Capitolo 3

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Laura aveva letto quelle parole almeno tredici volte e stava per iniziare la quattordicesima. Chi mai avrebbe nascosto tanto bene un pezzo di carta in cui spiegava la ragione del trasferimento dell'accademia nella sede attuale? Lei pensava di trovarci segreti di famiglia, segreti di Marlene, chissà quale verità che non doveva venire alla luce. Invece, solo stupide divagazioni su questo e quello che lei conosceva già. Perché, di tutta una biografia, Marlene aveva staccato proprio quel pezzo? Cosa c'era di così importante che lei, di nuovo, non riusciva a cogliere? Ce n'erano altri sparsi per la casa? La città? Magari per tutto il paese... Solo una frase portava ad una domanda, alla fine, terzultimo rigo, proprio dove tutto si interrompeva in maniera troppo studiata per essere casuale.

"...La manutenzione del palazzo costa troppo e gli alloggi degli studenti cadono a pezzi. Le spese extra delle aule, non mi lasciano alternativa che chiudere parte delle stanze e riunire gli allievi nelle altre, sperando che non si lascino trasportare troppo dalla vita di gruppo. Mi piacerebbe poter trovare una soluzione ma i nostri artisti faticano a lavorare e ciò è una pessima pubblicità per l'accademia: con gli anni, arrivano sempre meno domande di ammissione. Forse, mi converrebbe trovare un'altra sede; forse, potrei fare quel favore. Avrei a disposizione una villa spaziosa, un teatro e, anche se fossi costretta a ridurre ulteriormente il numero dei posti, taglierei le spese abbastanza per permettermi insegnanti più qualificati e per sperare di riportare le cose alla normalità. Il posto di cui parlo non appartiene a me, ma è stato molto importante per una persona cara che non vorrebbe perderlo. Investire su di lui, sarebbe come investire sul mio futuro, sul futuro della scuola e di un'amicizia..."

Chi era questa persona di cui si parlava? Un'amicizia, forse si trattava della Van Bittel? O magari di Cassandra? Ma cosa c'entravano loro con quel posto? E se si fosse trattato di qualcun altro ancora? Marlene non sembrava affatto il tipo da circondarsi di amici, probabilmente nemmeno ne aveva.

"Qualche idea?" le domandò Hilary Metternich poggiando un vassoio con due cioccolate calde fumanti, sulla scrivania.

"No. Non capisco il senso di queste parole!"

Hilary le porse una delle due tazze e si sedette sul letto di fronte all'amica, le gambe incrociate. Laura stava poggiata con la schiena contro i cuscini, le ginocchia sollevate, tirava i fili di quella fastidiosissima benda sul braccio che avrebbe potuto togliere dopo altre due settimane. Era strano come due persone tanto diverse, potessero essere tanto amiche. Da ragazze, Laura era stata quella bruttina ma intelligente, che non rischiava mai. Hilary, invece, detestava andare a scuola, era carina e adorava la vita mondana. A distanza di anni, entrambe erano radicalmente cambiate: Laura si era letteralmente trasformata da brutto anatroccolo a cigno, mentre Hilary si era persa, aveva intrapreso strade sbagliate che l'avevano portata a vivere da emarginata, guadagnandosi da vivere affittando il proprio appartamento, un luogo sporco e ammuffito, a delle prostitute perché potessero lavorare in pace. E poi, all'improvviso, Laura l'aveva convinta ad uscirne perché la voleva accanto a sé in quella folle avventura. Lei non voleva tornare alla L.A.A., ma, una vocina dentro di sé, le aveva suggerito che fosse la cosa giusta da fare. Mai, nella vita, avrebbe pensato che tornare a ballare avrebbe significato tanto per lei; mai, avrebbe pensato che sarebbe stata in grado di insegnare. Hilary e Laura si conoscevano da vent'anni ormai, e tutto era nato proprio tra le mura della Leanne Arts Academy, quando nessuna delle due avrebbe mai immaginato cosa avesse in serbo per loro il destino.

"Era una biografia. Non è detto che abbia senso. Non quello che cerchi tu" disse.

Laura bevve un sorso di cioccolata. "Ma perché conservare proprio questo? Nascondi piuttosto la tua lista di amanti, o che diamine ti sia passato per la testa quando hai deciso di scrivere due testamenti!"

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