Capitolo 8- Il vero Muro

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Negli anni successivi, le rare volte in cui le chiedevano di parlare di sé e dei suoi sogni, Ak rispondeva sempre che, tra il suo solito incubo e quello che fece quella fatidica notte, preferiva di gran lunga il Muro versione onda carnivora, per un semplice motivo: era solo un sogno, nulla di quello che accadeva lì si ripresentava poi nella realtà, la sua identità non mutava e la sua immaginazione non era mai stata così forte da soffocarla.

Ma, si sa, c'è sempre una prima volta, e questo valeva anche per Ak, con una piccola complicazione: l'incubo che fece quella notte era destinato a cambiare totalmente la sua vita, quella dei suoi cari e i suoi legami con amici e famiglia.

Stranamente,riuscì ad addormentarsi velocemente, forse consapevole nel subconscio che avrebbe passato una delle notti più terribili della sua vita, e subito le si presentò quella nuova e spaventosa creazione della sua mente.

Era sola,il buio e il nero, densi come il petrolio,che la opprimevano e si insinuavano nelle sue membra, andando a mozzarle il respiro e appesantire ulteriormente il cuore. Non era neanche sicura della sua posizione, non sapeva se trovarsi distesa su un fianco, in piedi o appesa per le caviglie a testa in giù; era certa solo di una cosa ma un brusco arrivo evitò che i suoi pensieri si tramutassero in parole.

Il gigantesco mattone della sera precedente stava nuovamente calandosi inesorabilmente su di lei ma questa volta Ak non fu così rapida nel svegliarsi e l'oggetto venne tranquillamente a contatto con la sua pelle.

In quel medesimo istante, con suo grande stupore, non accadde nulla ma,pur non sapendo se si trovava in un sogno o nella realtà, decise di liberarsi del peso che la opprimeva. Tentò con tutte le forze di sollevare il mattone ma quello, beffardo, rimase immobile; dopo quelli che potevano parere attimi o secoli, il mattone iniziò a ribollire e, con grande orrore della ragazza, iniziò a sciogliersi e a penetrare nel suo corpo all'altezza del cuore.

Tutte le membra le presero fuoco, era un dolore insopportabile che le annebbiava la vista e cancellava ogni pensiero lucido su come sfuggire dalla drammatica situazione. Ak urlò con tutto il fiato che aveva in gola e quando la tortura cessò, tutto il suo corpo era in preda a spasmi e tremiti: la ragazza non sapeva però che quello non era altro che il primo mattone.

Fin troppo presto nuovi mattoni si calarono su di lei, si fusero e andarono ad accumularsi ordinatamente dentro di lei, creando un muro immenso che minacciava di opprimerla e isolarla dal resto del mondo.

E ogni volta, i mattoni rappresentavano tasselli mancanti o difettosi della sua vita, che l'avevano portata ad essere schiva e insicura e che ora la stavano trasformando in un mostro.

Il secondo mattone, si distingueva chiaramente, era suo padre, la sua assenza, il suo addio, che si unì al primo.

BUM.

Dopo di lui, iniziò una vera e propria gara per opprimere la malcapitata.

Sua madre,sempre iperprotettiva e asfissiante, che le impediva di essere se stessa. Il Jaanch, che l'aveva privata di quella misera dose di umanità sacrosanta. Gli Aldux, i tremendi dittatori che avevano cancellato...no, devastato la sua identità.

BUM. BUM. BUM.

La situazione di miseria e paura in cui tutto il popolo degli Epoh viveva da quasi cento anni. BUM.

A ogni mattone che si aggiungeva, Ak urlava dal dolore, era distrutta,desiderava che tutto quello finisse e se ciò significava morire...lei lo voleva. Tutto era meglio delle fiamme dell'Inferno che governavano il suo cuore e dell'oppressione di quel muro che si stava pian piano creando.

Già dopo il terzo mattone si era ritrovata senza voce e, quando finalmente quella terribile avanzata terminò, calde lacrime le rigarono il volto e finalmente si svegliò nella sua stanza.

Epoh-Il MuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora