Quest'oggi

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Il mio mondo mi stava sfuggendo dalle mani.

Eravamo giunti al palazzo dei cieli, la dimora di mio Padre.

Una volta avevo abitato in quella fortezza, ammirando il cielo eterno dai giardini, in cui cresceva ogni tipo di fiore. Le alte torri luccicavano di stelle.

Librando il mio non-essere sul vasto castello, non potei fare a meno di notare l'assenza di difese.

Come evocati dal mio pensiero, enormi cancelli d'oro emersero da impalpabili nuvole a bloccarci, chiamati dalla nostra presenza.

Ombra, irritata, maledisse Destino. Buio tentò di placarla, ma lo ignorai.
Li ignorai entrambi.

Una presenza, al di là delle sbarre, aveva catturato tutta la mia attenzione.

Una figura splendente di sole, con la pelle di un bianco abbacinante. I suoi occhi erano zaffiri incastonati nel gioiello perfetto del suo volto.

Era molto più che bella, riflettei osservando le curve sinuose che i suoi lunghi capelli azzurri tracciavano nell'assenza di atmosfera.
Era radiosa.

Era Giorno.
Era mia madre.

Prese fiato, forse commossa nel sentire la mia presenza, forse solo disgustata da me.
Sottili nuvole si intrecciarono alla sua chioma, da esse uscì un piccolo sole, che completò il dipinto di un cielo di fine estate.

-Nulla- sussurrò, senza emozione.
Mi avvicinai a lei, lambendo i limiti della sua realtà, annullandoli nella mia assenza.

Madre, sognai di dire.
Madre, perché?
Madre, perché mi hai tradito?
Madre, perché mi hai abbandonato?

In essa io rividi me stesso e cosa ero stato, perché lei era stata la causa della mia rovinosa caduta.
Lei insinuò nella mente di mio Padre il dubbio.

Il piccolo seme di un rampicante che crebbe, crebbe fino a soffocare i miei rami, troncare le mie radici.

Giorno, la creatura che mio Padre amava.
Giorno, che lui stesso aveva creato.

Il suo compito era portare nel mondo la sua luce dorata, far crescere le piante, animare di vita le terre.

Giorno aveva capito cosa stavo per fare, per questo decise di fermarmi nell'unico modo a lei conosciuto.
Mi tradì.

Salvò il mondo che tanto amava, abbandonando me.

Nella mia cecità, non vedevo questo disegno, non lo capivo.
La odiai, più di mio Padre, per un tempo più lungo.

Ma, davanti a lei, vedendo il suo sguardo agitarsi come quello di un cieco che non sa capire dove si trova l'altro, provo solo pena nei suoi confronti.

Capisco le sue ragioni, le sue vere intenzioni.
Ma mai potrò perdonare.

Madre, fammi entrare. Sussurrai senza voce.

-Nulla passerà da questi cancelli- mormora lei. Sorride piano, mostrando denti neri come la notte.
Una lacrima di rugiada le cola sulla guancia.

-Ma nessun altro- ammonisce con fermezza.

-Non puoi impedirci di passare!- protestò Ombra. La sua forma scura si gonfiò di rabbia, scintille arancioni attraversarono il suo manto.
-Siamo i servi del Principe, mia Regina- disse Buio, ossequioso. -Siamo la sua scorta. Senza di noi, non entrerà.-

Giorno restò in silenzio.

-Tutti o nessuno- terminò il demone Buio, facendosi da parte.

Nessuno... Se avessi avuto un cuore, si sarebbe spezzato ancora una volta.

L'eco di una risata scosse la mia essenza.

"Non sei riuscito a salvare Nessuno."

Giorno si fece cupa. Poi alzò la mano fino al volto, e qui la richiuse a pugno.

Cigolando, i cancelli del cielo iniziarono ad aprirsi.

-Era anche ora- si lamentò Ombra. Si avvicinò pericolosamente a Giorno, tanto da poterne sentire il respiro lieve. -Se non avessi avuto il fegato di farlo, Regina dei miei stivali, avrei smontato il tuo trabiccolo sbarra dopo sbarra.-

Giorno non colse la provocazione, e li guardò allontanarsi verso il palazzo dorato.
Chiuse gli occhi.

-Sei ancora qui, figlio mio?-

Io sono ovunque. Sono Nulla.

Giorno crollò in ginocchio, coprendosi il volto con le mani.
Piangeva. -Se solo... Se solo potessi...

Mi allontanai da lei. Il suo dolore non mi commuoveva.

Inoltre, una sfida ben più grande mi attendeva all'interno del palazzo.

Dopo un tempo infinito, avrei rivisto mio Padre.

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