian cazzo, stai piangendo?"
"Mio padre non mi lascia uscire, vuole che parta lunedì"
"No cazzo, non se ne parla cazzo"
"Ho provat- ci ho provato giuro"
"Esci da quella merda di casa prima che venga a buttare giù la porta"
Ian sussultò nell'udire un rumore sordo dall'altra parte della cornetta.
Mickey aveva sicuramente preso a pugni qualcosa.
"Sarebbero solo tre mesi Mickey"
"Non se ne parla cazzo"
"Mi manchi"
Il moro poteva sentire il cuore martellargli in gola, sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto fare. E l'avrebbe fatto.
"Si. Anche tu"
Riagganciò lasciando un Ian perplesso a fissare il telefono, si era arreso cosi presto?
Poteva sentire le lacrime riempirgli gli occhi e scivolare sulle guancie."E tu saresti?"
"Sono quello che porterà Ian fuori di qui, anche se dovessi prenderti a calci nel culo"
"Mickey, immagino"
Allungò una mano verso di lui, che non glie la strinse.
Grugnì non distogliendo lo sguardo minaccioso dall'uomo che voleva portare il suo ragazzo lontano da lui.
Era intenzionato a fare qualsiasi cosa per impedirglielo.
"Senti, Mickey, Ian probabilmente ha solo preso una sbandata, forse è solo confuso"
Poteva percepire la rabbia invadere il suo corpo, avrebbe potuto ucciderlo in quel momento, se non fosse stato il padre di Ian.
Si bloccò alla vista del ragazzo che correva giù per le scale, dopo aver udito la voce di Mickey provenire dall'ingresso.
"Mickey"
E non gli importò che suo padre fosse li, tutto ciò che voleva fare era abbracciarlo stretto.
Ed è quello che fece.
Si scaraventò tra le sue braccia, stringendolo così forte da fargli mancare il respiro.
Le mani di Mickey scorrevano lunga la schiena del rosso.
In quel momento, in quell'abbraccio, potevano percepire i loro cuori che finalmente riprendevano a battere a ritmo regolare.
"Sono qui adesso"
"Portami via"Fu la voce di Ernest ad interrompere l'iddilio
"Ok, ascoltatemi, sono abbastanza sicuro che tutto questo non durerebbe a lungo comunque, Ian, avanti, tu non sei gay, sei solo confuso, è normale alla tua età"
"Vaffanculo" replicò Mickey facendosi avanti, probabilmente intenzionato a prenderlo a pugni.
La mano di Ian che stringeva la propria lo trattenne.
Era diventato una cazzo di checca.
Non avrebbe rifiutato di prendere a botte qualcuno non appena gli si fosse presentata l'occasione.
Non fino a quel momento."Papà ti sbagli, per favore dammi la possibilità di restare, dammi la possibilità di essere ciò che sono e di fare ciò che voglio. Voglio stare con lui papà". La voce rotta dal pianto che riuscì a trattenere solo grazie alla mano di Mickey che stringeva la sua con tanta forza.
"Ti prego papà".
Continuò abbassando le spalle in segno di resa."Allora, senti che faremo, partirai per il seminario, come è stato deciso, se alla fine di questi tre mesi non avrai cambiato idea, vi darò la mia benedizione"
A giudicare della sua faccia, potevano dire che non credeva davvero ciò che stava dicendo.
"Tre Cazzo di mesi, scherziamo?" Disse Mickey gonfio di rabbia, e di rassegnazione.
"Papà""Se non partirai farò qualsiasi cosa in mio potere per impedire questa relazione, qualsiasi cosa"
Andò via senza dare il tempo ai due ragazzi di replicare una qualsiasi cosa.
Ian lo sapeva.
Se lo diceva. Lo avrebbe fatto per davvero."Vieni qui"
Disse Mickey prima di prendere Ian per la maglietta e trascinarlo vicino a lui per stringerlo in un altro abbraccio.
"Ce la faremo" sussurrò nel suo orecchio.
Con il pollice catturò la lacrima che stava scendendo lenta sulla guancia del suo ragazzo.
Gli posò un piccolo bacio sulle labbra e lo strinse di più.
Non voleva lasciarlo andare.
Non voleva che partisse.
Non voleva stare senza di lui.
ma sapeva che non avrebbe avuto altra scelta.
Sapeva che poteva resistere se questo avesse significato avere Ian tutto per sé solo tre mesi più tardi.
Una parte di lui aveva paura, paura che Ian avrebbe cambiato idea, paura che non avrebbero resistito
Paura che Ian gli sarebbe mancato più di quanto lui stesso potesse immaginare.
Ma avrebbe lasciato questi pensieri da parte, almeno per il momento.
Almeno finché Ian sarebbe stato ancora li con lui.
"Prendo due giorni di ferie, prendi le tue cose e andiamo via di qui"
Disse quando la sua fronte era poggiata su quella dell'altro e le dita di Ian intrecciavano le sue in una stretta così forte da sentire le nocche contrarsi.
"Non me ne frega un cazzo di quello che dice tuo padre"
Ian annuì baciandolo delicatamente
"Andiamo" disse nella sua bocca.I due giorni successivi passarono in fretta, più di quanto entrambi avrebbero voluto.
Non parlarono di cosa sarebbe accaduto, una volta lontani, ne di ciò che sarebbe successo una volta che Ian fosse tornato.
Forse non ce n'era bisogno, o forse sapevano che parlarne avrebbe voluto dire rovinare quei pochi momenti insieme che gli erano rimasti prima della partenza.
Furono due di quei giorni, che avrebbero sicuramente ricordato per tutta la vita.
Fecero l'amore, chiacchierarono fino a tarda notte, spesso di stronzate senza senso, avevano riso e consumato una quantità industriale di cibo spazzatura, spesso direttamente nel letto, spesso nudi.
Mickey poteva giurare di non aver mai visto un sorriso più bello di quello, e il fatto che fosse rivolto a lui ogni volta, lo destabilizzava non poco, non c'era abituato, e gli piaceva. Gli piaceva da morire.
Ian dal canto suo, sentiva di essersi perdutamente innamorato di quel ragazzo, con tutti i suoi difetti, con i suoi modi un po' rozzi e la dolcezza che tirava fuori solo quando erano loro due.
Perché quando erano loro due, il mondo fuori non esisteva.
Non esisteva davvero.
Non esisteva nessuno.
Nessuno oltre loro due.Fu con l'avvicinarsi del tramonto, quella domenica pomeriggio, che la tristezza prese il sopravvento.
Gli occhi di entrambi si velarono di grigio, i sorrisi erano svaniti dai loro volti. Improvvisamente.Ian si mise a cavalcioni su Mickey, che era seduto sul divano a torturare l'unghia del suo pollice sinistro.
Erano occhi contro occhi, quando Ian affondando la testa nella spalla di Mickey disse ciò che sentiva da giorni, ciò che il suo ragazzo aveva bisogno di sentirsi dire prima che Ian andasse via. Via per tre fottutissimi e lunghissimi mesi.
Posò un bacio sulla punta del suo naso
Sulla guancia
Sulla fronte
Sulle labbra
Le mani di Mickey scivolarono sui fianchi di Ian portandolo più vicino a lui.
Il più vicino possibile.
"Ti amo" disse.
Lo bació sul collo
"Ti amo Mick". "Ti amo cazzo"
Poteva sentire il respiro di Mickey accellerare, il suo cuore battere velocemente nel petto.
Sospirò, come se stesse cercando di trattenere tutta l'aria che il mondo aveva a disposizione prima di rilasciarla tutta insieme
"Ti amo anch'io"Mickey Milkovich poteva dirlo davvero adesso, era un cazzo di uomo fottuto.
E non c'era sensazione più bella di quella.Le settimane successive furono una vera tortura per entrambi.
Le ore sembravano non passare mai, e gli sms e le telefonate non erano davvero sufficienti per colmare quel vuoto che né il lavoro, ne tantomeno quel cazzo di seminario riuscivano a riempire."Ian"
"Ei Mick"
E potevano giurarci, di guardarsi negli occhi anche a kilometri di distanza, anche se un cazzo di telefono impediva loro di toccarsi, e baciarsi, e stringersi.
"Mi manchi cazzo"
Le parole uscirono dalla bocca di Mickey, rabbiose e tristi, impotenti.
Odiava sentirsi impotente.
Non era qualcosa che poteva risolvere a suo modo quella.
Doveva farsi andare bene quella lontananza, che non gli andava bene per niente.
"Non ce la faccio più Mick, ed è passato poco più di un mese"
"Troverò il modo di tirarti fuori di li"
Avrebbe dovuto escogitare il migliore dei suoi piani, e aveva intenzione di farlo.
"Ti amo"Fu tutto quello che ebbe bisogno di sentire.
Si ritrovò davanti casa di Ian, senza avere la minima idea di cosa avrebbe detto a suo padre per convincerlo a far tornare il suo ragazzo a casa, da lui.
La porta era aperta e senza disturbarsi a bussare, entrò.
Si bloccò dietro la colonna tra il salotto e la cucina, meno luminosa di quanto si ricordasse, quando udì Ernest parlare animatamente con una donna.
Probabilmente la madre di Ian, pensò.Quello che riuscì a sentire lo lasciò senza fiato.
"Non sono sua madre, e deve saperlo, ha dei fratelli, e deve saperlo"
"Scoparmi quella pazza di sua madre è stato l'errore più grande della mia vita, ma scegliere di portarlo via da tutta quella merda del south side, da quell'alcolizzato di mio fratello Frank è stata la decisione migliore per lui"In un attimo fu scaraventato alla sua vecchia vita.
Nel suo vecchio quartiere.
Cinque o sei case più avanti alla sua.
La famiglia Gallagher.
Come cazzo non ci aveva pensato prima?"Chi c'è?"
Fu quello che disse prima di gelarsi di fronte la vista di Mickey.
"Quanto hai sentito?""Riporta Ian a casa, adesso."
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Il Destino Ha La Sua Puntualità
FanfictionMickey comincia una nuova vita lontano dal south side, Incontra Ian, figlio di un reverendo rigido e metodico che non ha idea di quale sia in realtà l'orientamento sessuale del figlio. Il destino, ci metterà lo zampino.