IX

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Quando Spilett, Harbert e Nab seppero dell'accaduto, non si turbarono come Pencroff avrebbe creduto. Per lui, il disastro era gravissimo. Ma Nab, felice di aver ritrovato, e sano e salvo,il suo padrone, non lo ascoltò nemmeno; e Spilett disse al marinaio:

- Vi assicuro, Pencroff, che non me ne importa proprio un granché.

- Ma lo sapete che non abbiamo più fuoco?

- Peuh...

- E neanche un mezzo per riaccenderlo?

- Pazienza.

- Ma, signor Spilett...- Non è qui, con noi, Cyrus Smith? Non è qui, vivo e sano? E allora state sicuro che troverà bene il modo di procurarci del fuoco.

- Con che cosa?

- Con niente.

Che cosa poteva rispondere Pencroff? Niente, perché, in fondo, divideva egli pure la fiducia dei compagni nell'ingegnere. Per loro, l'ingegnere era un piccolo mondo, un concentrato di tutta la scienza e di tutta la intelligenza umana. Trovarsi in un'isola deserta con Cyrus Smith era come trovarsi in una grande città americana senza di lui.

Con lui, non sarebbe mancato niente; con lui, era inutile disperare.

Se fossero venuti a dire a quei naufraghi che una eruzione vulcanica stava per distruggere quella terra, che quella terra stava per sprofondare negli abissi dell'Oceano, essi avrebbero tranquillamente risposto:

- C'è qui Cyrus, andate a dirlo a lui.

Intanto, però, l'ingegnere dormiva profondamente, in preda a una prostrazione provocata dai disagi di quel lungo trasporto, e non si poteva ricorrere a lui. La cena allora doveva necessariamente essere fredda e magra. Finita la carne di tetras, portati via dal mare i couroucus, non c'era che... rinviare a miglior occasione il pranzo.

Così, prima di tutto, venne portato l'ingegnere dentro la grotta, nel punto meglio riparato, e disteso sopra una cuccetta di alghe secche.

La notte era scesa, e, con la notte, un freddo acuto che,penetrando per le fessure della grotta sconvolta dai marosi,tormentava i naufraghi. Anche l'ingegnere si sarebbe trovato assai male, se i suoi compagni, levatisi le giacche, non l'avessero sollecitamente coperto.

Per tutta cena, quella sera ci si dovette accontentare dei soliti litodomi abbondantemente raccolti sulla spiaggia da Harbert e da Nab.

Ma Harbert, ai molluschi, aggiunse una certa quantità di alghe commestibili che aveva trovato sopra alcune alte scogliere: erano alghe gelatinose assai ricche di elementi nutritivi. Il giornalista e i suoi compagni le gustarono, dopo i molluschi, e le trovarono abbastanza buone.

- E' proprio tempo - osservò il marinaio - che l'ingegnere venga in nostro aiuto.

Nel frattempo, il freddo si era fatto pungente, e non c'era alcun mezzo, per difendersene. Il marinaio cercò tutti i modi possibili per accendere un po' di fuoco, e Nab l'aiutò del suo meglio. Aveva trovato delle erbe secche e, sfregando energicamente due pietre, riuscì a ottenere delle scintille; ma le erbe secche non erano sufficientemente infiammabili, e non si accesero. Insomma, quel procedimento fallì.

Pencroff tentò allora di fregare due pezzi di legno, all'usanza dei selvaggi. Certo, i movimenti che Nab e il marinaio impressero ai due legni, se non bastarono a produrre il fuoco,sarebbero bastati a far bollire una intera caldaia. Ma, quanto a fuoco, il risultato fu nulla.

I due pezzi di legno si riscaldarono: i due operatori ancora di più; e questo fu tutto.

Dopo un'ora di quella erculea fatica, Pencroff, tutto bagnato di sudore, buttò via i due legni, e brontolò:

L'isola Misteriosa - Jules Verne.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora