18.

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ANNIE POV.

Trascorrere le giornate in ospedale era una routine, quella sedia era così scomoda ma allo stesso tempo non volevo lasciarla da sola, nonostante non sapesse che ero lì.
Non era sola, dal primo giorno aveva Liam al suo fianco. Quel ragazzo non si era mosso neanche un secondo da quella poltrona, solo per andare in bagno o per cambiarsi i vestiti.
Questa mattina però dovevo tornare a casa, dovevo fare una doccia anche se il gesso era decisamente scomodo.
Salutai Liam che non mi degnò di uno sguardo ed uscì dalla stanza chiudendo la porta alle mie spalle.
Liam era ancora arrabbiato con me, avevo raccontato a Josh come si stava comportando con lei dicendogli anche delle cose personali. Probabilmente avevo sbagliato ma in un momento come quello non riuscivo a ragionare lucidamente. Non avevo notizie della mia amica e davo tutta la colpa a Liam, perché se non fosse stato stronzo nei suoi confronti forse tutto questo non sarebbe successo.
Poi però notandolo costantemente in ospedale, mi ero decisamente ricreduta sul suo conto.
Teneva davvero alla mia migliore amica, quella poltrona era diventata la sua casa e giorno e notte se ne stava lì a mantenere la sua mano stretta a quella di lei.
Era una scena decisamente straziante, soprattutto quando si lasciava ai suoi pianti silenziosi e poggiava la testa sul letto sperando che nessuno lo sentisse. Ogni volta avevo voglia di alzarmi e di abbracciarlo, ma poi ricordavo la sua rabbia nei miei confronti e me ne stavo al mio posto.
In compenso ci stavano i genitori di Isa, che lo trattavano davvero come un figlio. Ogni giorno gli portavano cibo e vestiti puliti, non gli facevano mancare niente e soprattutto cercavano di convincerlo per far sì che andasse a riposare ma la sua risposta era sempre la stessa.

'Lei ha bisogno di me qua, non posso lasciarla sola.'

I dottori continuavano a ripeterci che era fuori pericolo, ma fin ora non aveva dato segni di risveglio.
Erano passate tre settimane, e speravo con tutto il cuore che la mia amica si svegliasse.
Rientrare in casa senza di lei era davvero orribile, la casa era così silenziosa da far quasi spavento. Salì in camera sua e aprì la porta osservando il letto ben fatto, i libri che leggeva posti in ordine su una mensola e poi mi avvicinai alle foto che aveva attaccato vicino lo specchio. Ci stavano foto nostre al mare, foto nostre dove sorridevamo contente, foto di lei da bambina con i genitori e soprattutto una foto di lei sorridente con le mani davanti al viso. Era una ragazza timida, ma quando si apriva diventava la persona più bella del mondo. Le volevo un bene immenso, quando i miei genitori mi cacciarono di casa lei senza pensarci due volte mi ospitò a casa sua e questa ormai era diventata casa nostra.
Non mi accorsi che stavo piangendo, lacrime silenziose rigarono le mie guance mentre continuavo a guardare la sua foto.
Mi mancava davvero tanto, mi mancavano le sue chiamate quando ero fuori, mi mancavano i suoi abbracci, mi mancava la mia migliore amica.
Uscì dalla sua stanza e mi lasciai andare ad un pianto liberatorio, scivolai seduta lungo la sua porta e poggiandoci contro la schiena. Era tutto così difficile, avevamo tanti progetti, dovevamo andare al College insieme e frequentare le lezioni che più ci piacevano. Lei voleva studiare legge ma non la vedevo poi così convinta, secondo me doveva seguire il suo sogno di diventare scrittrice. Non ne aveva mai parlato con nessuno, ma con me sì. Aveva paura di deludere suo padre scegliendo una carriera diversa dalla sua, e quindi si stava accontentando invece di seguire i suoi sogni. Ma una cosa era certa, se si fosse svegliata le avrei fatto capire che doveva pensare a se stessa. Che la vita è una sola e doveva godersela a pieno, suo padre sicuramente non la diseredava per questo. Era un uomo buono con un grande cuore, e amava sua figlia terribilmente. Nonostante le chiamate di lavoro, aveva disdetto ogni singolo impegno per stare con sua figlia così come sua mamma. E apprezzavo talmente tanto la loro famiglia che ogni volta mi facevano sentire parte di quest'ultima.
Volevo solamente che tutto si risolvesse e che la mia migliore amica aprisse gli occhi, senza di lei andare avanti sembrava un qualcosa di impossibile.
Ero abituata ad avercela sempre intorno, a condividere le giornate insieme, ad andare a quelle poche feste  che organizzavano alcuni amici, a correre in camera sua quando non volevo stare da sola.
E ora guardare questa casa vuota, senza di lei, mi distruggeva.
Le lacrime rigarono nuovamente il mio viso, lacrime amare, mi sentivo ancora in colpa perchè non potevo far nulla mentre lei era immobile in macchina.
Ripensai all'incidente, al forte schianto, le urla e poi lei che non mi rispondeva e io lì a non poterla aiutare.
Sapevo che quell'incidente mi avrebbe perseguitata negli incubi, nonostante non dormissi granché ultimamente.
Sapevo che non potevo correre nel suo letto, abbracciarla e sapere che lei era lì ad aspettarmi a braccia aperte.
Questa casa era troppo vuota al momento, e pregavo con tutta me stessa che riaprisse gli occhi per dirmi che andava tutto bene.
Ma non era così, lei era immobile su un letto di ospedale, con dei tubicini che le permettevano di stare in vita.
E se non si fosse più risvegliata?
Non volevo neanche pensare ad una vita senza la mia Isa, senza la mia migliore amica, senza mia sorella.
Non potevo pensare a tutto questo, non doveva succedere, lei si sarebbe svegliata, lei doveva svegliarsi.
Questo mondo senza di lei non poteva aver senso, era troppo giovane per lasciare questo mondo.
Doveva raggiungere tutti i suoi sogni, innamorarsi, sposarsi, avere dei bambini.
Era troppo giovane per andarsene.
Pensieri bui inondarono la mia mente e senza neanche accorgermene ero nuovamente nella sua stanza, seduta sul letto, mi poggiai al suo cuscino sentendo il suo profumo, e senza accorgermene crollai in un sonno profondo.

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