Capitolo 18- Un'ombra sul ghiaccio

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Erano passati una trentina di minuti e Ak decise di fermarsi all'ombra di un ciliegio, i cui fiori erano presi d'assalto da una gran quantità di api, di bombi e di farfalle dai colori sgargianti che, con il loro viavai, distrassero per un attimo la ragazza, prima che quella si sedesse con la schiena appoggiata al tronco striato. C'era una tale pace in quel luogo che Ak desiderò di non andarsene, di rimanere lì a contemplare la vitalità della natura e di fondersi con essa, piuttosto che dover affrontare la sua realtà; persino i pochi cirri che ingombravano il cielo azzurrino parevano rallentare la loro corsa per godere di quella tranquillità.

Chiuse gli occhi lasciando che il venticello la cullasse in quel momento di libertà e che il Sole le scaldasse le ossa, dopo settimane frenetiche trascorse senza che un singolo raggio fosse riuscito ad accarezzare la sua pelle; quando li riaprì, pochi secondi dopo, si ritrovò dinanzi al suo Muro, i piedi nudi appoggiati alla lastra di ghiaccio che le provocava rapidi brividi lungo la schiena e il vento secco e caldo che le lambiva con forza le braccia, quasi come se tentasse di ustionarle. Del boschetto nemmeno una traccia.

Fece ruotare lo sguardo in quel luogo così particolare ma altre caratteristiche non ne trovò, con lei vi erano solo i mattoni bianchi e immacolati a dividerla dagli orrori della vita, a proteggerla; Ak ricordava bene il terrore provato la prima volta che era giunta al cospetto del suo Muro e il senso di oppressione che le dava l'assenza di crepe o spiragli dai quali spiare al di là di esso. Tuttavia, ormai quelle sensazioni le erano completamente estranee, come se fosse stata un'altra persona a provarle e non lei, non Akenehi. Perché averne così paura, se grazie a lui aveva messo a tacere le menzogne della sua vita? Non era stato, dopotutto, la sua salvezza?

La ragazza vi poggiò una mano sopra e si ritrovò a sorridere: era tiepido, era vivo. Pochi mattoni mancavano alla costruzione, riusciva a percepirlo ma non a vederlo, dato che quell'immenso Muro si stendeva a perdita d'occhio sia a destra che a manca. Pochi spazi vuoti che non le garantivano ancora la massima protezione.

E non impedivano a corpi estranei di entrare in quell'Eden ghiacciato.

Un rumore improvviso la fece voltare di scatto e un urlo di orrore le rimase incastrato in gola, mozzandole il respiro; la nuova figura che era comparsa alle sue spalle parlò con la voce di sua madre: -Sei un'immensa delusione per me.

Detto questo, l'ombra si divise in due e la nuova venuta esclamò: -Mi sono illuso di poter essere il tuo ragazzo- facendo sobbalzare Ak. Era Aukai.

Rapidamente, le voci si moltiplicarono e si sovrapposero, quasi facendo a gara per svilire e incolpare la ragazza.

-Sei una vergogna per l'intera Manaol!

-Non hai mai rispettato le regole, ora pagane le conseguenze.

-Sei sempre stata assente, quale buona amica può vantarsi di ciò?- quella era Nina.

-Elpis, a differenza tua, è sempre rimasta al nostro fianco...come puoi vedere- ghignò Aditi, il suo braccio che circondava le spalle di Elpis come se fossero amiche di lunga data: -Sei fuggita dai tuoi problemi, piuttosto che affrontarli- sussurrò la mora, guardando la giovane hawaiana di sottecchi.

A ogni frase, Ak sentiva le viscere ribollire di astio ma tentò di mantenere il controllo serrando i pugni e mordendosi con forza la lingua. L'ultima frase tuttavia fece esplodere la sua rabbia: la ragazza prese la rincorsa, puntò una di quelle misteriose ombre e le assettò un buon gancio sullo zigomo, senza che quello avesse alcun effetto; la figura priva di lineamenti infatti si disgregò come venne a contatto con il pugno e si riformò al fianco delle altre, ridendo del suo misero tentativo.

Ak si rialzò con un balzo, rivolgendo agli spiriti color della pece uno sguardo carico di odio: si stavano facendo beffe dei suoi sforzi, stavano ridendo di lei. E lei non aveva intenzione di farli continuare.

Ma per quanto tentasse di colpirli o di risponder loro a tono, possibilmente trattandoli pure male come era diventata solita fare, quelli non parevano turbati, si dissolvevano per poi riprendere imperterriti con le loro risate di scherno e a quel punto, soltanto a quel punto, la realtà investì Ak con forza, tanto che la ragazza fu costretta a reggersi al Muro per non cadere: era fuggita, sì, ma ciò non la rendeva ancora libera. I mattoni mancanti impedivano che i suoi scheletri rimanessero chiusi al di là del Muro e ora erano tornati per tormentarla. Ma quello non era il punto critico, sarebbe bastato solamente aspettare che la sua costruzione si completasse; non aveva preso in considerazione, nella foga febbricitante e folle di tagliare i ponti con gli altri, che era proprio su quelli che lei aveva iniziato a sfogare la sua rabbia negli ultimi tempi, che i legami che aveva posseduto in realtà le servivano per chetarla e per godere della visione dei suoi amici che soffrivano per le sue parole così come lei soffriva per le privazioni subite.

Ak si svegliò di soprassalto e la luce accecante del Sole la costrinse a schermarsi il volto con una mano, mentre girovagava con lo sguardo tra un mirto e il rovo e rendendosi conto dell'orrenda visione che aveva avuto. Quanto era passato? Dieci minuti? Un giorno? Ak non sapeva rispondere; con la schiena dolorante per la scomoda posizione che aveva assunto, si alzò stiracchiandosi e si incamminò nuovamente verso Sud, sempre più lontana dalla Hale.

Nella mente, un pensiero continuava a punzecchiarla: ora che era fuggita, allontanandosi da tutti, chi avrebbe deriso e umiliato per colmare il vuoto dato dalla frustrazione? Per un attimo, un folle attimo la ragazza quasi desiderò di riavere i suoi amici per riversar loro contro il vulcano dei suoi sentimenti, per gettarli nel tritacarne di parole taglienti e per porre fine al senso di ansia che sentiva crescere dentro.

Ak però scosse debolmente la testa, ormai non poteva tornare indietro, la sua via era tracciata e doveva darsi un gran da fare per completare il suo Muro: doveva essere fredda e lucida, quello era un bivio della sua strada che doveva evitare se voleva essere realmente libera, senza più ripensamenti né pensieri inutili e pericolosi.

A cosa le servivano gli amici, una famiglia, gli altri? Giorno dopo giorno, l'amicizia, l'amore, i legami si indebolivano, diventando cinerei come il più freddo dei cadaveri, affilati come la più gelida lama di un rasoio fino a morire, ad annullarsi inesorabilmente, gettando gli uomini in un baratro di agonia e sofferenza, così come era successo a sua madre.

Lei era stata scaltra, aveva anticipato quella vergognosa fine evitando di essere risucchiata dalla voragine della commiserazione e ora ne assaporava le conseguenze, con il Muro di fronte a lei e la mente sgombra di pensieri inutili.

Si pentì delle sue precedenti perplessità e si ripromise che mai più avrebbe dubitato di sé e della sua creatura, che mai più l'avrebbe lasciata in balia di una delle sue crisi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 06, 2018 ⏰

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