Parte prima, Capitolo IV

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Era passata più di un'ora da quando lo straniero si era assopito e io vagavo per la stanza osservandolo da ogni angolazione, studiando ogni minima parte del suo corpo nel dettaglio. Avevo come l'impressione che nascondesse un segreto in ogni ruga del suo viso, in ogni sguardo, in ogni parola.
Presi dalle tasche dei miei pantaloni una caramella al lampone, la scartai e la misi in bocca. Cominciai ad assaporarla. Avrei preferito fumare un bel sigaro piuttosto che succhiare un dolce schiacciandolo contro il palato, ma non potevo uscire da quella stanza, se si fosse risvegliato sarebbe stato scortese non farmi trovare lì. E se fosse morto? Sarebbe stato scortese comunque.
Non potevo fumare nella stanza dove un uomo stava morendo, la notte era fredda e non avrei nemmeno potuto aprire la finestra, così cominciai a carezzare il sigaro sotto il taschino della giacca. All'alba, o chissà, prima, avrei fumato.

Cominciavo a pensare che fosse morto quando, lentamente, aprì gli occhi. Mi guardò stropicciando le palpebre, poi cercò di sollevarsi sulla schiena, ma non ci riuscì. Chiesi se potevo aiutarlo, ma rifiutò con un cenno della mano. Mi accomodai sulla sedia di legno, e gli sorrisi.
"Ha dormito per più di un'ora, signor Marcus" gli dissi, indicando il quadrante del mio orologio da polso.
"Mi sto esercitando per il sonno eterno" mi rispose freddo. Aveva un certo umorismo, per essere in fin di vita.
"Dunque - ripresi a parlare - mi ha raccontato della sua avventura notturna con il clochard, ma non riesco a capire il punto".
"Il punto è, dottore, che quella sera ho capito cosa avrei dovuto fare. Quella sera ho capito la mia missione, e io potrò compierla solo grazie a lei. O meglio, lei la compirà per me".
Quell'uomo parlava per enigmi, e io non riuscivo proprio a capire. Un colpo di tosse interruppe il silenzio e rimbombò nella stanza spoglia, poi cominciò a tossire senza sosta, portandosi il fazzoletto alla bocca. Quando lo ritrasse non potei fare a meno di notare delle evidenti macchie di sangue che spiccavano sul tessuto bianco.
"Tenga, beva un sorso d'acqua" dissi, porgendogli il bicchiere alle labbra. L'uomo bevve senza agitarsi, poi tornò con la schiena sul letto.
"Ho un gran sonno - mi confessò - e ogni volta che mi addormento temo che sia l'ultima. Devo fare in fretta - guardò fuori dalla finestra - il cielo comincia a farsi più chiaro, fra poco usciranno gli uccelli, poi il Sole".
"Io sono qui per ascoltarla" dissi.
"Bene - annuì - guardi sotto il letto".
Mi chinai e, nascosta fra la gamba del letto e il fianco del comodino, notai una scatola rettangolare, di cartone. La presi e vi soffiai sopra a causa dello strato di polvere che la ricopriva.
"Cosa c'è all'interno?" chiesi.
"Lettere. La tratti con cautela - disse - lì dentro c'è tutta la mia vita".
"Non si preoccupi - risposi - mi dica cosa devo fare".
"Innanzitutto non deve aprirla per nessuna ragione al mondo" disse sbarrando gli occhi. "Apra il cassetto del comodino, lo farei io ma in questo momento ogni movimento mi è difficile" disse.
Mi avvicinai al mobile, aprii il cassetto e vi trovai una lettera sigillata con lo stampo di cera rossa. La presi in mano, poi, interrogativo, osservai l'uomo.
"Lei deve consegnare quella lettera a mia moglie, vi è impresso l'indirizzo sopra".
La studiai attentamente, la calligrafia era inclinata verso destra. Mrs. Sienna Parker, 2215 Babel street, Kingston upon Thames, Londra, Regno Unito. Non c'era nessun francobollo, dunque l'uomo sapeva che l'avrebbe fatta recapitare personalmente.
"Quindi io sarei una sorta di postino? Dovrei arrivare a Londra per consegnare una scatola di lettere a sua moglie?".
"No, dottore, lei deve consegnare solo quella lettera a mia moglie, la scatola deve recapitarla ad un'altra persona" disse sorridendo.
"Un'altra donna, immagino" risposi irritato.
"Già, un'altra donna".
Cominciai a ridere innervosito, mi aveva scambiato per un ragazzo delle consegne? Io ero, sono un dottore! Per l'amor del cielo, si stava forse approfittando della sua condizione? Credeva che tutto gli fosse concesso perché stava morendo? Evidentemente si, e aveva ragione.
"Stia pure tranquillo, dottore, ho lasciato i soldi a François, il ragazzo che l'ha accolta qui. Tutti i viaggi saranno a mie spese, e probabilmente le avanzerà anche una modesta somma di denaro, cioè il suo compenso".
Confuso, chiesi all'uomo dove fosse la donna a cui dovevo recapitare la scatola.
"Aberdeen, Scozia, dottore. L'indirizzo preciso può chiederlo a François, lui le dirà tutto quando io non ci sarò più".
La curiosità mi stava divorando, così domandai chi fosse la donna della scatola. Lui sorrise, e guardandomi rispose: "Le ho parlato di due donne alcune ore fa, Sienna, mia moglie, e Jolene, il mio primo amore. La scatola è per Jolene".
"Mi parli di questa donna" dissi accennando un sorriso.
"E' una storia lunga, morirei ancor prima di arrivare a metà, dottore".
"Allora mi dica perchè proprio io devo fare queste consegne per lei. In fondo il paese è pieno di persone."
"I medici devono obbedire al segreto professionale, sbaglio?" chiese.
"Non sbaglia - risposi - ma qui non si tratta della sua salute".
"Già, ma si tratta della mia vita. E poi ho come l'impressione che la discrezione sarà più grande della curiosità, sbaglio dottore?" chiese.
"Non sbaglia, signor Marcus" risposi.

Un cinguettio fuori dalla finestra attirò la nostra attenzione.
"Ci siamo quasi" disse l'uomo.

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Angolo consigli: "Chi è la polizia del cervello?" di AquilanteMalabestia

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