Capitolo 16- In bilico sul baratro

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Equilibrio precario. Ak si sentiva così. Equilibro precario. Lo percepiva, lo riusciva a cogliere in ognuno dei suoi brividi lungo la colonna vertebrale, in ognuno dei suoi tremori, in ognuno dei suoi turbamenti.

Le sembrava di trovarsi in bilico sulla cima di una scogliera, il corpo ancorato contro la sua volontà al terreno tramite dei lacci per impedirle di volare, di essere se stessa; di fronte a lei l'infinito, il mare e il cielo fusi in un unico scenario nel quale lei si voleva buttare per chiudersi finalmente dietro al Muro ed essere al sicuro. Tuttavia le corde le negavano quella promessa di salvezza, le serravano i polsi e la gola tenendola intrappolata in quella vita schifosa che l'aveva privata di tutto: famiglia, amici, amore, sicurezza, protezione. Tutto. Ma Ak era stufa di quella situazione, stufa di essere succube delle scelte che gli altri compivano per lei e su di lei, stufa di essere schiava di se stessa, dell'altra Ak, dell'involucro che aveva costruito e indossato in quei sedici anni per apparire perfetta agli occhi di tutti, per sembrare sicura di sé, coraggiosa, un modello ideale da seguire. Lei non era così, non lo era mai stata, aveva saputo raccontare solamente bugie per nascondere la realtà alle persone e a lei per prima; la odiava, odiava quella insulsa maschera che schiacciava, opprimeva la sua anima. Doveva liberarsene e solo il Muro poteva annientare ciò che lei, ingenuamente, aveva creato.

I due grandi occhi che già aveva visto nel sogno dove attraversava il Muro e precipitava nel vuoto le si ripresentarono davanti e, colo loro tipico carisma, ammiccando la invitavano a liberarsi delle corde per seguirli nell'eterna salvezza che i candidi mattoni bianchi le offrivano. Ak fu presa da sgomento, provava timore di fronte a loro, desiderava scacciarli, allontanarli, non voleva che peggiorassero nuovamente la sua situazione ingarbugliando ulteriormente la matassa della quale non riusciva a trovare il bandolo. Quelli, però, ghignando rimasero al loro posto a osservarla con un misto di divertimento e compassione finché una voce si levò dalla gola della scogliera, come se la terra stessa le stesse parlando: -Sei così certa delle tue convinzioni? Rinneghi così facilmente le infinite possibilità che ti sto offrendo?- sussurrò dolcemente con tono caldo e rassicurante -Io posso darti molto Ak, posso farti rinascere, posso generare in te delle emozioni così potenti da abbagliare qualsiasi stella, superando tutti i tuoi più fervidi desideri.

Tacque mentre lo sguardo glaciale degli occhi gravava sulla ragazza incatenata come per sfidarla a ribattere, fatto del tutto inverificabile dato che la corda più spessa era annodata saldamente alla gola di Ak. -Adesso tocca a te decidere cosa fare, cosa è meglio per te. Sappi solo che io non ti abbandonerò mai, buon per te se riuscirai ad accettarlo. Ora, scegli.- e detto quello, la voce e gli occhi scomparvero, lasciando la giovane da sola con in testa mille domande: chi era questo essere che la tormentava? Quali erano le possibilità che le porgeva? Perché era dentro di lei? Era una minaccia? Possibile che fosse in qualche modo collegata con il Muro? La ragazza ripensò alla voce: non la conosceva, eppure aveva come un'impressione nel subconscio che le fosse familiare...

-Ak, tutto bene?

Di nuovo. Era ormai la terza volta in un giorno che Ak ripensava a quella visione; le si ripresentava nei momenti più strani: mentre studiava, a pranzo, durante le esercitazioni militari e tutte le volte ne rimaneva come rapita, immersa in un limbo tra il sogno e la realtà dal quale veniva ripescata con un richiamo, con una domanda.

-Sì, certo, cosa ti fa pensare che stia male?- ringhiò a Nina in risposta al dubbio esposto dall'amica che, sorpresa e rattristita per la frase violenta di Ak, ruotò la testa verso il Maestro che quel giorno stava sbraitando a destra e a manca nozioni riguardo le armi da fuoco.

Di nuovo. Interrotta nuovamente mentre si poneva quelle domande, mentre si sentiva a un passo dall'identificare l'essere misterioso: ogni volta che provava ad allungare la mano per acchiapparla, quella le scivolava via, sempre più remota. Da quando aveva avuto 'accesa discussone con Aukai due giorni prima, quella voce non ne voleva saper nulla di uscire dalla sua testa e, oltre al peso sempre più opprimente del Muro, la ragazza si sentiva un grosso nodo alla gola, come se realmente una corda le stringesse la trachea impedendole di respirare.

Epoh-Il MuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora