Capitolo 6.

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Laura è seduta su quel dannato divanetto, inchiodata, non può muoversi. Sono nell'aula di danza del vecchio palazzo, non sa chi lo abbia spostato, ma non le importa. Marlene la obbliga a guardarsi allo specchio, le chiede cosa pensi di sé stessa, se si piaccia. Laura alza gli occhi, come potrebbe mai piacersi?

"Non sarai mai una vera donna. Non sarai mai degna di avermi come madre."

"Tu non sei mia madre..." mormora, ma è come se, in fondo, avesse sempre saputo la verità. Inizia a piangere.

"Non è vero! Non è vero!" e la sua vocina di bambina si trasforma in una voce adulta, rotta dal pianto. "Non può essere vero!"

"Fattene una ragione, Laura" dice lei, vuole ferirla, vuole vederla soffrire.

"Tu sei mia. Potrò decidere della tua vita, perché tu sei figlia mia."

Mia, mia, mia, tu sei mia figlia...

Si svegliò nella sua stanza, al riparo dai fantasmi che tormentavano le sue notti. Il cellulare accanto a lei diceva che erano le 4:00 a.m., era a casa da appena tre ore. Si stropicciò gli occhi, non era una di quelle che tollerava bene il jet lag e quell'incubo contribuiva solo ad aumentare il suo mal di testa. Non credeva nell'interpretazione dei sogni, ma se fosse stata una persona anche solo poco suggestionabile, una capatina da una chiromante non gliel'avrebbe impedita nessuno.

Si alzò e andò nell'altra stanza per controllare che sua madre dormisse tranquilla. Rimase poggiata allo stipite della porta, pensando a quanto Linda e Marlene potessero somigliarsi e a quanto lei, invece, avesse ben poco dei tratti di una Leanne. Sarebbe stato possibile farla passare per la figlia dell'una o dell'altra, senza che a nessuno potesse sorgere alcun dubbio.

Logan pensò bene a come rispondere, mentre con Paige cercavano un negozio che avesse scarpette a prezzi non troppo eccessivi.

"È il viola! Il tuo colore preferito è il viola!"
Lei scosse il capo, ridacchiando sotto ai baffi. "Ti sbagli!"

"Me l'hai detto tu!" protestò lui.

"No, io ho detto quel colore che non è né fucsia né viola. Io lo chiamo vucsia!" affermò Paige tirando il nasino all'insù in segno di vittoria.

"Non vale! Allora a me piace il bluzurro!"

"Non esiste il bluzurro!"

Logan la guardò interdetto. "Nemmeno il vucsia!"

"Invece sì. L'ho inventato a sette anni, quindi ormai esiste! Il bluzurro esisterà solo tra dieci anni!"

Lui continuò a bearsi della sua fantasia. Infine rise e l'abbracciò. "D'accordo, hai vinto!"

"Io vinco sempre!" affermò lei e stese il braccio per ricreare la distanza di sicurezza tra loro.

"A 30 centimetri, Log!"

Lui sbuffò. "Per quanto ancora andrà avanti?"
"Di che ti lamenti? Sei un uomo libero, goditela!"

"Per poi sorbirmi la tua gelosia?"

"Io non ero gelosa di Poppy!"

"L'hai ammesso."

Paige alzò gli occhi. "Sei un uomo libero che non può frequentare nessuno!"

Logan era confuso. "Quindi siamo due fidanzati che non si baciano?"

Lei sorrise soddisfatta. "Sì, siamo due... amicanzati!"

"Sembra una brutta parola... ATTENTA!"

Fu come se il tempo avesse iniziato a scorrere a rallentatore. Un attimo prima Paige rideva con Logan, un secondo dopo era a terra dall'altro capo della strada, una bambina di cinque o sei anni che strillava terrorizzata tra le sue braccia.

One - The strivingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora