6. Louis Armstrong, Louis the bread and Louis Vuitton

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Giro la chiave e spalanco la porta, felice di essere 'a casa'. Sebbene non sia proprio casa mia, ma sempre meglio che stare lì ad ascoltare mille volte sempre la stessa canzone.
Chiudo la porta alle mie spalle, e mi ci appoggio contro.
«Ehi, Mary!», mi saluta per primo Niall. «Com'è andata la serata con Mister Tredici Giugno?».
Gli rivolgo un'occhiata stravolta, e lui scatta subito in piedi, seguito a ruota dagli altri. «Stai bene? Mary? Che è successo?», domanda Liam toccandomi la fronte.
Zayn fa una smorfia. «Ti ha picchiata?».
«Ti ha violentata?», domanda Harry.
«Ti ha stuprata?», chiede Liam.
«Ti ha mangiata?», la domanda di Niall stona su tutte.
Harry gli dà una pappina. «Idiota!».
«Disse quello che si è messo un perizoma per scommessa!».
Il ricciolo sbuffa. «C'erano in premio i buoni del Mc Donald's!».
«Vecchi dall'anno prima, Styzza», gli ricorda Liam.
Sorrido nel sentire il nomignolo 'Styzza'. Stazza.
«Cosa stavamo dicendo prima?», riprende il controllo Zayn.
Sollevo la mano passivamente, e subito sono di nuovo a tastarmi la fronte e ad accarezzarmi i capelli.
«Non ti ha picchiata, vero?», si accerta Zayn.
«Non ti ha violentata, vero?».
«Non ti ha stuprata, vero?».
«Non ti ha mangiata, vero?».
Ci voltiamo tutti a fissare Niall, poi sbuffo e mi sposto dall'ingresso. «E' stata la serata più brutta di tutta la mia vita», dico solamente.
Niall mi segue, da buon migliore amico. «Ma perché? Ti ha mangiata davvero?».
Cribbio! «Le domeniche d'agosto quanta neve che cadrà!».
Il biondo aggrotta la fronte, confuso. «Ma ad agosto non nevica...».
Rimaniamo ad osservarci qualche istante, poi lui scuote la mano e si allontana gridando: «Ragazzi, sta dicendo che ad agosto nevica. Quel Louis ha una cattiva influenza su di lei».


Spingo, con la forza di un millepiedi che si è appena accoppiato, la porta del bar Domenica D'Agosto. Mi avvio al bancone e mi butto sopra lo sgabello, come a volergli fare del male fisico. L'unica cosa dolorante, è la mia chiappa destra.
«Ciao Mary! Cosa ti porto?», mi saluta Gigi. Perché è sempre di buon umore? Avesse, poi, motivi di essere felice. Ma non ne ha! Le sue canzoni fanno schifo, ai suoi concerti ci sono due persone sputate, sta perdendo tutti i capelli in testa ed è brutto.
Capelli. Brutto.
Spalanco gli occhi e mi avvicino a lui, sporgendomi. «Giggì, hai presente la favola della "Bella e la Bestia"?». Lui annuisce, confuso. «Non è che una strega ti ha fatto un incantesimo, trasformandoti in un cesso, e devi trovare una ragazza che ti baci prima che tutti i tuoi capelli cadano?», domando.
Gigi si guarda intorno, imbarazzato. «Perché? Sono così brutto da sembrare vittima di un incantesimo?».
Com'era quel detto? Meglio una brutta bugia che un'amara verità. No. Meglio un'amara bugia di una brutta verità? Nemmeno. Meglio cercarlo su google che inventarlo alla minchia? «Sì», dico.
Lui abbassa il capo, per poi rialzarlo. «Allora, cosa ti porto?», grida.
Lo fulmino con un'occhiata. «Dei cookies e un cappuccino, grazie».
Gigi urla un "arrivano subito!", prima di sparire. Roxy, con un tempismo perfetto, arriva al suo posto. «Cosa gli hai detto? Quando fa così è offeso o triste per qualcosa».
«Io? Assolutamente niente».
Mi lancia un'occhiata che la sa lunga.
Sbuffo. «Ho ipotizzato che una strega gli avesse fatto un incantesimo, per questo è così brutto. E deve trovare una ragazza che gli dia un bacio, prima che perda tutti i capelli. In pratica il tempo sta quasi per finire, ma pazienza».
Roxy scoppia a ridere, battendo la mano sul bancone e facendo rovesciare il contenitore dei fazzoletti.
Rido leggermente anche io. «Era carina, vero?».
Lei passa da una risata isterica, ad una smorfia seria. «No».
«Ma stavi ridendo!».
«Ti prendevo per il culo! Come puoi essere così insensibile? Spero tu non sia fan di Demi Lovato, perché lei non apprezzerebbe questi comportamenti da bulla!».
Freniamo, freniamo, freniamo. Comportamenti da bulla? Prima che possa ribattere con aria di sfida, qualcuno si siede accanto a me, portando con sé un odore fresco e leggero. Come la rugiada la mattina, che si posa dolcemente sull'erba e conferisce al paesaggio un'aria delicata e... paesaggistica.
«Profumo di rugiada, che si posa dolcemente sull'erba, conferendo al paesaggio un'aria delicata e paesaggistica», mormoro colta dall'ispirazione, tendendo la mano in avanti.
«Veramente è Calvin Klein One», dice la voce del tipo al quale appartiene il profumo.
Corrugo la fronte. «Davvero? E io che credevo fosse qualcosa di artistico».
Il ragazzo ride. «Già. Comunque piacere, Louis».
Mi volto di scatto, spalancando gli occhi. Louis, occhi azzurri, capelli castani, volto ancora più bello, maglietta a righe bianche e azzurre e pantaloni rossi con risvolto patetico. Oddio.
Eh, no! Così il mio piano va a Belen! Ossia a puttane.
«Piacere», dico tornando a Roxy, che osserva la scena compiaciuta.
«Be'? Non si dice più il proprio nome?», commenta con un coltello in mano.
Deglutisco e mi giro verso Louis, sorridendo. «Mary».
Lui mi afferra la mano, stringendola calorosamente. «Mary? Interessante. E' di origine...?».
«Che?».
«E' di origine italiana, americana, inglese?», chiede.
Fratello, ti droghi? «Che te ne fotte?», domando io confusa.
Louis apre la bocca, interdetto.
Uffa. «Cioè, non vedo perché parlare di un nome banale e semplice come il mio, quando il tuo è così... idilliaco!».
Mister - non te lo posso dare perché non lo do dopo ventiquattro ore e il giorno dopo non mi ricorderei comunque di te - ride. «Oh, sì. La storia del mio nome è molto particolare. In confronto "Lady Gaga" non è niente. Non so se mi spiego».
No, non ti spieghi. «Certo!».
Si volta completamente verso di me e accavalla le gambe. «Partì tutto il giorno che mia madre partorì. In pratica si aprirono le acque, no?».
«Certamente, perché le acque si aprono», lo prendo in giro. «Scommetto che è venuto Mosè a farlo», commento.
Louis ci pensa su. «No, non mi sembra. Comunque, si sono aperte le acque e mio padre ha subito portato mia madre in ospedale. Sono andati in macchina, e mio padre ha accesso la radio, per calmare l'atmosfera, sai?».
Gli mostro la faccia di una che la sa lunga. «Perché tua moglie è accanto a te che grida come un'ossessa perché sta per uscirle un bambino dall'utero, e tu ti metti ad ascoltare musica per calmare l'atmosfera. O pensava di vedere il bambino uscire ballando?».
Non sembra ascoltarmi. «Non sono uscito ballando, non ricordo. Comunque, indovina chi cantava la canzone? Louis Armstrong. E fin qui, fa niente. Però mio padre, nel tragitto, si imbatté in un bar. Visto che aveva fame, decise di prendersi un panino».
Annuisco afferrando il cappuccino che Gigi ha appena posato sul bancone. «Ovvio. Tua moglie grida come una patella che viene staccata selvaggiamente da uno scoglio, e tu vai a mangiarti un panino di merda».
Louis aggrotta la fronte. «No, ma non era un panino di merda. Aveva provola, lattuga, maionese, funghi e prosciutto cotto». Più roba dentro? «E indovina un po' come si chiamava quel tipo di panino? Louis! Incredibile, vero?».
Mmh, in effetti non è una cosa che senti ogni giorno. Come le canzoni di Gigi. «Quindi? Come finisce questa storia?».
«Adesso arriva il bello. Mio padre mangiò il panino e salì in macchina. Guidò fino all'ospedale, fece scendere mia mamma e lasciò la macchina in mezzo alla strada. Allora arrivarono in sala d'aspetto, e mentre mio padre parlava con un'infermiera, mia madre vide una signora con una borsa».
Spalanco gli occhi. «No! Una borsa?! No, ma che sei pazzo? Una borsa? Ma una borsa? Una borsa: bi, o, erre, esse, a?».
Sorride soddisfatto. «Esatto. Indovina di che marca era?».
Be', a questo punto. «Louis Vuitton?».
Sospira. «No, non era Vuitton, ma Gucci. Fortuna che non mi hanno chiamato Gucci. Ci pensi? Gucci Tomlinson. Ma viste quelle due coincidenze del cantante e del panino, ecco scelto il nome: Louis. Non è una storia entusiasmante?».
Così entusiasmante che mi verrà un orgasmo. «Sì, molto».
Gli lancio un'occhiata, osservando il suo profilo. Nonostante tutto, è un ragazzo bellissimo. Ed è un peccato che non possa avere una vita normale, perché dimentica tutto.
«Allora?», esordisco. «Tutta questa storia del nome per abbordarmi e non mi chiedi di uscire?», gli dico. Non mi sono sentita quella storia inutile e stupida per niente. Voglio un appuntamento, vincere la scommessa e giocare con Zayn.
Louis pare interdetto, e si guarda intorno, posandosi la mano sul petto. «No, cioè, ma che scherzi?», il suo tono non promette bene. «Credevo l'avessi capito che sono dell'altra riva».
«Dell'altra riva?».
«Sì, insomma, hai capito, dai», mi fa l'occhiolino.
No, non ho capito. Altra riva? Che cazzo è, il Nilo? «Spiegati megl...».
«Sono omosessuale!», esclama.
Getto un'occhiata a Roxy, che ha appena lasciato cadere il coltello per terra e ha la bocca spalancata.

Quando torno a casa, c'è solo Styzza, che gioca alla play station.
«Ve la siete portati dietro?», domando. Quei tirchi della compagnia di voli mi sembra strano che abbiano accettato un bagaglio più pesante di un chilo. E la play station non è leggera.
Lui annuisce, con la lingua a penzoloni. «Sì. Devo finire il gioco».
Grugnisco. «Voi e questi giochi violenti dove saltano in aria gambe, braccia, peli, gatti, arbusti e pini! Non va bene la violenza, Styzza», lo rimprovero andando in cucina e prendendo una lattina di coca.
Lui si volta, accigliato, con un ricciolo che cade sulla fronte. «Ma io sto giocando alle Winx».
Porca puttana.

13th June.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora