Capitolo 6- La breccia

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-Impossibile-.

Quello fu il primo pensiero di Ak alla vista della creatura.

-Impossibile...non può accadere di nuovo-.

Si trovava pressoché a ridosso del Muro, al limite Sud-Est di Manaol, e il suo sguardo incredulo gravava sulla ragazza accucciata ai suoi piedi che tentava inutilmente di raggomitolarsi e nascondersi ulteriormente.

A prima vista poteva sembrare una delle tante giovani del posto ma un brivido lungo la colonna vertebrale disse ad Ak che non era così,altrimenti l'avrebbe vista al Jaanch.

Senza contare che i suoi lineamenti parlavano da soli: la ragazza non proveniva da Manaol ed era proprio questo pensiero ad atterrire Ak,perché metteva in dubbio tutto ciò in cui credeva e in cui aveva vissuto la sua esistenza. Come se non bastasse, un piccolo barlume di speranza per il padre si accese nel suo cuore, seppur la ragazza non volesse illudersi.

Una frase rimbombò nella sua mente: -Non esiste luogo fuorché Manaol-. L'insinuazione che tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento fosse una enorme bugia le dava la nausea, e ben presto si ritrovò a dondolare, come se la terra avesse iniziato a ruotare sotto i suoi piedi.

Osservò meglio quella straordinaria sorpresa: la pelle era decisamente più chiara di quella degli Epoh, la corporatura era esile e snella,statura abbastanza alta, i capelli, neri come la notte senza luna,erano lunghi e sciolti, perfettamente in ordine e il volto lasciava trasparire un animo sereno e felice, nonostante in quel momento fosse una maschera di terrore.

Ma furono gli occhi a turbare Ak: azzurri come il ghiaccio, penetranti e orgogliosi, che scrutavano paurosamente le figure circostanti, come quelli di una colomba circondata da uno stormo di falchi. Era l'espressione di una preda in mano ai predatori, consapevole dell'assenza di salvezza.

Ak si chinò quasi senza accorgersene e le allungò la mano, per aiutarla ad alzarsi e lo sguardo le cadde sul suo abbigliamento: non aveva le scarpe, indossava semplici sandali in cuoio legati poco sopra la caviglia e la maglietta a maniche corte colorata pareva in lino, materiale troppo leggero per il clima di Manaol. Poi i suoi occhi si posarono sbigottiti su una piccola breccia tra i mattoni,dietro alla ragazza, ma non ebbe mai modo di avvicinarsi.

-Tranquilla,ti aiuto io- disse Ak con il tono di voce più calmo possibile, in completa antitesi con le emozioni che turbinavano dentro di lei; dopo qualche secondo, la sconosciuta afferrò con titubanza la mano che Ak le porgeva da un minuto e finalmente si alzò, facendo indietreggiare i generali per lo stupore. A occhio e croce, ora che la vedeva in piedi, Ak constatò che doveva avere la sua età.

A quel punto fu un Aldux a parlare che, tra la voce roca e la minaccia della sua frase, spaventò ulteriormente l'animo della sconosciuta:-Non appartiene a questo posto. Potrebbe essere pericolosa e per questo, in assenza di prove contrarie, io propongo di condurla in prigione immediatamente-. La proposta sollevò molti consensi tra cui, noto Ak con un moto di rabbia, il suo caro amico Kanai.

-No-esclamò, forse più forte di quanto avesse voluto- è stanca, è impaurita e...la sua struttura fisica non la identifica come persona pericolosa- aggiunse, come per fornire prove effettive alla sua causa.

-Soldato Clark, non sta a lei decidere...- cominciò un generale ma fu interrotto dal rumore di passi che, dal cuore del gruppo, si spostavano per arrivare dalla trovatella: era Aditi. La rabbia di Ak nei confronti degli Aldux (che l'avevano addirittura chiamata per cognome, fatto che nessuno mai compiva) svanì alla vista dell'amica.

Gli espressivi occhi color nocciola di Aditi si posarono sul volto pallido della nuova ragazza e, con un largo sorriso, la prese permano e le disse: -Vieni- mentre si incamminava verso la Hale, con Ak che teneva la destra della coppia e il resto del gruppo rimasto indietro a guardare sbigottito il gesto delle due amiche e a ricostruire la crepa formatasi (o creata) nel Muro.

Non appena furono entrate, si diressero con passo più sostenuto verso la loro camera, sperando di trovare l'unica persona che faceva al caso loro: Nina.

E infatti la trovarono coricata pigramente sul suo letto; non appena vide la ragazza mora, si rizzò con un colpo di reni e chiese spiegazioni immediate ad Aditi, mentre Ak fece accomodare l'ospite inaspettata su una sedia e le offriva qualcosa da bere, più per tranquillizzarla che per dissetarla. Non appena fu messa al corrente dei fatti, Nina si avvicinò alla ragazza e iniziò a parlarle delicatamente, rivelandole che anche lei era stata trovata, che era stata accettata e promettendole che l'avrebbe aiutata, ma senza alcun risultato: di certo la ragazza, dopo aver visto i nerboruti generali, non sembrava desiderosa di rivelare la sua storia.

L'unica informazione che riuscirono a estirparle fu il nome: Elpis.

A quel punto decisero di lasciarla in pace, sia perché sembrava sfinita, sia perché un Aldux entrò per parlarle e decidere dove avrebbe alloggiato e se fosse stato necessario iniziare il Jaanch o ucciderla subito. A questa barbara idea, Ak si oppose fortemente:decretò che la ragazza avrebbe dormito con loro, in quella stessa stanza, e che solo il Jaanch avrebbe constatato la "legittimità"della sua vita.

Non appena la creatura se ne andò, Ak si pentì un poco per la sua scelta. E se Elpis si fosse rivelata debole? Se non avesse passato il Jaanch? Di certo una vita umana sulla coscienza era l'unico elemento che le mancava per sentirsi peggio e adesso si era fatta anche quel meraviglioso regalo. Di bene in meglio.

Il pomeriggio scorse velocemente, con molti dialoghi e spiegazioni riguardo Manaol da parte delle tre amiche e occhiate disperate dell'ospite e, finalmente, quando giunse la sera Ak poté andare a dormire: era stata la giornata più faticosa, scioccante e strabiliante della sua vita, ed erano anni che lei era sottoposta al Jaanch.

Così,non appena sfiorò il cuscino, cadde nel suo solito incubo, per scoprire che si era evoluto in peggio, a sue care spese.

Quella volta, dopo che il Muro ebbe inghiottito suo padre, anziché arrampicarsi Ak rimase a guardare la costruzione per quelli che parvero minuti ma sapeva che qualcosa doveva succedere; infatti, non appena si avvicinò per scalarlo, dai mattoni più bassi del Muro iniziò a formarsi una crepa che, col passare dei secondi, si ingrandì fino a distruggere gran parte della parte bassa. All'inizio la ragazza non vide nulla a causa della grande polvere creata dal crollo ma, non appena quella si diradò, desiderò che il Muro non fosse mai stato distrutto.

Nell'apertura a grandezza d'uomo che si era creata tra i mattoni, era tutto buio non come la notte, di più: lo spazio sembrava denso come petrolio e,prima che la ragazza potesse fare alcunché, due accecanti luci comparvero di fronte alla ragazza.

Erano due occhi azzurri che ipnotizzavano la ragazza e la invitavano a seguirli, a scavalcare il Muro ed entrare in quello spazio nero:stoltamente la ragazza li ascoltò ma, come appoggiò entrambi i piedi al di là di Manaol, si ritrovò a precipitare nel vuoto totale, gli occhi come unica fonte di luce.

Eppure in quel momento sorridevano con malizia, come se sfidassero la ragazza a strappar loro di dosso la maschera e trovare l'anima che si nascondeva dietro di loro.

Ak lo desiderava, voleva scoprire cosa vi fosse al loro interno ma, per quanto tentasse, non ci riusciva e ben presto si ritrovò distesa sul fondo di quel pozzo interminabile, mentre gli occhi, dopo una risata di scherno, svanirono, lasciando la ragazza da sola, completamente al buio.

Volse lo sguardo verso l'alto e vide una sagoma bianca, indistinta,precipitare verso di lei: un enorme mattone del Muro crollato.

La ragazza si dimenò, cercando di sfuggire ed evitare di essere schiacciata, ma la sostanza nera la tratteneva e non poté fare altro che osservare la roccia roteare e poi calarsi inesorabilmente su di lei.

Akenehi si svegliò di soprassalto, non appena il mattone venne a contatto sulla sua pelle, e, con i brividi, si osservò intorno; era stato il suo solito incubo, anche se la sua mente si era impegnata per terrorizzarla.

Con molta fatica regolarizzò il respiro, constatò che era al sicuro e,vista la stanchezza, si ridistese, certa che si sarebbe riaddormentata e che tutto sarebbe tornato come prima.

Eppure non aveva notato, nella furia di tranquillizzarsi, che qualcosa in lei era cambiato, qualcosa si era aggiunto ad appesantire il suo cuore, a distaccarla ulteriormente dagli altri.

Ma quando la sera dopo se ne rese conto, era ormai troppo tardi.

Epoh-Il MuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora