11. She gave me her potato!

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Cazzo, minchia, cazzo, minchia.
Louis sfoglia freneticamente il giornale, con gli occhi sbarrati e il volto spaventato. "Soldi giornale?", chiede il ragazzo e inizia a fissarmi.
Cazzo, minchia, cazzo, minchia.
"Non è possibile."
"Soldi giornale?"
Cazzo, minchia, cazzo, minchia.Qua la situazione si fa più dura del previsto. C'è un ragazzo americano che ha perso la memoria a breve termine e ha appena scoperto di non ricordare una minchia, e un altro ragazzo - hawaiiano - che vuole i soldi del suo stupido giornale.
"Oggi è sette luglio!", Louis mi guarda sconvolto. "Com'è possibile? Ieri era il tredici di giugno, oggi è quattordici! Ieri era tredici giugno, ieri era tredici!"
"Cazzo, l'ho capito! - grido. - Smettila di continuare a ripeterlo."
L'hawaiiano porge la mano. "Soldi."
Frugo nella tasca dei miei jeans, ma la sola cosa che trovo è una conchiglia bianca con striature viola. Gliela porgo e lui la guarda dubbioso. "Soldi? Conchiglia!"
Bene, una volta pagato il ragazzo, posso continuare da dove ero rimasta. Dov'ero rimasta, a proposito? Ah, sì. Cazzo, minchia, cazzo, minchia.
"Questa è conchiglia."
Ancora? "Ma dai? Io pensare essere patata."
Louis continua a sfogliare il giornale e a contare non so cosa nelle dita della mano. Il ragazzo spalanca la bocca e poi si apre a un risolino malizioso. "Tu avermi dato tua patata?"
Annuisco, distratta da Louis che sta salendo in macchina. "Ehm, sì...", poi mi volto. " Che cosa? No! Io non avere dato mia patata!"
Troppo tardi, perché l'hawaiiano sta correndo dai suoi amici gridando: "quella ragazza avere dato patata."
Oh, cielo.Senza pensarci troppo salgo in macchina con Louis, allaccio la cintura e aspetto che parta. Mi sta fissando in modo strano. "Tu chi sei? Ci conosciamo? Hai un figlio? Sei sposata? Porti le mutandine?"
Gli do un colpo sul braccio con tutta la forza che posso. "Premi quel cazzo di acceleratore e portami a casa tua!"
Annuisce e stringe la presa sul volante, per poi voltarsi ancora. " Aspetta. Cosa vuoi fare a casa mia? Vuoi fare sesso? Vuoi sedurmi? Vuoi sedurre mio padre? Mio fratello?"
"No, no!", esclamo. "Voglio parlare con tuo padre. Forza."
Louis mette finalmente in moto e si allontana dal bar.
Dove mi ero interrotta? Cazzo, minchia, cazzo, minchia.

La casa di Louis non è niente male. Una villetta con giardino, posto auto ed è pure davanti alla spiaggia. Molto carina. La osservo, nel mentre che Louis si decide a scendere dalla macchina e farmi strada all'interno.
Nel giardino è pieno di fiori. E quando dico "pieno di fiori", intendo che sembra che la famiglia Tomlinson li caghi proprio. "Oh, che bel fiore. Come si chiama? Rododendro? Tulipano dell'est Russia?", chiedo a Louis osservando un fiore tutto strano. Dev'essere uno di quei fiori tropicali, Sahariani, Novergesi o Turchi. E' proprio strano. Ha una forma strana e...
"E' una margherita."
Mi inchino ancora di più e osservo la presunta margherita con occhio critico. "No, minchia, davvero?", chiedo, ma Louis si sta avviando alla porta d'entrata. "Una margherita? A mia discolpa posso dire che non lo sembrava. Insomma, margherita?".
Louis si volta, sembra scocciato. "Ha i petali lunghi e bianchi, mentre il centro è arancione. Più margherita di così."
Come non detto, ok? Ci sono rimasta di merda. Prima un hawaiiano va a dire in giro che io avere dato mia patata a lui, poi quello che sembra un rododendro delle spiagge australiane del nord Italia Inglesi si rivela una banalissima margherita.
Raggiungo Louis all'entrata. "Hai finito?", mi domanda.
"Sì."
Bussa alla porta e rimane in attesa.
Pochi secondi dopo ci apre un uomo sulla sessantina. Ha gli occhi azzurri come Louis, pochi capelli in testa come Gigi e indossa una camicia a fiori con dei pantaloncini cachi. "Louis."
"Papà."
I due si guardano.
"Che succede, Louis?"
"Papà, è successa una cosa strana."
"Cosa è successo di strano, Louis?"
L'hanno finita di dire in ogni frase "Louis" o "papà"? "Dobbiamo sederci, papà."
Ascallò, a quanto pare no. Il padre di Louis gli fa spazio per farlo entrare, ma quando sto per passare io, chiude la porta. Così mi ritrovo la parete di legno a pochi centimetri dal mio naso. "Hello? Ci siete o ci trombate? Ragazza gentile, dolce, premurosa e grande riconoscitrice di fiori aspetta sulla soglia!"
Fortunatamente la porta si riapre, Louis mi afferra per il polso e mi fa entrare. Con la grazia di una Turca che fuma mi scaraventa sul divano e si siede accanto a me. Suo padre è davanti a noi, con aria seria e preoccupata.
Poi lo noto. Un altro ragazzo. Probabilmente il fratello di Louis. Ha gli occhi azzurri pure lui, i capelli un po' più lunghetti del fratello e tendenti al biondo. Indossa una... canottiera a rete nera, dei pantaloncini in jeans e ha la lingua fuori, mentre solleva con un braccio un pesetto viola.
"... cinquantafei, cinquantafette, cinquantotto, cinquantanove, feffanta...", lo sento contare. E devo impiegare tutto l'auto controllo possibile per non ridere alla sua "s" pronunciata come "effe".
"Ehm, salve.", saluto imbarazzata.
"Douglas, non fare il maleducato e saluta gli ospiti.", dice il padre di Louis.
Il ragazzo poggia il pesetto e mi porge la mano. "Ciao, piacere, Douglaf. Ma le ragazze mi chiamano Doug."
Prima che possa stringergli la mano, il padre lo allontana, infastidito. "Non fare l'idiota. Ti chiamiamo tutti Doug."
Lo saluto con un sorrisetto, dopodiché Louis sospira. "Ho letto il giornale stamattina. E c'era scritto che oggi è sette luglio.", dice. Doug lascia cadere il pesetto, mentre il padre scuote la testa. "E' sette luglio davvero?"
I tre Tomlinson si guardano.
Cazzo, in questo salotto manca solo Barbara Durso con le sue solite facce dispiaciute da cazzo.
"Sì."
"Quindi non è quattordici giugno?", si accerta Louis.
Il padre scuote ancora la testa. "No.", poi si alza e indica al figlio le scale. "Vieni un attimo, ti devo far vedere delle cose."
Una volta lontani, mi guardo attorno. In realtà sono un po' in imbarazzo, con Doug che continua i suoi esercizi di ginnastica. "... feffantafei..."
Rimango ancora in silenzio. "Fettanta.", esclama Doug poggiando il pesetto sul tavolino. "Fai, ne faccio fettanta ogni cinque minuti. Per tenermi in forma. Guarda che mufcoli.", mi mostra il suo braccio gonfio e mi fa cenno di toccarlo. Mi avvicino e ci infilo l'indice.
"Non male, Doug."
"Grazie. Alle pupe come te piacciono i mufcoli, vero?"
Oh, cielo.Sorrido ironicamente. "Sto già cercando di conquistare tuo fratello. Sei arrivato tardi, Doug."
Lui annuisce. "Pafzienfza. Fe cambiaffi idea, fai dove trovarmi. Qui, feduto ad allenare i miei mufcoli da fballo."
E' impossibile seguire quello che dice, vista la sua "effe".
Scuoto la testa, esasperata e proprio quando Doug è alla terza sessione di pesi, Louis scende di corsa le scale, con un espressione sconvolta e lo sguardo sofferente. Cazzo, è il figlio illegittimo di Barbara Durso!
No, serietà. Louis ha appena scoperto una cosa tristissima, devo rimanere seria e...
"...fedici..."
Scoppio a ridere.

Vicino alla casa c'è un molo, con un ponte lunghissimo che da sulle acque di un lago. Louis è seduto sul ponte di legno da una mezz'oretta, il volto poggiato sulle gambe, racchiuse a loro volta dalle braccia.
Il padre è dietro di me, che innaffia le sue bellissime piante. Il mio occhio cade su un fiore strano, che non ho mai visto. "Oh, che fiore è? Non ne ho mai visti così... E' particolare, raffinato, forse raro come la carta di Pikachu gay dei Pokemon."
Il padre di Louis si volta lentamente verso di me e si toglie gli occhiali. "E' una rosa rossa."
Vaffanculo. Nessuno l'avrebbe mai capito, insomma. E' tutta strana, sembra messa in una delle posizioni sessuali del kamasutra. E poi vi sembra rosso, quello? E' più un verde pisello. Senza farmi vedere tiro fuori il cellulare e faccio una foto.
Metto in telefono in tasca e mi avvio verso il ponte, fermandomi esattamente dove è seduto Louis. Mi abbandono al suo fianco e imito la sua posizione, ritrovandomi a fissare affascinata il tramonto.
Una brezza d'aria fresca mi fa rabbrividire, e con grande sorpresa sento qualcosa poggiarsi quasi subito sulle mie spalle. Louis mi ha coperta con la sua giacca a maniche lunghe grigia. Adesso è lui quello con la pelle d'oca, ma continua a fare finta di niente.
"Ti piacciono le cose estremamente larghe?", chiedo.
"Cioè?"
"Slabbrate?"
"Perché?", indaga incuriosito.
Mi infilo la giacca in un braccio e gli porgo l'altro. "Infila il braccio lì, così ci stiamo in due, è elastica."
Louis, con un sorrisetto compiaciuto sul volto fa come gli ho detto, e in pochi secondi siamo stretti l'uno all'altro nella sua giacca. "Grande idea."
"Grazie."
Ancora silenzio. Il profumo di Louis mi invade. Cos'ha detto che era? Calvin Klein? A parer mio poteva anche essere rugiada posatasi... Oh, fanculo. "Come stai?", domando piano.
"Come uno che ha vissuto per mesi sempre lo stesso giorno."
Faccio una smorfia. "Non dev'essere il massimo."
"Proprio no.", sospira. "Soprattutto se segui Il Mondo di Patty. Sono rimasto a quando piangeva perché 'era molto triste'."
Sorrido. "Capirai. E' così in ogni puntata. Non ti sei perso molto. Piange, dice che è molto triste e poi finisce cantando fiesta, fiesta con le popolari."
"Ah, be'. Ora sto meglio."
Il mio sorriso diventa triste. E' orribile vivere lo stesso giorno per mesi, scoprire cosa succede e sapere che il giorno dopo ti sarai dimenticato di averlo scoperto. La tua vita è sempre la stessa routine, e non c'è niente che potrà cambiare la situazione. Da quanto ho capito una cura non c'è, bisogna solo sperare che un giorno si svegli ed esclami: "ricordo tutto."
Sì, sarebbe più probabile che Gigi diventasse un cantante famoso in tutto il mondo.
"La cosa che non ho ancora capito, è cosa c'entri tu in tutto questo."
Lo guardo negli occhi, sentendo una sensazione strana alla bocca dello stomaco. Non è come con Zayn. Quando guardo Zayn, sento le ovaie tremare, ma quando guardo Louis e i suoi occhioni azzurri, è come se il tornado Katrina con la potenza di un frullatore ultramoderno mi investisse lo stomaco. Non è una metafora romantica, ma è un modo per ammettere che Louis inizia a piacermi seriamente.
Sbuffo. "Una scommessa con dei miei amici."
"Tipo?"
Volgo lo sguardo verso il lago, illuminato d'arancione dal sole. "Un mio amico ha proposto che se fossi riuscita a conquistarti, l'altro nostro amico per cui ho una cotta sarebbe venuto a letto con me."
Lou rimane in silenzio, e per un attimo temo si sia arrabbiato. "E l'hai vinta?"
"Sì.", dico. "Però non ci sono andata a letto con il ragazzo."
Lo sento voltarsi e guardarmi. "Perché? Se ti piace..."
"Diciamo che potrei aver sbagliato persona.", gli sorrido debolmente.
Annuisce. "Perciò, domani ti vedrò?"
"Sì, ma non saprai chi sono."
La mano di Louis accarezza la mia e poi la stringe. "Sicura?"
"Accade così ogni giorno, Louis."
"E se tu provassi a spiegarmi cosa mi è successo, come oggi?", propone. "Potrei scrivere un diario dove documento ogni giorno, in modo tale che quando lo leggo il giorno dopo, sappia per certo che quello che mi dici è vero."
Momento: ha avuto un'idea intelligente. "Quindi: tu stasera scrivi cosa è successo oggi, e scrivi anche di me. Domani mattina ti dico tutto, tu leggi il diario e capisci che non ho mentito e..."
"... e possiamo frequentarci normalmente. Senza che tu mi incontri ogni giorno e io non sappia minimamente chi sei."
Frequentarci. Frequentarci, frequentarci. Mi piace questo verbo.
Smettila, stronza!
Mi riscuoto. "Ok, non è male. Possiamo provarci e vedere che succede."
"Idea grandiofa, Tomlinfon.", dice imitando la "effe" di Doug.
Scoppio a ridere.

13th June.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora