Dalla finestra della sua camera, la ragazza contemplava il paesaggio sottostante, formato da molti palazzi e strutture moderni; ignorava la data della loro creazione ma di certo esistevano da molto tempo, dato che, proprio quell'anno, si sarebbe celebrato il centenario "dell'alleanza" tra Aldux, Epoh e Gupdia...anche se il termine "invasione" le sembrava più appropriato.
Non conosceva per filo e per segno tutta la storia di Manaol, la sua terra, nonostante le avessero insegnato gli eventi di maggiore rilevanza; lei era una guerriera, doveva agire e non pensare, doveva mostrarsi sempre sicura e ubbidire fedelmente ai suoi generali. D'altronde, era per quello che i dittatori avevano creato il Jaanch.
Gli Aldux, dopo il loro sbarco nel regno, avevano trovato due popoli molto deboli e retrocessi economicamente e, ovviamente, avevano pensato che un regime dittatoriale fosse l'unico mezzo utile per migliorare la vita delle persone. Così erano saliti al potere con un tremendo colpo di stato e, da allora, tutti i ribelli furono eliminati e i giovani dai cinque ai venti anni furono obbligati a sostenere un esame di due settimane composto da varie prove che li educasse alla forza e alla cieca, totale e folle ubbidienza verso tutti gli ordini e i capricci del popolo alieno, che di anno in anno diventava sempre più onnipotente e onnipresente, fino ad arrivare alla terribile legge che decretava la pena di morte per tutti i ragazzi bocciati nel Jaanch, e che quindi si erano mostrati deboli e inutili al regime.
La ragazza scosse con violenza la testa; odiava quei momenti in cui si trovava a riflettere sul passato e sulla sua vita, dato che mai vi era stato un barlume di felicità o speranza, senza contare che, se gli Aldux avessero scoperto questi pensieri, l'avrebbero uccisa seduta stante, errore che non poteva permettersi. Doveva vivere, o meglio, sopravvivere per proteggere e sostenere suo fratello: erano già cresciuti senza una figura paterna e in quella materna avevano trovato una personalità debole, quindi lei sola rimaneva da conforto a Hilo.
Immersa in quei scabrosi pensieri, non si era accorta che nella stanza erano entrate Aditi e Nina, quelle che, nel suo mondo confuso e insicuro, la ragazza definiva "migliori amiche".
-Hey Ak, che fai? - le chiese Aditi, puntando i suoi profondi occhi color nocciola sull'amica disfacendosi la treccia; a differenza di Ak, la ragazza portava i lunghi capelli biondo scuro sempre legati, così come voleva la cultura hindi, dai quali i Gupdia discendevano.
-Penso...è questo il problema, vero? - la ragazza accennò un sorriso, si staccò dalla parete e si gettò sul suo letto, spossata dalle dure prove che aveva sostenuto nei giorni precedenti.
Il suo sguardo, sempre attento e curioso, si spostò su Nina: la pelle di una tenue sfumatura rosata, quasi bianca, gli occhi verdi, i capelli castano chiari...tutti elementi inconcepibili in Manaol, dove i due popoli erano entrambi di carnagione scura, dato che discendevano da popoli costieri. E in effetti, la sua singolare amica non era nata lì ma era stata trovata abbandonata molto piccola nei pressi del Muro che delimitava Manaol, fatto piuttosto singolare data la mancanza di altri luoghi fuorché quel regno; ma per fortuna, si era adattata benissimo e di certo aveva portato un po' più di gioia nelle loro vite: infatti Nina rideva sempre ed era estremamente ottimista e allegra, nonostante la disperazione aleggiasse in quel luogo.
Ben presto le ragazze si ritrovarono a parlare e a discutere animatamente delle loro prove e dei possibili esiti dell'Akamai (una prova creata per stupire gli esaminatori, dove ogni ragazzo sceglie un'abilità in cui eccelle e mostra azioni e capacità fuori dal comune) fino ad arrivare all'argomento tabù: i capelli di Ak.
-Ma perché non li fai crescere? – le chiedevano le amiche, eppure la ragazza non si arrendeva e, un po' per dispetto, un po' perché le piacevano, continuava a portarli corti e più rasati da un lato, con un ciuffo che le copriva parzialmente un occhio. Odiava solo il colore: erano di un noioso color cioccolato, come gli occhi d'altronde.
Erano immerse nella riflessione sulla furbizia di Ajit (risaputa era la stravaganza del gemello di Aditi) quando un brillio metallico catturò l'attenzione delle ragazze; era una collana a forma di ibisco, il fiore-simbolo delle Hawaii. E Ak conosceva solo una persona che portava quella collana, dato che era stata lei a regalargliela: Hilo. Infatti la testa del ragazzo sbucò da dietro alla porta e disse: -Ragazze, si va in Refettorio-. Per quanto Ak lo osservasse, non riusciva a scorgere le somiglianze con il fratellino. Gli occhi grandi? No, quelli di Hilo erano decisamente più dolci.
Il carattere? Assolutamente no, era il ragazzino più intelligente della sua età, mentre Ak si riteneva fortunata nel saper leggere.
Un brusco applauso sotto il naso la riportò nella stanza. –Ci siamo incantati di nuovo, eh? - disse Hilo ghignando.
-Ah taci- gli rispose Ak, maledicendo dentro di sé la sua inclinazione a pensare e sognare in momenti assurdi.
-Allora, ci diamo una mossa AKENEHI? - il ragazzino scandì ogni sillaba, con il solo risultato di farsi rincorrere da Ak, che detestava essere chiamata per nome e, scherzando con le sue amiche e minacciando suo fratello, si diresse verso il Refettorio.
Impiegarono due minuti per scendere l'intera struttura e raggiungere la Sala Attesa, dove un centinaio di ragazzi attendevano con impazienza la cena.
Ak era abituata a quegli spettacoli, eppure provava sempre stupore di fronte a quella folla: c'erano bambini piccoli che giocavano a rincorrersi, il tipico manipolo di ragazze che aveva adocchiato il ragazzo più carino, adolescenti che chiacchieravano, ventenni già con la barba...e tutti intravedevano lo stesso destino: passare il Jaanch o morire.
Durante quelle due settimane, tutti alloggiavano in una grande struttura chiamata Hale, che in hawaiano significa "casa"; buffo, la ragazza, nonostante appartenesse agli Epoh e discendesse dal popolo delle Hawaii, non si sentiva affatto a casa nonostante la sua camera fosse molto più moderna e pulita di quella che aveva nella baracca.
Come posarono i piedi nell'atrio, le grandi porte del Refettorio si aprirono e il fiume di giovani entrò, con la finezza e l'eleganza di una mandria di bufali; fortuna che le ragazze avevano i loro "cavalieri" che ogni sera tenevano loro il posto. Difatti videro subito un braccio sventolato con foga, che apparteneva a un ragazzo con i capelli lunghi e disordinati: Ajit, il matto del gruppo.
La ragazza sorrise alla vista dell'amico- e cosa potevi fare se non ridere di fronte a quel ragazzo? – e, con le due compagne e il fratello, si accomodò al tavolo, in attesa del fatidico riscontro dell'esame.
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Epoh-Il Muro
خيال (فانتازيا)Manaol non è una terra felice. Da tempo i crudeli Aldux, dopo aver instaurato una feroce dittatura, governano il regno e, ogni anno, tutti i ragazzi di età compresa tra i 5 e i 20 anni appartenenti ai popoli Epoh e Gupdia sono sottoposti al Jaanch...