Aveva l'innato senso di percepire la mia presenza.
Dovunque io fossi, lei appariva immancabilmente al mio fianco, preannunciata da un sottile singulto.Era, credo, una dei pochi che riusciva in questa bizzarra impresa. Non perché io non sia ovunque, uno dei miei pochi vantaggi è quello d'essere in ogni luogo allo stesso tempo, ma piuttosto perché riusciva a rendersi conto che ero lì con lei.
Le prime volte, piangeva solamente. Se avessi avuto un cuore palpitante, si sarebbe ridotto in framtumi, a causa del senso di inutilità che provavo.
Io ero, sono e sarò il Nulla, maledetto da mio Padre, tradimento di mia Madre. Non ho corpo, né tantomeno essenza.
Che avrei potuto fare?
Che avrei potuto fare, se non restare quieto ed ascoltare? Memorizzavo la sinfonia, a volte lenta, a volte concitata, dei battiti del suo cuore. Fragile e potente al tempo stesso.Voi anime siete strane.
Fate cose strane.
Non vi capisco.Poi smise di piangere ed iniziò a parlare. Con me, capite?
Mi raccontava la sua storia, avvenimento dopo avvenimento, con gioia e con tristezza.
A mia Sorella, ricordo d'aver pensato, non dovrebbe esser concessa l'assunzione di liquori e sostanze stupefacenti.Talvolta cantava.
Stonava.
Ed era la sua imperfezione, che la rendeva perfetta.