Capitolo 10

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Ci aveva messo un po' a decidere cosa indossare, ormai non faceva che portare pantaloni da ginnastica, top, bandane allegre tra i capelli e il suo armadio comprendeva prevalentemente quelli e qualche rimasuglio di capi anni novanta che sua madre aveva conservato. Niente che si adattasse ad un incontro con un affascinante funzionario di Scotland Yard, anche se si trattava di lavoro per lui e dovere civile per lei, e Hilary voleva dimostrarsi formale e all'altezza. Ancora in accappatoio uscì dalla sua camera ed entrò in quella di sua sorella Serena, rimasta identica negli ultimi vent'anni visto che lei ci tornava solo per qualche giorno, tra una tournée e l'altra, ma lasciava sempre degli interessanti vestiti di ricambio. Aprì le due ante dell'armadio e studiò i due abiti appesi, uno Chanel di pizzo e un Valentino con forme geometriche irregolari. No, non andavano. Nei cassetti c'era qualche maglia, ne scelse una beige lucida che cadeva morbida sulle spalle e che stava perfettamente con quelle scarpe allacciate alla caviglia che si era regalata per Natale. Meno male che avevano la stessa taglia! Tornò nella sua stanza, anche quella era rimasta intatta negli anni, solo che lei non era andata in giro per il mondo a mostrare quanto ballasse bene, ma in tour per i peggiori quartieri di Londra.

Hilary era sempre stata una ragazza allegra e senza pensieri, con l'unico grande sogno di ballare per tutta la vita sui più grandi palchi del mondo. Aveva desiderato di entrare alla Leanne sin da bambina, sapeva che sarebbe stato il suo trampolino di lancio, ma da fuori sembrava tutto molto più bello di quanto non fosse in realtà. Ufficialmente lei era entrata lì per focalizzarsi sul moderno, ma il corso non era stato aperto, e così era finita per studiare canto lirico, danza classica e a recitare pezzi tratti dalla letteratura inglese per un anno intero, senza possibilità di proporre nulla di innovativo, dovendo sottostare alle regole rigide dell'accademia, convivendo con ragazze che non facevano che misurarsi i fianchi con il metro e la guardavano male quando mangiava una caramellina. Alla Leanne non era permesso ridere per i corridoi, chiacchierare stando distesi scompostamente sui divani del salone, canticchiare le canzoni di Britney Spears. Non era permesso altro che austerità e lei aveva visto prima scemare la sua vitalità, poi il suo sogno e infine quel che restava di sé. Era caduta in depressione, non sapeva nemmeno lei come avesse fatto a resistere e riuscire a diplomarsi – 90, il minimo indispensabile per poter ricevere quel pezzo di carta con tanto di applausi e lodi dei professori che fino al giorno prima la denigravano e le davano della fallita. Uscita da lì, tutto era cambiato: sua sorella si era trasferita in Francia, la sua migliore amica faceva le valigie per iniziare l'università in uno dei college più prestigiosi dello stato, delle vecchie amicizie non le restava nessuno e non aveva ricevuto alcuna proposta di lavoro. Non aveva fatto domanda per l'università perché studiare non faceva per lei, era uscita da scuola con voti appena sufficienti, e non voleva tornare a casa. Così aveva preso a vagare senza meta, ad abbandonarsi sempre più alla sua disfatta, alla sua depressione, aveva cominciato a bere perché gli dava la sensazione di potersi rialzare, portava via tutti i problemi, ma gli effetti svanivano ed era peggio di prima. Allora ricominciava, beveva e sempre di più, a volte scordava giornate intere, si risvegliava in posti che non conosceva, accanto a uomini di cui non sapeva neanche il nome, ma non riusciva a smettere. Senza la danza, era arrivata a pensare che non avesse più senso vivere. La sua famiglia aveva provato a cercarla, ma lei non ne voleva sapere di tornare a casa, farsi vedere nella condizioni in cui si era ridotta, finché un giorno non aveva incontrato un uomo che la riteneva un buon affare per la sua amica Doriana. Era troppo fatta per opporsi e si era lasciata portare in quel palazzo fatiscente che avrebbe chiamato casa. La signora Doriana non era come se l'aspettava, una donna rude e senza rispetto, ma a modo suo teneva alle sue ragazze ed aveva capito subito che Hilary era diversa, non era fatta per quella realtà, per quel mestiere, però le aveva concesso di restare, le aveva dato un posto in un appartamento a patto che le sue ragazze potessero usarlo e che Hilary pagasse un piccolo affitto. Aveva passato un anno così, a cadere, cadere sempre più in basso, poi un giorno Laura era tornata e l'aveva afferrata per i capelli, dicendole che lei era pronta a cambiare vita, rivedere i suoi piani in nome del luogo che aveva distrutto entrambe in un modo o un altro e voleva averla accanto, voleva che lei insegnasse ad altri a ballare. Si era rifiutava, lei non poteva farlo, non voleva, ma due giorni dopo si era alzata, spinta dalla voglia di rivalsa, dalla voglia di rinascere, dalla voglia di sorridere di nuovo. Poteva far in modo che nessun altro passasse quello che aveva passato lei... aveva recuperato le sue vecchie scarpe, i suoi logori pantaloni e si era imposta di reggersi in piedi, di muoversi e, seppur lentamente, il suo corpo aveva ricominciato a rispondere e più si riscopriva, meno aveva bisogno dell'alcool per colmare il vuoto dentro di lei. E all'improvviso aveva ricominciato a vivere...

One - The strivingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora