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Mi aveva lasciata con l'amaro in bocca, e alla fine non volendo rovinare la serata a nessuno, decisi di tornare a casa. Le scarpe comode me lo permettevano cosi mandai un messaggio ad Annie ed uno a Josh e mi allontanai da lì camminando senza sosta. Per tornare a casa dovevo percorrere un lungo tragitto, fortuntamente la strada era ben illuminata e nonostante l'ora non faceva molto caldo così mi limitai a camminare tranquillamente come fosse una semplice passeggiata.
La mia testa venne sommersa da mille domande, ovviamente tutte senza risposta. Quel ragazzo riusciva a rendermi matta più del dovuto, e forse tutto questo litigare costante mi piaceva anche un po'. Che sciocchezze! Dovevo smetterla di associare Liam alla parola piacere, lui non mi piaceva e non ero intenzionata a dargli altre attenzioni, non meritava neanche la mia attenzione.
La mia testa e il mio cuore erano in conflitto, e la cosa mi faceva innervosire solamente.
Il mio cellulare segnò l'arrivo di un nuovo messaggio.

'Dove sei? Il tuo ragazzo è qui ma tu non ci sei.'

Chi poteva essere se non quello stronzo? In un primo momento misi il telefono al suo posto, poi cominciò a suonare senza sosta con il numero del messaggio di poco fa.

«Pronto?! »

Dall'altro capo prima ci fu silenzio, al che dovetti ripetere un "pronto?!".

«Si può sapere dove cazzo sei? »

Sbottò ad un tratto e dovetti allontanare il telefono dall'orecchio.

«Chi sei mio padre? Non ti riguarda! »

Un rumore assordante si sentì dall'altro capo, aveva sbattuto contro qualcosa? O aveva fatto qualcosa che non doveva?

«Se non mi dici dove sei, io.. »

Sembrava tanto una minaccia.

«Tu che cosa Liam? Vieni a cercarmi? Non ti disturbare, torna dalla tua ragazza. »

Mi morsi il labbro con forza cercando di trattenere la rabbia che avevo nei suoi confronti.

«Non è la mia fottuta ragazza, dimmi dove sei o vengo a cercarti e se ti trovo mi senti! »

I miei occhi furono rivolti al cielo, prima di sbuffare. Perché doveva essere così insistente?

«Sto tornando a casa, non ti dovrebbe importare altro. Buona serata. »

Aveva riattaccato, che stronzo! Non mi fermai, continuai a camminare per raggiungere casa il prima possibile. Un auto però si fermò vicino al marciapiede ma continuai a camminare senza degnarla di uno sguardo.
Sapevo perfettamente chi fosse, per questo continuai a proseguire il mio cammino senza nemmeno voltarmi verso l'auto.
Abbassò il finestrino, e sbuffai perché immaginavo fosse lui.

«Ti vuoi fermare? »

Scossi la testa senza rispondere alle sue parole, cosa voleva ancora?

«Se non ti fermi scendo dall'auto e ti ci trascino io! »

Trattenni una risata continuando la mia camminata, mancavano ancora tre isolati prima di raggiungerla. Urlai di sorpresa però quando mi sollevò da terra e iniziai a picchiare sulla sua schiena per farmi mettere giù.

«Mettimi giù o urlo, stronzo! »

Mi mise giù solo dopo aver raggiunto lo sportello dal lato passeggero, lo aprì e mi guardò.

«Entra, ora. »

Incrociò le braccia al petto attendendo che entrassi, cosa che non feci perché nessuno poteva darmi ordini. Non me li davano i miei genitori, chi era lui per farlo?

«Io con te non vengo da nessuna parte! E ora se permetti devo tornare a casa. »

Mi si piazzò davanti facendomi indietreggiare fino a che la mia schiena toccò l'auto.

«È pericoloso andarsene in giro durante la notte, soprattutto se ci sta una festa con tanta gente ubriaca. Che cazzo ti è saltato in mente? »

Aveva ragione e lo sapevo, ma allo stesso tempo non era nessuno per farmi una ramanzina del genere. La rabbia continuava a crescere ma prima che rispondessi lui proseguì.

«Visto che il tuo ragazzo era impegnato a bere come una spugna, sali che ti ci porto io a casa. »

Senza aggiungere altro ma soprattutto per mettere una notevole distanza tra noi, salì in macchina allacciandomi la cintura di sicurezza.
Si avviò dal lato opposto mettendosi la cintura e partendo verso casa mia. Ma come faceva a sapere dove vivevo, e soprattutto come faceva ad avere il mio numero?
Tante domande a cui non davo risposta, ma soprattutto potevo chiedere e invece rimasi in silenzio per tutto il viaggio.
La mia mente vagava alla ricerca di risposte, perché se volevo sapere non potevo chiedere? Era il momento adatto, eppure non volevo rivolgergli la parola, mi limitai ad osservare fuori dal finestrino alla ricerca di una possibile distrazione che non fosse lui.
Era difficile saperlo così vicino e non poter osservare i lineamenti del suo viso o le sue espressioni, non volevo dargli la soddisfazione di notare che lo stavo osservando.
Rimasi impassibile sperando che arrivasse davanti casa mia il prima possibile, anche condividere lo stesso ossigeno mi faceva sentire un pesce fuor d'acqua eppure da un lato speravo che prendesse parola oppure che tornasse sulla questione dei messaggi anonimi ma stavo sperando invana. Quando mi voltai le sue mani stringevano il volante mentre i suoi occhi erano intenti a guardare la strada, così tornai con lo sguardo verso il finestrino non volendo che si accorgesse del mio sguardo addosso.
Il mal di testa aveva preso il sopravvento, e per un secondo volevo solamente smettere di pensare, pensare ai messaggi, a lui, a tutto quello che era successo nel giro di un'ora. Eppure i miei pensieri erano sempre gli stessi, e odiavo me stessa perché mi stavo solamente rovinando la serata. Un sospiro silenzioso fuoriuscì, e recuperai il telefono per distrarmi. Con la coda dell'occhio notai che era intento ad osservare cosa stessi facendo, così voltai il telefono verso me stessa e mi limitai a controllare i messaggi. Ce ne stava solamente uno di Annie che mi avvisava di far tardi, e dopo aver risposto di star attenta lasciai ricadere il telefono in borsa osservando che la strada di casa si fece nitida davanti i miei occhi. Le mie preghiere erano state esaudite, perché neanche dieci minuti dopo la sua auto si fermò fuori casa mia e mi apprestai a recuperare le mie cose prima di fiondarmi fuori da quest'ultima sperando di mettere ulteriore distanza tra noi. Condividere lo stesso ossigeno era stato troppo.

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